Jim Jarmusch mette la poesia al centro del suo film e sceglie Adam Driver come protagonista per Paterson. La prima è una scelta obiettivamente difficile, ma che funziona; la seconda è azzeccatissima, perché il volto e l'atteggiamento un po' assente dell'attore di San Diego risultano perfetti per il ruolo assegnatogli e per una pellicola che regala quasi due ore di completa serenità, una pensosa leggerezza che gli appassionati di un certo cinema trovano solitamente nei film di Ozu, di Rohmer e, appunto, di Jarmusch...
Strutturato narrativamente seguendo i giorni della settimana, il film racconta la quotidianità di una giovane coppia di Paterson, New Jersey, costituita da Paterson (Adam Driver), un autista di autobus con la passione per la poesia, che nel suo tempo libero compone versi sul suo taccuino e si rifiuta di avere un cellulare perché "è un guinzaglio"; e da Laura (Golshifteh Farahani), una casalinga che si dedica alla decorazione di tende, vestiti, mobili e di ogni altra cosa possa essere colorata a pois, a righe o ad altri motivi, ma rigorosamente in bianco e nero.
Strutturato narrativamente seguendo i giorni della settimana, il film racconta la quotidianità di una giovane coppia di Paterson, New Jersey, costituita da Paterson (Adam Driver), un autista di autobus con la passione per la poesia, che nel suo tempo libero compone versi sul suo taccuino e si rifiuta di avere un cellulare perché "è un guinzaglio"; e da Laura (Golshifteh Farahani), una casalinga che si dedica alla decorazione di tende, vestiti, mobili e di ogni altra cosa possa essere colorata a pois, a righe o ad altri motivi, ma rigorosamente in bianco e nero.
La loro vita scorre nella più totale semplicità, assecondando una routine che si ripete ogni giorno, ma senza alcuno stress: Paterson si sveglia alle 6.10 al mattino, fa una colazione fugace, va a lavoro, torna a casa, porta a passeggio il loro bulldog inglese, Marvin (in realtà Nellie, alla cui memoria il film è dedicato), e va a bere una birra al bar, chiacchierando con l'amico Doc (Barry Shabaka Henley), che gestisce un locale in cui si ascolta musica jazz e si parla della vita, in una situazione che si adatterebbe benissimo agli episodi di Coffe and Cigarettes (Jarmusch 2003).
Anche sull'autobus, il 23, la quotidianità è fatta di parole, da quelle del collega indiano, che ogni giorno si lamenta dei grattacapi che gli riserva la sua famiglia, a quelle dei passeggeri: due ragazzini parlano di Rubin Carter detto Hurricane confondendo realtà e finzione ("somiglia tanto a Denzel Washington", in chiaro riferimento a Hurricane - Jewison 1999); due uomini si confidano che, di fronte all'intraprendenza delle donne, preferiscono andare a dormire; due ragazzi ricordano Gaetano Bresci, l'anarchico che uccise Umberto I dopo aver vissuto alcuni anni proprio a Paterson, sottolineando che dopo il regicidio non fu condannato a morte, una riflessione che gli permette di commentare "non puoi far parte dell'Europa se applichi la pena di morte". Non proprio i tipici discorsi da autobus, come direbbe Nanni Moretti (Sogni d'oro, 1981)!
A questi personaggi minori fanno da contraltare Doc, il barista filosofo che gioca contro se stesso a scacchi, che conosce tutto sulla propria cittadina, compreso ovviamente Lou Costello, che a Paterson ha persino un monumento, e di cui non può non citare la famosa battuta "chi gioca in prima base" (celebrata ne L'arca di Noè, Yarbrough 1945, e ricelebrata in Rain man, Levinson 1988, dove costituiva la frase ripetuta ossessivamente Raymond Babbitt-Dustin Hoffmann); e soprattutto Laura.
