venerdì 6 agosto 2021

Luca (Casarosa 2021)

Fa decisamente effetto vedere così tanta Italia in un film d'animazione Pixar. Non è la prima volta che accade - si pensi al Pinocchio della Disney, ma anche a Cars 2, rimanendo in ambito Pixar o a Porco Rosso e a Whisper of my heart per entrare nell'orbita Miyazaki e Studio Ghibli -, ma stavolta anche il regista è italiano e la scelta è autobiografica, poiché Enrico Casarosa, classe 1971, è nato a Genova e si è trasferito negli Stati Uniti appena ventenne proprio per studiare animazione a New York.
Il film, in pieno stile Pixar, è bellissimo, didattico e regala tante emozioni a grandi e piccoli, raccontando una storia di integrazione e autodeterminazione, di amicizia e socialità, di formazione e crescita, di differenze e di tolleranza (trailer).
Luca Paguro è il piccolo mostro marino che sogna di vedere cosa c'è oltre la superficie, un limite che tutta la sua famiglia, costituita da padre, madre e nonna, gli intima di non superare mai. Come ogni divieto assoluto, tanto più a quell'età, non fa altro che aumentare la voglia di Luca, che si ritroverà lassù, dove incontrerà il coetaneo Alberto Scorfano, anche lui proveniente dagli abissi. I mostri marini, infatti, una volta in superficie, assumono l'aspetto umano e lo mantengono finché non entrano in contatto con l'acqua.
Da qui la storia si sposta a Porto Rosso, il paesino della riviera ligure in cui i due ragazzini vanno a cercare fortuna, conoscono Giulia Marcovaldo, figlia del pescatore Massimo, ossessionato dai mostri marini come tutti gli abitanti del paesino. Luca e Alberto, anche per questo, dovranno nascondere la loro reale natura, ma nel frattempo decideranno di partecipare ad una gara di "triathlon italiano" (sic), in cui nuoto e ciclismo vengono affrontati prima e dopo una grande mangiata di pasta, rigorosamente condita al pesto...
Tante le suggestioni durante la visione del film. L'ambientazione iniziale, nelle profondità marine, rimanda immediatamente al mondo "in fondo al mar" della Sirenetta (Clements - Musker 1989), ma anche di Alla ricerca di Nemo (Stanton 2003), e poi, vedere quei mostri marini per nulla distanzianti non può non far pensare agli Snorky anni '80 della Hanna-Barbera, e chissà che Casarosa, allora ancora in Italia, non ne fosse un appassionato.
Di certo, come detto, il regista ha inserito nel film i luoghi della sua infanzia e dettagli delle Cinque Terre, cosicché il luogo di fantasia Porto Rosso altro non è che un insieme di elementi che ricordano Vernazza, Monte Rosso, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. La piazza principale del paese, peraltro, è intitolata a Italo Calvino, il genius loci del Novecento ligure, nato a Cuba ma da padre sanremese e non è un caso che i personaggi di Massimo e Giulia abbiano come cognome proprio Marcovaldo, il titolo della raccolta di novelle di Calvino uscita nel 1963. Sono tanti altri i riferimenti culturali all'Italia, tra cui spiccano anche il gatto Machiavelli, il vicolo De Sica, in omaggio a Vittorio naturalmente, ma anche il nome dell'antagonista dei tre ragazzi, l'antipatico e ricco Ercole Visconti, allusione a Luchino, ma anche cognome che rimanda al famoso stemma con un biscione marino che "ingolla" un bambino, adattissimo per questa storia... 
Se, però, il blasone visconteo è suggerito solo da un nome, nella piazza e nelle strade limitrofe l'iconografia della lotta tra mostri marini e umani si ripete costantemente, nella fontana centrale e nei rilievi sui muri, in cui si riconoscono le figure di Giona e la balena, di Nettuno col tridente, ecc.
Un piccolo inserto tra geografia e astronomia, infine, permette a Casarosa di far vedere anche il Colosseo, Pinocchio (ancora lui, riferimento imprescindibile) e le ali pensate da Leonardo da Vinci, nell'unico momento un po' forzato della pellicola, in cui le citazioni sono davvero troppo affastellate.
