All'età di 77 anni, stroncato da un tumore al pancreas, ci ha lasciato John Hurt, uno dei più grandi attori inglesi.
Nato nella piccola città di Chesterfield nel Derbyshire, nel cuore dell'isola britannica, si appassionò alla recitazione sin da bambino e la coltivò nonostante il parere contrario dei genitori, dei quali assecondò la volontà iniziando a studiare per ottenere un diploma di insegnante d'arte. Nel 1960, però, a vent'anni, essere arrivato a Londra lo avvicinò definitivamente alla sua prima passione e si iscrisse alla Royal Academy of Dramatic Art.
Due anni dopo esordì nel ruolo di Phil Corbett in The Wild and the Willing (Thomas 1962), pellicola sulla vita universitaria inglese dell'inizio degli anni '60, ma poi divenne noto in patria grazie al film in costume sull'Inghilterra cinquecentesca di Shakespeare, Thomas Moore ed Enrico VIII Un uomo per tutte le stagioni (Zinnemann 1966).
Due anni dopo esordì nel ruolo di Phil Corbett in The Wild and the Willing (Thomas 1962), pellicola sulla vita universitaria inglese dell'inizio degli anni '60, ma poi divenne noto in patria grazie al film in costume sull'Inghilterra cinquecentesca di Shakespeare, Thomas Moore ed Enrico VIII Un uomo per tutte le stagioni (Zinnemann 1966).
Gli anni seguenti gli regalarono la partecipazione a film di altri registi di rilievo tra i quali, su tutti, John Huston (La forca può attendere, 1969) e Lee Thompson (Prima che venga l'inverno, 1969), Richard Fleischer (L'assassino di Rillington Place n. 10, 1971). La fama internazionale giunse, però, con Fuga di mezzanotte (Parker 1978), in cui era l'eroinomane Max, tra i detenuti europei che il protagonista conosce nel carcere di Istanbul, per il quale sfiorò l'Oscar come miglior attore non protagonista, sconfitto dall'enorme Christopher Walken ne Il cacciatore (Cimino 1978). Nello stesso anno iniziò la sua collaborazione con Jerzy Skolimowski, con cui lavorò ne L'australiano (1978) e ne Il successo è la miglior vendetta (1984); nel 1979 entrò nel cast di Alien (R. Scott), nella parte del vicecapitano dell'astronave Nostromo, Kane; e nel 1980 arrivarono due dei massimi capolavori della sua carriera: fu, infatti, l'indimenticabile John Merrick in The Elephant Man (Lynch) e William Irvine ne I cancelli del cielo (Cimino). Con la parte del film di Lynch fu candidato per la seconda e ultima volta agli Oscar, ma anche in questo caso, pur cambiando categoria (miglior attore protagonista), trovò di fronte un invincibile: il Bob De Niro di Toro Scatenato (Scorsese 1980).
John Merrick in Elephant man (1980) |
Il decennio degli anni '80 lo consacrò persino nel genere comico-demenziale grazie a Mel Brooks, con il quale recitò ne La pazza storia del mondo (1981) e in Balle spaziali (1987), ma furono anche gli anni della partecipazione nell'ultimo film del grande Sam Peckinpah (Osterman Weekend, 1983) e dell'interpretazione di Winston Smith, il protagonista della trasposizione cinematografica di uno dei romanzi distopici più celebri di sempre, realizzato nell'anno con cui Orwell lo intitolò (Orwell 1984, Radford 1984).
Gli anni '90 per John Hurt si aprirono con il ruolo del protagonista nel grande ritorno di Roger Corman al cinema (Frankenstein oltre le frontiere del tempo, 1990), e proseguirono con Cowgirl - Il nuovo sesso (Van Sant, 1993), il bellissimo Dead Man (Jarmusch, 1995), Rob Roy (Caton Jones 1995) e il fantascientifico Contact (Zemeckis, 1997).
Il nuovo millennio gli ha regalato il ruolo con cui la sua fama ha raggiunto persino la generazione di cinefili più giovani: quello di Olivander in Harry Potter. John ha interpretato il negoziante di bacchette magiche in Harry Potter e la pietra filosofale (Columbus, 2001) e in Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1 e Parte 2 (Yates 2010 e 2011).
William Irvine ne I cancelli del cielo (1980) |
Oltre alla saga fantasy tratta dai romanzi di J. K. Rowling, però, John Hurt in questi ultimi anni ha partecipato ad interessanti progetti, come la produzione russa del dostoevskjano Delitto e castigo (Golan 2002); l'adattamento della graphic novel V per Vendetta (McTeigue 2005), dove è il cancelliere Adam Sutler; il ritorno di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (Spielberg 2008); Melancholia (von Trier, 2011), nei panni del padre della protagonista; Solo gli amanti sopravvivono (Jarmusch, 2013), nel quale è l'anziano vampiro Christopher Marlowe.
L'ultimo film della sua carriera ultracinquantennale sta per uscire nelle sale, atteso per una miriade di motivazioni, a cui ora si aggiunge anche la sua presenza: si tratta del Jackie di Pablo Larraín (2016), incentrato sulla vita di Jacqueline Kennedy, nel quale l'attore inglese interpreta la figura del padre gesuita Richard McSorley.
John Hurt lascia come vedova la produttrice pubblicitaria Anwen Rees-Meyers che aveva sposato in quarte nozze nel 2005. L'attore, infatti, in precedenza era stato sposato con le colleghe Annette Robertson (1962-64) e Donna Peacock (1984-90) e, infine, con l'assistente di produzione Joan Dalton (1990-96), da cui aveva avuto Alexander John Vincent (1990) e Nicholas (1993). Più durature dei tre matrimoni terminati con altrettanti divorzi, furono le relazioni con la modella francese Marie-Lise Volpeliere-Pierrot (1967-83), morta cadendo da cavallo, e con la scrittrice irlandese Sarah Owens (1996-2002).
Olivander in Harry Potter |
Stando a Wikipedia John è l'attore che avrebbe inscenato più "morti" al cinema, dove i suoi personaggi si sono spenti per ben 40 volte... naturalmente ne ricorderei una su tutte, quella del suo ruolo più emozionante, il deforme John Merrick, pensando ad un'ideale epigrafe mutuando una battuta del capolavoro di David Lynch, che oggi assumerebbe molteplici significati: "come vorrei dormire come la gente normale..."
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