domenica 12 novembre 2017

Re per una notte (Scorsese 1983)

È il film che ha rischiato di interrompere seriamente la carriera di Martin Scorsese... un'amara, troppo amara per Hollywood, riflessione sul successo e la celebrità. 
Il soggetto, scritto nel 1970-71 da Paul Zimmerman, critico di "Newsweek", che lo trasse da un episodio del David Susskind Show sui cacciatori di autografi e da un articolo dell'Esquire su un appassionato di talk-show, giunse a Milos Forman che non lo girò, cosicché nel 1974 Scorsese lo fece leggere a De Niro che si innamorò del personaggio principale. L'attore avrebbe voluto essere diretto da Michael Cimino, fatto fuori dal disastro produttivo de I cancelli del cielo (1980) e, alla fine, la scelta cadde proprio sull'amico Martin che glielo aveva fatto conoscere. Per il coprotagonista, invece, dopo aver pensato anche a Frank Sinatra e persino a Dean Martin, venne scritturato Jerry Lewis.

La pellicola è ambientata a New York, come gran parte delle storie narrate del regista italo-americano, ed è la televisione ad essere presa di mira, quel luogo-non luogo in cui gli spettatori sognano di entrare, considerata più vera del vero, sempre ad un passo eppure inarrivabile.
Oggi The King of Comedy - questo il titolo originale -, nonostante mostri i segni del tempo molto più di altri capolavori scorsesiani (penso soprattutto a Taxi Driver o a Toro scatenato, che non danno mai questa sensazione), testimonia quanto il cinema possa essere profetico... Re per una notte, in un'ideale timeline della storia della televisione potrebbe essere collocato tra l'affermazione di Andy Warhol sui quindici minuti di celebrità e i reality show: lo spettatore che diventa protagonista e ribalta il rapporto tra vedere ed essere visto, unico obiettivo da perseguire.

Nella lunga galleria di personaggi interpretati da Robert De Niro, Rupert Pupkin occupa di diritto uno dei posti d'onore: fan inossidabile, maniacale, ossessivo, vive in una realtà parallela che da quella vera trae ispirazione ma con cui non ha alcun contatto.
La convinzione di essere un grande comico sul punto di avere successo è totale e questo lo porta ad avere una fiducia in se stesso decisamente trabordante.
Lo incontriamo come cacciatore d'autografi fuori dallo studio in cui la star Jerry Langford (Jerry Lewis) registra il suo talk show: è proprio Rupert a difenderlo dalla calca degli ammiratori e a ritrovarsi con lui in macchina, ottenendo una chiacchierata privata che è il vero obiettivo di quella tutela.
Stabilito il contatto Rupert non penserà più ad altro, tanto più che Jerry per toglierselo di torno farà l'errore di dargli un generico appuntamento per parlare del suo lavoro e ascoltarlo: Rupert, infatti, culla da sempre il sogno di diventare un comico e ottenere uno spettacolo televisivo serale come quello del suo beniamino. Persino la sua camera nella casa in cui vive con l'anziana madre, di cui sentiamo solo la voce petulante, come in un film di Woody Allen, è arredata come uno studio tv, in cui sulla parete di fondo campeggia l'immancabile divano ai lati del quale sono le sagome di Liza Minnelli e dello stesso Jerry seduti sulle poltrone, come ospiti di grido del suo show immaginario.
La convinzione di essere entrato nelle grazie di Jerry porta Rupert a fare grandi progetti per il futuro e Martin Scorsese, che compare in un cameo hitchcockiano come regista del programma di Langford, fa comportare la sua mdp come se fosse la mente del protagonista, girando senza soluzione di continuità sequenze che avvengono nella realtà allo stesso modo di quelle che invece albergano nella sola immaginazione del personaggio interpretato da De Niro, creando inizialmente un effetto di particolare straniamento nello spettatore, che ad esempio assiste ad un colloquio in cui è Rupert a comportarsi da divo con Jerry che invece gli chiede ascolto per dei suoi progetti.
Anche la vita sentimentale di Rupert è in gran parte immaginaria: è certo di conquistare la bella Rita (Diahnne Abbott), cameriera in un pub, che però per affetto e, forse contagiata dal suo entusiasmo, si ritrova a dargli fiducia. Come non farlo, d'altronde, con un uomo che ti ricorda che Marylin "è morta sola come le donne più belle del mondo" e chiude con una battuta che sa di minaccia, "non vorrei accadesse anche a te"?
I castelli in aria di Rupert riguardano la stessa Rita, con cui sogna di sposarsi in uno studio televisivo, nel quale ad officiare è un suo vecchio professore, che però deve attendere, come precisa la voce off: "il matrimonio lo celebreremo dopo la pubblicità".
Il sorriso 'deniriano' di Rupert è come sempre denso di significati e può servire a ringraziare Jerry, ma anche ad incassare rispostacce e umiliazioni. Le più frequenti sono rappresentate dai ripetuti 'no' della segretaria di Langford, che ogni volta lo chiama con un nome diverso (Pipkin, Puffer, Crukkin, Pupper) e da cui il comico provetto viene ricevuto ogni volta che prova ad andare a parlare con il suo divo, ostinandosi a non capire che la fiducia accordatagli nel loro forzato incontro in macchina sia stato solo un modo per allontanarlo.
Rupert non mollerà nemmeno quando, dopo aver registrato una musicassetta con le proprie battute, verrà considerato non ancora pronto per calcare le scene, e la sua ostinazione non troverà di meglio da fare che presentarsi con Rita alla villa di Jerry dichiarandosi suoi ospiti per un intero finesettimana. La reazione scomposta di Jerry che lo mette alla porta rivelandogli a muso duro la verità sul loro incontro iniziale, è la distruzione del sogno del suo fan, acuita dalla figuraccia fatta davanti a Rita. Di fronte a questo, complice Marsha, altra fan ossessiva innamorata di Jerry, Rupert rapirà il comico e otterrà la possibilità di esibirsi nello spettacolo televisivo di Lanford... E poco importa come Rupert abbia ottenuto quell'occasione, ciò che conta per lui è far vedere il suo passaggio in tv alla sua Rita, sempre più disorientata.
Nonostante le profonde differenze, Re per una notte ha delle evidenti analogie con Taxi driver: la psicosi 'sognatrice' dei protagonisti, entrambi interpretati da De Niro, e soprattutto la loro reazione di fronte alla frustrazione del fallimento, che li trasforma in criminali. Così come Travis Bickle diventerà un uomo che si fa giustizia da solo, Rupert Pupkin ricatterà la produzione dello show per potersi ritagliare quel quarto d'ora di celebrità. In entrambi i casi, una volta pagato il reato commesso, arriverà la celebrità, andando ben oltre il quarto d'ora previsto da Andy Warhol e trasformando quel "meglio re per una notte che buffone per sempre" con cui Rupert chiude il suo numero in qualcosa di ben più duraturo, l'apertura delle porte del successo...

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