Cinquantotto anni di carriera cinematografica, non moltissimi i film girati, ma è difficile trovare un'altra attrice che abbia interpretato da protagonista capolavori assoluti di epoche diverse come lei.
Emmanuelle, nata Paulette Germaine Riva a Cheniménil novanta anni fa, da famiglia di origine italiana, e solamente quando era già ventiseienne giunse a Parigi e si iscrisse all’Accademia teatrale di Rue Blanche, convinta di voler diventare un'attrice e rinunciando in maniera lucida e sicura ad una sua famiglia, non certo per mancanza di proposte ("perché mi sarei dovuta ingabbiare con un marito e dei figli?").
Iniziò col teatro recitando in spettacoli tratti tra gli altri da Euripide, Molière, Shakespeare, Pinter, Pirandello, e proprio durante uno di questi venne notata dal regista Alain Resnais... fu quello l'inizio della sua attività per il grande schermo.
Iniziò col teatro recitando in spettacoli tratti tra gli altri da Euripide, Molière, Shakespeare, Pinter, Pirandello, e proprio durante uno di questi venne notata dal regista Alain Resnais... fu quello l'inizio della sua attività per il grande schermo.
Il suo percorso tra pellicole che avrebbero fatto la storia, infatti, fu segnato sin dall'esordio con il ruolo principale in Hiroshima mon amour (Resnais, 1959), magnifica storia sull'amore e sulle conseguenze della Seconda guerra mondiale, da considerare tra le massime pellicole della Nouvelle Vague. Nello stesso anno interpretò Terese, una delle recluse nel campo di concentramento di Kapò di Gillo Pontecorvo (1959), e nei due anni seguenti fu Marilina in Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli (1960), al fianco di Simone Signoret, Sandra Milo e Marcello Mastroianni; e l'ebrea atea e marxista Barny che si innamora del sacerdote interpretato da Jean Paul Belmondo in Léon Morin, prete di Jean-Pierre Melville (1961). Nel 1962, poi, vinse la Coppa Volpi a Venezia come migliore attrice per Il delitto di Thérèse Desqueyroux (Franjou 1962).
Già da soli, questi film la consacrerebbero a grande attrice, ma Emmanuelle Riva tra gli anni sessanta e il duemila partecipò a molti progetti, non sempre indimenticabili. Tra questi vale la pena citare gli "italiani" Le ore dell'amore (Salce, 1963), commedia in cui recitava come compagna di Ugo Tognazzi, e Gli occhi, la bocca (Bellocchio, 1982), in cui era la madre del protagonista interpretato da Lou Castel, come le capiterà anche in Tre colori - Film blu (Kieślowski, 1993) nel quale era la madre di Julie-Juliette Binoche.
Ormai ottantacinquenne si è regalata un ruolo fondamentale in uno dei più bei film degli ultimi anni, interpretando l'anziana Anne che vive con il marito Georges (Jean Luis Trintignan) in Amour (Haneke 2012). Proprio rispetto a questo film la Riva aveva dichiarato di aver faticato a recitare parte del film in sedia a rotelle perché nonostante l'età la sua mobilità era decisamente migliore di quella del suo personaggio. E nei prossimi mesi uscirà Paris pieds nus (Gordon e Abel, 2017), sua ultima fatica.
Bravissima fino alla fine, bellissima sia da giovane sia da ultraottantenne, il cinema la saluta e la attende ancora una volta...
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