A questi personaggi minori fanno da contraltare Doc, il barista filosofo che gioca contro se stesso a scacchi, che conosce tutto sulla propria cittadina, compreso ovviamente Lou Costello, che a Paterson ha persino un monumento, e di cui non può non citare la famosa battuta "chi gioca in prima base" (celebrata ne L'arca di Noè, Yarbrough 1945, e ricelebrata in Rain man, Levinson 1988, dove costituiva la frase ripetuta ossessivamente Raymond Babbitt-Dustin Hoffmann); e soprattutto Laura.
La bellissima moglie di Paterson è di una limpidezza irreale, che sconfina nella stolidità: ama il suo compagno in maniera totalizzante; adora le sue poesie che pure non legge mai; oltre alla decorazione e al decoupage, ha come massime aspirazioni portare i suoi cup-cake al mercatino della domenica e comprare una chitarra "arlecchino" (a rombi bianchi e neri, neanche a dirlo), per diventare una cantante country...
Proprio a Laura, fatta eccezione per il già citato riferimento a Bresci sull'autobus, vengono riservati i rimandi all'Italia, sempre cara a Jarmusch: è lei che nel portapranzo di Paterson, oltre le proprie foto con espressioni buffe, mette una cartolina raffigurante Dante Alighieri; ed è sempre lei che ricorda al marito che lui e Petrarcha (sic) hanno in comune un "libro segreto", paragonando il Secretum del poeta aretino al taccuino di Paterson, e naturalmente il nome dell'amata.
A fare da contorno a tutto questo, ci sono le poesie del protagonista, minimaliste e "senza rima", come precisa a Paterson una ragazzina che si diletta a scrivere versi. Alle poesie, in realtà scritte da Ron Padgett, poeta della scuola di New York, Jarmusch dà un ruolo primario e una duplice valenza, poiché oltre alla voce di Adam Driver le accompagna graficamente facendole comparire fisicamente sullo schermo, parola per parola.
In una vita che si ripete sempre identica a se stessa, però, bisogna fare attenzione alle deroghe, cosicché qualcosa può accadere dopo le "avvisaglie" del finesettimana in cui il bus di Paterson si rompe; il collega indiano non parla dei suoi problemi; non viene sistemata la cassetta della posta; al bar non si parla soltanto ma si sfiora la tragedia; i due protagonisti decidono di andare a vedere un vecchio horror invece di restare in casa. Jarmusch, peraltro, in questa sequenza approfitta per aggiungere un po' di storia del cinema: il film proiettato è L'isola delle anime perdute (Kenton 1932), nel quale la donna pantera Lota, interpretata da Kathleen Burke, sembra essere la sosia di Laura; ma sulle pareti del cinema vediamo anche la locandina di Abbott and Costello meet Frankenstein (Barton 1948; in Italia Il cervello di Frankenstein).
L'incontro di Paterson con un giapponese appassionato di poesia, davanti alla cascata del fiume Pendraic, è un altro perfetto momento rohmeriano: lo sconosciuto gli regala un taccuino ("a volte una pagina vuota presenta molte possibilità") e sui suoi versi in giapponese, incomprensibili ai più, sentenzia che "la poesia tradotta è come fare la doccia con l'impermeabile" (forse per questo all'inizio del film ci viene detto da una didascalia che l'edizione italiana è stata seguita personalmente da Jarmusch).
Sull'intero film aleggia la figura di William Carlos Williams, non a caso il poeta preferito dal protagonista, proprio lui che con la sua opera Paterson (1946-63) ha provato a raccontare non solo la cittadina del New Jersey, ma soprattutto il ruolo sociale del poeta. L'omaggio di Jarmusch è evidente e sentito, con un film che pur non essendo un capolavoro ha tanti meriti, e tra questi sicuramente quello di ricordarci che un autista di autobus può essere un poeta come poteva esserlo il medico Williams, in una sorta di manifesto sull'accessibilità della poesia, forse troppo spesso raccontata come qualcosa di lontano...
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