martedì 3 maggio 2022

Ero uno sposo di guerra (Hawks 1949)

Vedere Howard Hawks in sala è un privilegio raro e, in questi mesi, lui ed altri grandi maestri tornano sul grande schermo grazie alla bella iniziativa del cinema Quattro Fontane di Roma, in collaborazione con il Centro Sperimentale - Cineteca Nazionale, grazie alla rassegna “XX Secolo. L’invenzione più bella”, che ha messo in programma la proiezione di 150 pellicole degli anni d'oro di Hollywood.
Ero uno sposo di guerra, prodotto dalla Twentieth Century Fox, è uno dei rappresentanti della miglior commedia hollywodiana a cavallo tra gli anni '40 e '50. Si tratta di una commedia bellica ambientata in Germania nel 1945, con la guerra che fa da sfondo scenografico (con gli edifici distrutti) ad un soggetto liberamente tratto dalla biografia di Henri Rochard (che è anche il nome del protagonista), nome d'arte del belga Rogier Charlier, che sposò un'infermiera militare americana.

Henri Rochard (Cary Grant), appunto, è un capitano francese, di stanza ad Heidelberg, che si ritrova a dover affrontare, per la seconda volta, una missione con il tenente statunitense Catherine Gates (Ann Sheridan), affascinante, intelligentissima, sardonica e, probabilmente, l'unica che riesce a tenergli testa. Non sappiamo nulla della loro prima missione, tranne che entrambi ne sono rimasti scossi, apparentemente non vorrebbero ripetere l'esperienza, ma in fondo non vedono l'ora che questo accada. La chimica che c'è tra i due è evidente sin dalla prima sequenza, in cui Henri riconsegna alcuni capi di biancheria intima alla collega, generando un inevitabile equivoco tra i presenti e mostrandosi sinceramente sorpreso - con dettagli espressivi che il volto di Cary Grant riproduce in maniera indescrivibile - quando si rende conto di cosa abbiano capito tutti. Di lì in poi, sarà tutto un susseguirsi di situazioni brillanti, surreali, tra scherzi, equivoci, battute, schermaglie, in una guerra dei sessi in piena regola, che porterà dritto a quello che tutti gli spettatori hanno compreso sin dal primo sguardo, complice anche il titolo della pellicola.
Il grande merito di Howard Hawks, in una commedia come questa, è di riuscire a non cedere mai al sentimentalismo, mantenendo la tensione tra i personaggi e ottenendo, attraverso le loro peripezie, il divertimento puro per lo spettatore. Il ruolo e la bravura dei due attori è determinante e, come dichiarò lo stesso regista, «quando giri una commedia con Cary Grant, bisogna prendere un’attrice che sia alla sua altezza. E Ann era eccellente». Se, in effetti, da un mostro sacro come Grant, con cui Hawks aveva già lavorato più volte (Susanna, 1938; Avventurieri dell'aria, 1939; La signora del venerdì, 1940), è lecito aspettarsi ogni strabiliante risultato, la Sheridan, negli anni '40 nota soprattutto come pin-up e sex symbol, sorprende in positivo. L'atteggiamento con cui Catherine si diverte a vedere Henri in difficoltà, a torturarlo dolcemente, innescando una dinamica carnefice-vittima che è la principale chiave comica del film, è davvero impagabile. E d'altronde Hawks è un maestro in questo, basti pensare a quello che è forse il suo massimo capolavoro in termini di screwball comedySusanna (1938), in cui a farlo erano lo stesso Cary Grant e Katharine Hepburn.
Il risultato finale è davvero fantastico, eppure le riprese furono funestate dalle malattie, motivo per cui durarono ben otto mesi: Cary Grant ebbe l'epatite, Ann Sheridan la polmonite e Howard Hawks l'orticaria, ostacoli e difficoltà che guardando la pellicola non si percepiscono affatto. 
Almeno tre i grandi momenti iconici: l'immagine di Ann Sheridan alla guida della moto con Cary Grant nel sidecar che finirà nel pagliaio, nella sequenza, posta perfettamente alla metà del film che dà la svolta all'intera storia, e, poi, Henri vestito da fattore con abiti di almeno due taglie più piccole della sua, per non essere riconosciuto come militare e, soprattutto, da donna e con la fantastica acconciatura che Catherine crea tagliando una coda di cavallo e l'indimenticabile frangetta che spunta sotto il cappello. Va ricordato, peraltro, che già in Susanna il divo hollywoodiano appariva vestito da donna, con una vestaglia di piume, indossando la quale pronunciava una frase passata alla storia, «Because I just went gay all of a sudden!» («Sono improvvisamente diventato gay»), poiché ritenuto il primo utilizzo della parola "gay" per designare l'omosessualità.
Tante le gag indimenticabili del film, che funzionano splendidamente ancora oggi a dispetto del tempo, a partire dalla primissima, una parodia degli acronimi sulle porte degli uffici (quanti oggi meriterebbero un'ironia simile soprattutto tra musei e istituzioni culturali in questa folle rincorsa alla sigla più o meno cacofonica), con Henri che cerca di interpretare tutte le lettere, compreso quando è davanti alla scritta "ladies" al bagno delle donne.
