venerdì 27 gennaio 2017

Allied - Un'ombra nascosta (Zemeckis 2016)

Robert Zemeckis si diverte a giocare con i generi e con la storia del cinema, in un film ben girato, decisamente hitchcockiano e con due ottimi interpreti come Brad Pitt e Marion Cotillard, catapultati in una vicenda di spie durante la Seconda guerra mondiale. Fa la sua parte anche la sceneggiatura di Steven Knight, già autore di Piccoli affari sporchi (Frears 2002) e de La promessa dell'assassino (Cronenberg 2007), che aveva avuto grande successo anche come regista con Locke (2013).
Meglio soprassedere sul consueto quanto fastidioso sottotitolo italiano che snatura il bello ed ambiguo titolo originale che fa proprio dell'ambiguità la sua forza.
Max Vatan (Brad Pitt) è un aviatore canadese che si trova ad interagire, fingendo di esserne il marito, con la bellissima spia francese Marianne Beausejour (Marion Cotillard), che a Casablanca ha intessuto rapporti con l'ambasciata tedesca in modo da ottenere preziose informazioni con finalità antinaziste. I due si innamorano davvero, si sposano a Londra e, proprio mentre imperversano i bombardamenti sulla capitale inglese, Marianne dà alla luce la piccola Anna. Dopo la fine della guerra la famiglia si trasferisce nel quartiere residenziale di Hampstead, ma proprio quando tutto sembra essere tornato sui binari della serenità e la loro vita appare incredibilmente perfetta, il dubbio che l'identità di Marianne possa essere diversa da quella che ha sempre dichiarato dà una scossa alla trama e alla pellicola.
Nella carriera di Zemeckis lo schema "film alla Hitchcock più una coppia di attori bravi ed attraenti" aveva già funzionato ne  Le verità nascoste (2000), ma stavolta non c'è solo sir Alfred a cui rifarsi, cosicché la prima parte del film è un palese omaggio alla storia del cinema, sin dalla sequenza iniziale, in cui Max atterra nel deserto vestito come Lawrence d'Arabia (Lean 1962), e poi raggiunge Casablanca... Ebbene sì, proprio quella città, che è anche il titolo di uno dei film più famosi di sempre (Curtiz, 1942), i cui personaggi principali sono un uomo e una donna che si innamorano durante la Seconda guerra mondiale: può bastare? A Zemeckis no, perché la sequenza del parto con l'ospedale in fiamme fa istintivamente pensare alle drammatiche sequenze della guerra civile in Via col vento (Fleming 1939), come peraltro sembrano testimoniare i colori accesissimi e l'accentuato pathos.
Nulla appare realistico nella prima mezz'ora di Allied, tutto è amplificato, e la sequenza di sesso tra i due protagonisti, che fino ad allora hanno tentato (?) di resistersi a vicenda, sembra la parodia di una citazione dal cinema classico. Solo in quest'ottica è giustificabile il loro amplesso in auto mentre fuori infuria una tempesta di sabbia che avvolge tutto, ma non distrae minimamente Max e Marianne dalla loro passione.
Come Hitchcock insegna, per il realismo c'è la vita reale e gli spettatori che vanno al cinema vanno a vedere cose straordinarie e fuori dal comune. Zemeckis porta alle estreme conseguenze questo discorso e, se possibile, va oltre, ma tutto è funzionale al prosieguo della storia. Nulla è mai come sembra e, una volta convinto che le immagini rappresentano il contrario di quello che mostrano, è possibile che lo spettatore debba accettare il percorso inverso: tutto può essere sempre rimesso in discussione.
Zemeckis, oltre alle citazioni in stile rétro, gira benissimo: la sequenza della festa all'ambasciata di Germania (come non pensare a Notorious - Hitchcock 1946, altra spystory che racconta un amore che i due protagonisti dovrebbero evitare ambientata proprio durante la Seconda guerra mondiale?)  è un piccolo capolavoro per la capacità di coinvolgere lo spettatore.
E così gli basta uno specchio per girare una magnifica scena di seduzione degna di Diego Velazquez; un parabrezza di un'auto per regalarci un bel surcadrage; il tocco della mano di Max sulla pancia di Marianne per ottenere una perfetta ellissi che porta a nove mesi dopo e alla già citata scena del parto.
Un'altra splendida sequenza pienamente hitchcockiana è quella della telefonata che Max attende in casa nel silenzio della sera, in cui Zemeckis dilata anche pochi secondi dell'orologio in alcuni minuti di girato, e aggiunge specchi che moltiplicano le immagini e uno split screen naturale ricavato con lo stipite della porta che divide due stanze, che è figlio della lezione imparata dalla celeberrima scena dell'ufficio di Tippi Hedren in Marnie (Hitchcock 1964).
Il regista di Forrest Gump (1994) si diverte anche ad usare Brad Pitt come icona e, per alcuni minuti, torna a fargli interpretare il tenente Aldo Raine in Bastardi senza gloria (Tarantino 2009), film che appare citato anche nei raggi di luce che passano attraverso l'impiantito del pavimento.
In un film che sembra essere un'antologia di generi, oltre agli stilemi del cinema d'amore classico, del thriller, dello spionaggio, della guerra, c'è spazio anche per quello d'azione con la sequenza di un aereo che rischia di abbattersi sulla casa dei protagonisti! 
Zemeckis non è tra i più grandi registi in circolazione, ma sa come usare la mdp in maniera convincente, conosce bene la storia del cinema e il suo melodramma cinefilo funziona eccome!

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