mercoledì 11 gennaio 2017

Il profeta (Risi 1968)

Pur se non può essere annoverato tra i migliori film di Dino Risi, qui vittima di una critica sociale non troppo convincente e spesso farsesca, Il profeta, scritto dal regista insieme a Ruggero Maccari ed Ettore Scola, riserva non pochi motivi di interesse, a cominciare da un magnifico Vittorio Gassman.
È lui il Pietro Breccia che si è ritirato in montagna, sul Soratte, dove vive da eremita da cinque lunghi anni in cui ha rinunciato a tutto ciò a cui era abituato in città. Qui lo raggiunge una troupe televisiva per intervistarlo: i suoi modi non proprio accoglienti mettono in fuga giornalisti e operatori, ma questo non impedirà alla tv di mandare in onda il pezzo, che basterà per mettere in moto i carabinieri...
Non aver pagato le tasse negli ultimi cinque anni, infatti, obbligherà il Profeta a presentarsi in questura a Roma. La lunga passeggiata di 40 chilometri per raggiungere la città lo metterà a confronto con tutto ciò che aveva abbandonato e scatenerà tutte le sequenze successive incentrate sul contrasto tra lo stile di vita (e di abbigliamento) scelto da Pietro e la società iperurbanizzata lasciata, generando gran parte dei momenti migliori del film.
I flashback sulla vita precedente del protagonista (che iniziano inquadrando un manifesto de La dolce vita - Fellini 1960, dandoci le coordinate cronologiche), raccontano in maniera divertente l'incubo in cui era finito: otto ore di vita sprecata e di "ozio frenetico" ad una scrivania in ufficio, svolgendo un lavoro profondamente spersonalizzante ("non impegnando in quel lavoro, come del resto tutti gli impiegati del mondo, nessuna delle facoltà superiori dell'uomo"); le serate a casa davanti alla tv che propinava prodotti inutili spacciandoli per indispensabili ("gruppi di altruisti decidevano loro qual era il meglio per noi consumatori"), al fianco di una moglie pienamente integrata col sistema, sempre in competizione con chi aveva un'auto più grande o un frigorifero più capiente, che preparava cene asettiche in un'infernale cucina da quattro milioni rateizzati ("la buona massaia oggi può anche essere mancante di nove dita, gliene basta uno per premere i pulsanti degli elettrodomestici"). Unici "premi" di questa routine, il pranzo al ristorante nei giorni di festa, quando tutti i locali erano affollati e, soprattutto, il finesettimana al mare ("le invenzioni più faticose del nostro secolo sono la settimana corta e il tempo libero"), nella calca in spiaggia e imbottigliati nel traffico, da cui era impossibile uscire, se non per andare a prendere delle sigarette...

Jacques Tati, con lo splendido Mon oncle (1958), aveva anticipato di una decade gran parte dei motivi di critica al consumismo e alla schiavitù dell'uomo rispetto alle macchine, ma Risi aggiunge più carne al fuoco e coinvolge altri aspetti sociali come le rivolte giovanili che nel frattempo erano esplose ma che qui riduce a fenomeno di costume ("non sono un capellone, ho solo i capelli un po' lunghi" dice Pietro ad un ragazzo). È Maggie (Ann Margret) il personaggio che fa conoscere al Profeta questa nuova realtà, accogliendolo nella comune hippy in cui vive e invaghendosene. Eppure Pietro prova a resistere alla bellezza della giovane straniera, ma poi cede al grido di "sono cinque anni!!!!" Maggie è sicura del proprio fascino e ha un ruolo anche nel motivo portante della colonna sonora di Armando Trovajoli, Il profeta, in cui Carmen Villani canta "non resisti neanche un'ora senza me, fare l'eremita non mi sembra adatto a te".
L'interpretazione di Gassman vale il film, vederlo camminare col suo fare sornione e con al guinzaglio la capra Rosina, come un novello Gandhi, che con una capra giunse a Roma quando fu invitato dall'allora capo dello Stato Benito Mussolini, è esilarante!  
La passeggiata iniziale e le sequenze successive, inoltre, ci permettono di vedere una Roma ormai "sparita" e fascinosa in diverse tappe che toccano la scalinata di Trinità dei Monti, piazza San Pietro, l'EUR, dove Pietro si ferma davanti al palazzo dell'ENI in cui un tempo lavorava e incontra l'ex collega Luigi (Fiorenzo Fiorentini); l'arco di Giano, dove accende un fuoco per riscaldarsi; Piazza Navona; la terrazza del Pincio, dove conosce la pigra e indolentemente sensuale Maggie; l'arco di Druso, da cui la finzione filmica lo vede uscire dalla città (laddove invece potrebbe solo entrarvi) per accompagnare Maggie nella comunità hippy; ponte Sant'Angelo, ancora carrabile e con delle strisce pedonali tra le statue di Pietro e Paolo su cui Gassman si sdraia per bloccare il traffico.
Oltre al parallelo iconografico con Gandhi, la sceneggiatura mette in relazione Pietro a Gesù e san Francesco. Nel primo caso rimprovera l'amico del paese che lo ha "tradito" per le mille lire offertegli dalla troupe televisiva ricordandogli che Giuda ha poi gettato i trenta denari, ma ricevendo la splendida risposta "io me li tengo", che gli dà la conferma dell'evoluzione dei tempi. Nel secondo lo vediamo parlare con un uccellino - "è cocciuto questo, non sa le cose eppure insiste" -, che peraltro è significativamente in gabbia.
A Roma, città per cui prova ancora amore ma su cui sentenzia che "sarebbe bella con un po' meno di romani", oltre a dover subire il processo per evasione fiscale, incontra sua moglie al supermercato, in un altro momento divertente e malinconico ("io non ho lasciato te, ho lasciato tutto"), ma soprattutto lo avvicina Puccio (Oreste Lionello, ironia della sorte, doppiato da Elio Pandolfi), giovane e spiantato giornalista, che vede in lui un personaggio diverso, di rottura, ma che in fondo può permettergli di fare carriera e di non dover dipendere dalla sorella Albertina (Liana Orfei), che invece sarà il suo vero asso nella manica!
Anche grazie all'intermediazione di Puccio, l'interesse per il Profeta aumenterà giorno dopo giorno, cosicché sarà intervistato da una giornalista che lo definisce retrogrado e nemico del progresso; finirà, a sua insaputa, sulle copertine dei rotocalchi e persino nella pubblicità; si ritroverà ospite di una festa di alto lignaggio, tra politici, religiosi e altri potenti, in una casa nel cui bagno il rotolo di carta igienica è collegato ad un carillon, chiara metafora di quello che troppo spesso rischia di essere il progresso secondo Dino Risi...

Nessun commento:

Posta un commento