E poi il capitano francese che nel tentativo di raccogliere un oggetto caduto a Catherine si ritrova a cavallo della sbarra di un passaggio a livello che, naturalmente, si alza proprio in quel momento; la sequenza della maniglia della stanza di Catherine, che si rompe quando lei si è ormai addormentata, costringendo Henri a rimanere nella stanza accrescendo la propria fama di adulatore di ogni donna ("basta che abbiano una gonna", gli dice la collega).
Cary Grant è davvero magnifico in tutte le situazioni e riesce a rendere comico anche la semplice ricerca della posizione adatta per riuscire a dormire. È vero che durante il film lo vediamo provare a farlo su una sedia decisamente scomoda e persino in una vasca, ma la gag della mano in più, quasi estranea al suo corpo, che non sa mai dove mettere, è ai livelli di quella di Igor (si pronunci Aigor) che apre la porta da solo spaventandosi in Frankenstein Junior (Brooks 1974).
La sceneggiatura di Charles Lederer, Leonard Spigelgass e Hagar Wilde è costituita da un'infinita serie di battute tra i due protagonisti, che si beccano in continuazione con frasi taglienti: "cosa posso fare di più" esclama Catherine, goffo tentativo di chiedere scusa dopo l'ennesimo equivoco-dispetto in cui Henri si ritrova sotto scacco, sentendosi rispondere "me lo chiedo spesso anch'io" (nell'edizione doppiata in italiano "tremo a pensarci"). E ci sono anche momenti in cui la commedia assume i toni della slapstick comedy, come nel caso in cui Catherine colpisce con un vassoio un suo collega, malcelatamente innamorato di lei.
Difficile scegliere tra le due parti in cui il film, come già anticipato, è perfettamente diviso dalla sequenza del pagliaio che permette alla storia di passare dal continuo scontro tra Catherine e Henri, che la donna intepreta come un'evidente attrazione reciproca, al rilassamento dopo la dichiarazione, che fatalmente arriva quando Henri è da solo sul sidecar ("mi piaci molto") e la ragazza non può ascoltarlo.
Di lì in poi le scene si alternano giocando molto sulla burocrazia, con l'infinita quantità di moduli che i due devono compilare per sposarsi, e sulla geniale trovata della legge ottusa (Legge del Congresso n. 271) che non sembra prevedere la possibilità di un consorte uomo che sposi una donna dell'esercito americano, ma solo viceversa, motivo per cui Henri diventerà lo "sposo di guerra", in un gioco di gender ante litteram sul quale il titolo originale è ancora più chiaro: I Was a Male War Bride.
"Prima la sposa" dice Henri, e imbocca per primo l'uscita, oltre a dover rispondere a domande assurde che quei moduli continuano ostinatamente a chiedergli: "è in attesa?" "di quanti mesi?", "ha avuto altri bimbi?". Altrettanto spassoso, e ben orchestrato grazie al montaggio, la serie di tre matrimoni che sempre per motivi burocratici e militari devono affrontare: prima quello civile dal borgomastro di Heidelberg, poi quello militare dal cappellano americano e, infine, quello religioso con il sacerdote francese. Nulla è facile in questa unione, dal passaggio dell'anello sull'altare, fatalmente dimenticato dal testimone, ex pretendente del tenente statunitense (Catherine se ne toglie uno suo, lo passa al testimone, da questi al prete, e infine a Henri che lo rimette sul dito della sposa), fino alla prima notte di nozze, che una serie di regole militari e non solo impediscono ai due di passare insieme, con altre situazioni comiche, che si chiudono nel bagno e nella vasca, con Henri che esclama "mi farà una bella doccia fredda".
C'è modo anche per canzonare i corpi militari e la loro rigidità, con i membri dell'esercito, e soprattutto quelli della marina, che si ostinano a non far salire Henri a bordo di una nave, perché a loro risulta debba essere una moglie, ma poi quando ripassa vestito da donna li incuriosisce in maniera decisamente ambigua. Hawks gioca molto sul gender e lo fa con intelligenza e precorrendo i tempi, ben dieci anni prima di una commedia cult che lo farà in maniera ancora più esplicita, A qualcuno piace caldo (Wilder 1959)... d'altronde anche l'idea del sesso forte viene canzonata, con Henri che dopo una notte sveglio a cercare un posto in cui dormire, e durante la quale si ritrova persino a reggere la lana per una receptionist che inganna il tempo filandola, proprio parlando di donne esclama: "credo che siano più forti di noi... perché riescono a dormire".
Un bellissimo Hawks, un piacere per gli occhi e un pieno divertimento assicurato... più di settant'anni e non sentirli!

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