giovedì 15 gennaio 2015

La ballata del Boia (Berlanga 1963)

La commedia dello spagnolo Luis García Berlanga è davvero un gioiellino, purtroppo pressoché ignoto in Italia dove sicuramente avrebbe meritato più attenzione. Ben inteso, non si tratta di un capolavoro, ma la sceneggiatura scritta dallo stesso regista, in collaborazione con Rafael Azcona e soprattutto con Ennio Flaiano, nonché la presenza da protagonista di Nino Manfredi e la fotografia di Tonino Delli Colli, ne fanno un film che alle nostre latitudini dovrebbe essere maggiormente noto.
La locandina originale
Va riconosciuto, però, che il soggetto e la trama di El verdugo sono davvero improbabili per una commedia italianamente intesa... e fu proprio per la sua capacità di fare parodia su un argomento scottante come la pena di morte, abolita in Spagna solo dopo il regime franchista, nel 1978, che il film vinse il premio della critica a Venezia.
E pensare che un film così evidentemente contrario alla pena capitale fu spesso frainteso fuori dalla Spagna, con rilevanti eccessi di incomprensione, come il "Positif" che in Francia arrivò a tacciarlo di filo-franchismo, mentre in patria fu attaccato dalla censura per la motivazione opposta...

Leggi la trama:
José Luis Rodriguez (Nino Manfredi) è un becchino che si innamora di Carmen (Emma Penella), la figlia del boia (il verdugo del titolo originale): i due progettano di andar via dalla Spagna, ma la ragazza resta incinta e i loro programmi fatalmente cambiano. La sistemazione della nuova famigliola è il vero problema: al signor Amadeo (Josè Isbert), il verdugo, viene assegnato un appartamento in una delle zone in costruzione di Madrid, ma poiché quando sarà finita lui sarà andato in pensione, la burocrazia sentenzia che ne perderà il diritto di acquisizione, cosicché sarà qualcuno della famiglia a dover far domanda per ottenere il suo posto di lavoro in modo da risolvere la questione.
È giocoforza che verrà chiesto a Josè Luis di raccogliere l'eredità del suocero e le cose andranno bene finché non arriverà una lettera per un'esecuzione a Palma de Mallorca. Tutta la famiglia parte per quella che viene considerata una vacanza; Carmen è eccitata di vedere il mare, ma per Josè Luis è tutto molto più difficile. Si opporrà in tutti i modi, attendendo la grazia più del condannato, e a cose fatte dichiarerà che non farà più il boia, mentre l'esperienza di Amadeo ci anticipa il destino del genero: "è quello che dissi anch'io la prima volta". 
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Vedere Manfredi, che vorrebbe andare in Germania per fare il meccanico qualificato e che invece si ritrova a dover "scalare" il proprio livello professionale, da semplice interrador a verdugo, ingaggiando una lotta che è inevitabilmente destinato a perdere, è il vero pezzo forte del film, intorno al quale ruota tutta la storia.
Il soggetto, con la vita di una famiglia determinata dall'acquisizione di un appartamento, ne fa un perfetto esempio di commedia neorealistica, ma è evidente che il tipo di mestieri con cui si ha a che fare durante la storia è la caratteristica principale di questa pellicola. Non è certo un caso che Josè Luis dice a Carmen. alla loro prima uscita. "abbiamo la stessa malattia".
Il film è scritto benissimo e alcune sequenze sono davvero indimenticabili: Amadeo che tenta di onorare il proprio lavoro quarantennale, spiegando all'appena conosciuto Josè Luis, contrario alla pena di morte poiché "la gente dovrebbe morire nel proprio letto", che la garrota è ben più umana della ghigliottina francese o della sedia elettrica statunitense, è un momento incredibile, perché visto oggi da una parte raggela, ma dall'altra è veramente esilarante.
Allo stesso modo è di grande comicità la sequenza in cui José Luis e Carmen vengono scoperti seminudi in casa dopo un pomeriggio d'amore, ben prima del matrimonio, da un furioso Amadeo, davanti al quale il personaggio di Nino Manfredi si presenta ancora trafelato per riparare chiedendo ufficialmente la mano della figlia, ma nel farlo perde i pantaloni. Altri due passi, almeno, sono degni di un film comico dell'era del muto: il corteo funebre sulla pista dell'aeroporto, con la vedova che avendo sposato il marito per corrispondenza non riconosce il defunto; e il matrimonio dei due protagonisti, che si svolge in una chiesa in cui durante la celebrazione vengono portati via tutti i fiori e le decorazioni del matrimonio precedente.
Un ultima notazione per una sequenza, divertente per la commedia, e registicamente notevole: si tratta del bel campo lungo ripreso diagonalmente di uno stanzone del penitenziario di Palma de Mallorca, in cui devono passare sia il condannato sia José Luis, ma paradossalmente è quest'ultimo a dover essere scortato con più forza, perché è lui il più reticente.
Ottimi i tre attori principali: Nino Manfredi, fantastico nel rendere quella passiva accettazione di tutto ciò che gli viene imposto dalle situazioni, pur se sempre contro la propria volontà; Emma Penella, il cui personaggio in qualche modo ricorda quello di Claudia Cardinale ne I soliti ignoti (Monicelli 1958), una ragazza senza marito che vuole fuggire dalla realtà oppressiva in cui vive (lì rappresentata dal fratello, qui dal padre); ma soprattutto José Isbert, che nel ruolo del suocero, boia di esperienza, è davvero magnifico!

2 commenti:

  1. Davvero un gran film, concordo! Ho messo un link alla tua interessante recensione sotto quella che ho scritto sul mio blog, spero non ti dispiaccia!

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  2. Figurati, anzi, grazie! Se vuoi girami il link, la leggerò con piacere.

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