È stata una notte particolare quella del 9 febbraio al Dolby Theatre di Los Angeles, per tanti motivi, ma passerà alla storia per essere stata la prima volta di una pellicola straniera trionfante sia nella sezione specifica (da quest'anno non più "film straniero", ma "film internazionale") che in quella del miglior film in assoluto. In quest'ultima categoria, in realtà, aveva già vinto un film non in lingua inglese, nel 2012, ma era un'ulteriore eccezione, poiché si trattava di The Artist (Hazanavicius 2011), film francese muto.
Parasite, invece, non solo è parlato, ma è addirittura di una filmografia extra-America e extra-Europa, evidentemente sono giunti i tempi per cui una delle più grandi realtà produttive mondiali (la Corea del Sud è seconda solo a Stati Uniti e India) potesse essere riconosciuta anche nel gotha del cinema mondiale.
La bellissima commedia nera sudcoreana, peraltro, si è aggiudicata non solo i due premi come miglior film, ma anche la miglior regia e la miglior sceneggiatura originale (e già aveva vinto la palma d'oro a Cannes). E il cinquantenne Bong Jon Hoo ha incantato anche nei discorsi sul palco: incredulo di arrivare a tanto, non ha dimenticato di celebrare i suoi sfidanti: rispetto per Sam Mendes (1917) e Todd Philips (Joker), ma ammirazione totale per Tarantino (C'era una volta a... Hollywood) e soprattutto per Martin Scorsese (The Irishman), considerato un maestro dal cineasta coreano.
Scorsese, quindi, si conferma, come sempre, il più apprezzato dai registi e dagli addetti ai lavori ma davvero poco nelle grazie dell'Academy Awards, che anche quest'anno si è distinta, riuscendo a non dargli nemmeno una statuetta per il suo bellissimo film.
Scorsese, quindi, si conferma, come sempre, il più apprezzato dai registi e dagli addetti ai lavori ma davvero poco nelle grazie dell'Academy Awards, che anche quest'anno si è distinta, riuscendo a non dargli nemmeno una statuetta per il suo bellissimo film.
Avrebbe probabilmente meritato qualcosa in più anche Quentin Tarantino, il cui film, arrivato qui con dieci nomination, ha portato a casa "solo" il miglior attore non protagonista, con un grande Brad Pitt, e la miglior scenografia, che ha ricostruito sul set la Beverly Hills della fine degli anni '60.
Chi invece non si è particolarmente distinto nel suo discorso da vincitore è stato Joaquin Phoenix.
Meritatissimo il suo Oscar come miglior protagonista maschile per l'interpretazione in Joker, anche al cospetto di Di Caprio e di Adam Driver, ma aver parlato quasi esclusivamente di questioni come la sua scelta vegana, senza citare nemmeno con una frase Robert De Niro, che gli era di fronte in platea e che gli è stato così d'esempio per il suo personaggio, in gran parte ripreso da Re per una notte, è stato abbastanza imperdonabile. Per fortuna, invece, sul finale ha dedicato l'Oscar al fratello River, scomparso nel 1993 appena ventitreenne e con un futuro da star davanti a sé.
Meritatissimo il suo Oscar come miglior protagonista maschile per l'interpretazione in Joker, anche al cospetto di Di Caprio e di Adam Driver, ma aver parlato quasi esclusivamente di questioni come la sua scelta vegana, senza citare nemmeno con una frase Robert De Niro, che gli era di fronte in platea e che gli è stato così d'esempio per il suo personaggio, in gran parte ripreso da Re per una notte, è stato abbastanza imperdonabile. Per fortuna, invece, sul finale ha dedicato l'Oscar al fratello River, scomparso nel 1993 appena ventitreenne e con un futuro da star davanti a sé.
Prevedibile, e in parte giusta, la scelta delle due interpreti femminili: la miglior protagonista è andata a Renée Zellweger per Judy (almeno una statuetta ad un film che celebrasse Hollywood era inevitabile), mentre la non protagonista ad una strepitosa Laura Dern per il suo ruolo di avvocato divorzista in Storia di un matrimonio di Baumbach.
Gli altri motivi che hanno reso unica la serata, sono stati certamente quelli più toccanti: il consueto montaggio in memoriam, dedicato agli scomparsi del mondo del cinema (in cui, però, è stato dimenticato Luke Perry), quest'anno si è aperto con Kobe Bryant, che proprio l'anno scorso aveva vinto l'Oscar per il cortometraggio Dear Basketball realizzato con Glen Keane, e si è chiuso con l'immagine di Kirk Douglas, morto a 103 anni, un vero e proprio monumento hollywoodiano. Il tutto accompagnato da una versione di Yesterday cantata da Billie Eilish (vedi).
Al campionissimo dei Los Angeles Lakers ha riservato un omaggio anche Spike Lee, salito sul palco per consegnare la statuetta al miglior regista con una giacca giallo-viola e con il n. 24 del grande Black Mamba.
Qui di seguito l'elenco dei premiati
Film: Parasite - Bong Jon HooRegia: Parasite - Bong Jon Hoo
Attore protagonista: Joker - Joaquin Phoenix
Attrice protagonista: Judy - Renée Zellweger
Attore non protagonista: C'era una volta a... Hollywood - Brad Pitt
Attrice non protagonista: Storia di un matrimonio - Laura Dern
Sceneggiatura originale: Parasite - Bong Joon-ho e Han Jin-won
Sceneggiatura non originale: Jojo Rabbit - Taika Waititi
Fotografia: 1917 - Roger Deakins
Montaggio: Le Mans '66 - La grande sfida - Andrew Buckland e Michael McCusker
Colonna sonora: Joker - Hildur Guðnadóttir
Film internazionale: Parasite - Bong Jon Hoo (Corea del Sud)
Film d'animazione: Toy Story 4 - Josh Cooley
Scenografia: C'era una volta a... Hollywood - Barbara Ling e Nancy Haigh -
Costumi: Piccole donne - Jacqueline Durran
Gli altri premi:
Effetti speciali: - Greg Butler, Dominic Tuohy e Guillaume Rocheron
Missaggio sonoro: 1917 - Mark Taylor e Stuart Wilson
Montaggio sonoro: Le Mans '66 - La grande sfida - Donald Sylvester
Trucco: Bombshell - Vivian Baker, Anne Morgan e Kazuhiro Tsuji -
Canzone: Rocketman - (I'm Gonna) Love Me Again (Elton John, Bernie Taupin)
Cortometraggio: The Neighbors' Window - Marshall Curry
Documentario: Made in USA - Una fabbrica in Ohio - Steven Bognar e Julia Reichert
Cortometraggio d'animazione: Hair Love - Bruce W. Smith, Matthew A. Cherry e Everett Downing Jr.
Cortometraggio documentario: Learning to Skateboard in a Warzone - Carol Dysinger
Tre gli Oscar alla carriera: a David Lynch, che ci delizia dal 1966, prima con i suoi cortometraggi, poi con i suoi film, a partire da Eraserhead (1977), e quindi con le tre stagioni di Twin Peaks, iniziato nel 1990; all'attore Wes Studi, nativo americano, d'origine cherokee, comparso sia in film western, ovviamente, come Balla coi lupi (Costner 1990) o L'ultimo del Mohicani (Mann 1992), ma anche d'altro genere, come The Doors (Stone 1991) o Heat (Mann 1995); e alla regista italiana Lina Wertmüller. A questi si aggiunga la statuetta per meriti umanitari (Jean Hersholt Humanitarian Award), destinata a Geena Davis.
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