La musica è un altro fiore all'occhiello del film, tutta a carattere italiano anch'essa. Si va da Un bacio a mezzanotte del Quartetto Cetra alla magnifica Città vuota di Mina, ma tra i titoli di testa e di coda si passa per Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi, nonché per l'opera lirica, con l'aria Figaro de Il barbiere di Siviglia che Massimo Marcovaldo ascolta mentre serve trenette al pesto ai suoi piccoli ospiti. 
Un discorso a parte meritano, anche per la loro connotazione contestuale, poiché collegati a letteratura per ragazzi, Viva la pappa col pomodoro cantata da Rita Pavone nei panni del Gianburrasca televisivo e, soprattutto, Il gatto e la volpe di Edoardo Bennato, perfetta per l'inizio del rapporto tra Luca e Alberto, versione aggiornata di Pinocchio e Lucignolo, non solo per la loro amicizia ma anche per la loro metamorfosi.
Il ritmo di gran parte dei brani asseconda proprio l'entusiasmo dei ragazzi che, in particolar modo all'inizio della pellicola, prima di arrivare a Porto Rosso, si ritrovano a giocare nella natura, in pantaloncini corti, tra nuvole e gabbiani, ricordando in molti frangenti i film di Miyazaki, su tutti il leggendario Conan (1978). 
Il loro incontro è da romanzo di formazione, tra le prove fisiche e la capacità di dire "silenzio Bruno", che è metafora delle ansie, dei freni e del mostro che abbiamo in testa, come ripete Alberto a Luca, ma anche la scoperta dell'aria, della gravità, del cielo, "la roba degli umani", tra cui sembrano esserci anche le stelle che brillano in cielo e che Luca, abituato a vederli in alto, non esita a chiamare "pesciolini".
Le storiche 500 lire del 1947
E poi un po' di cinefilia. In giro per le strade di Porto Rosso, infatti, compaiono delle storiche locandine di film che, peraltro, ci permettono di datare in che anni si svolge la storia narrata: si riconoscono con certezza quella di Vacanze Romane (Wyler 1953), quella de La strada (Fellini 1954), ma anche quella di Attacco al mostro marino, traduzione letterale di un grande classico dell'horror a stelle e strisce come Il mostro della laguna nera (Arnold 1954), che in originale si intitolava proprio Attack of the Sea Monster, che ha evidenti allusioni con la pellicola e con il terrore degli abitanti di Porto Rosso per le misteriose creature del mare. 
Che siamo negli anni '50, inoltre, è desumibile da altri dettagli di costume: la passione smodata per la Vespa ("la più grande invenzione degli umani" per Alberto), anch'essa campeggiante sui poster (tra l'altro proprio Vacanze romane contribuì a renderla immortale); gli abiti e i vestiti (si notino ad esempio gli zoccoli di Giulia); e dalle banconote da 500 lire, che i ragazzi utilizzano per pagare l'iscrizione alla gara, poiché sono quelle di colore bruno, entrate in vigore nel 1947, con la Cerere della Loggia di Psiche di Raffaello alla Farnesina.
La scena citata de I soliti ignoti
Per tornare alla cinefilia, però, il tocco più significativo è lasciato ad un televisore acceso all'interno di una casa di Porto Rosso: ci passano di fianco i protagonisti, sulla poltrona una signora sta dormendo, ma sullo schermo si riconoscono Mastroianni col braccio ingessato, al suo fianco è Pisacane-Capannelle, nella sequenza finale de I soliti ignoti (Monicelli 1958) in cui si ironizza sulla fame atavica di Capannelle, pronto a mangiarsi la mitica pasta e ceci dopo il colpo fallito.
A proposito, il volto di Mastroianni compare anche sullo specchietto della vespa sgangherata di Alberto, mentre la figlia dell'attore, Chiara, è la doppiatrice francese della madre di Luca.
Ancora una volta con un film Pixar si ride, si impara, si canta e si ricorda il cinema con la C maiuscola e stavolta ci si sente un po' più a casa del solito, sin dal momento in cui, sott'acqua, compare un fante di coppe delle carte napoletane.

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