Tre ore e quaranta minuti tra epopea statunitense della guerra civile, technicolor, alcune delle battute più famose della storia del cinema e l'eterna colonna sonora di Max Steiner (ascolta), il tutto in una delle pellicole più celebri di sempre.
Via col Vento, tratto dall'omonimo romanzo di Margareth Mitchell che nel 1937 vinse il premio Pulitzer, ottenne ben nove Oscar, compreso quello alla sceneggiatura di Sidney Howard.
Capolavoro tra due ere cinematografiche: i cartelli con le introduzioni dei singoli capitoli in sovraimpressione sono un retaggio del cinema muto; i colori sgargianti (basti pensare agli abiti di Rossella) e usati in maniera significante rappresentano la grande novità del momento, fatta propria da una grande produzione per la major della Metro Goldwyn Mayer, guidata dall'ingombrante David O. Selznick...
Capolavoro tra due ere cinematografiche: i cartelli con le introduzioni dei singoli capitoli in sovraimpressione sono un retaggio del cinema muto; i colori sgargianti (basti pensare agli abiti di Rossella) e usati in maniera significante rappresentano la grande novità del momento, fatta propria da una grande produzione per la major della Metro Goldwyn Mayer, guidata dall'ingombrante David O. Selznick...
Tutto il progetto ruotò nelle sue mani, e mai come in questo caso il film è rimasto nella storia soprattutto per il suo produttore, la cui onnipresenza causò l'alternarsi di ben tre registi (George Cukor, Sam Wood e infine, unico accreditato, Victor Fleming). Ad ulteriore controprova della difficile gestazione della pellicola, i 158 mila metri di girato a fronte dei 6800 montati, per un rapporto di 1/23 per l'intero film!
1861 nel sud degli Stati Uniti. Rossella (in originale Scarlett; Vivien Leigh) è una delle tre figlie di Gerald O'Hara (Thomas Mitchell), possidente terriero d'origine irlandese, che vive nella sua tenuta di Tara. La bella Rossella, corteggiata da diversi ragazzi, è innamorata di Ashley (Leslie Howard), rampollo dei Wilkes, padroni della contigua proprietà delle Dodici Querce, che però sta per sposare la cugina Melania Hamilton (Olivia de Havilland). Da questa semplice storia di gelosia origineranno tutte le scelte future di Rossella, che fatalmente incroceranno i principali eventi degli Stati Uniti, in un caso esemplare di microstoria che si fonde con la storia dalla S maiuscola.
Il rapporto tra Rossella e Rhett è centrale: Rhett, prontamente ritenuto "volgare" da Rossella al primo incontro, non solo è l'unico uomo che la tratta frontalmente - "non siete fatta per uomini fuori uso voi" le dirà in seguito -, senza gli ossequiosi riguardi che le riservano gli altri, ma le dice chiaramente di considerarla fatta della sua stessa pasta.
Quando la sconfitta del sud è ormai ad un passo, Rossella e Melania, che sta per partorire, tornano a casa grazie all'aiuto dello stesso Rhett, che dopo averle salvate decide di arruolarsi, giustificando la sua scelta con una delle tante battute che accrescono l'aura maledetta del suo personaggio: "ho sempre avuto un debole per le cause perse quando sono proprio perse".
Tara e Le Dodici Querce sono in rovina: Rossella, che scopre di aver perso la madre, Elena O'Hara (Barbara O'Neill), mentre il padre, Gerald, è uscito di senno, si rimbocca le maniche e nell'epico finale della prima parte del film, affondando le mani nella terra e mangiando delle radici, alla luce di un tramonto virato ad una tonalità di rosso resa possibile solo grazie al technicolor, pronuncia il famosissimo "Giuro davanti a Dio, e Dio mi è testimonio, che i nordisti non mi batteranno! Supererò questo momento e quando sarà passato non soffrirò più la fame - né io né la mia famiglia, dovessi mentire, truffare, rubare e uccidere. Lo giuro davanti a Dio: non soffrirò più la fame".
Il prosieguo della vicenda vedrà la fine della guerra civile, registicamente segnata da uno dei numerosi e magniloquenti carrelli in avanti della mdp e il ritorno di Ashley, che in ogni occasione mostrerà la sua totale mancanza di spina dorsale e di capacità. La morte di Gerald O'Hara, che cade da cavallo per inseguire un uomo che vorrebbe speculare su Tara, è solo la prima di una serie di morti che rendono la storia un melodramma senza fine.
Rossella per riuscire a gestire la difficile situazione dovrà persino dimostrare di essere in grado di uccidere un uomo e, di fronte alle tasse da pagare, riuscire a fronteggiare gli 'avvoltoi' di turno, per poi chiedere aiuto al solito Rhett, nel frattempo finito in galera, dove gioca a carte con i suoi carcerieri, particolarmente indulgenti con lui, poiché, come dice uno di loro, "è difficile essere severi con un uomo che perde con tanto garbo".
Rhett con una sola occhiata alle mani rese ruvide dalla terra, capisce le intenzioni di Rossella - nonostante sia vestita da signora con un abito cucito con la stoffa recuperata dalle tende di casa - e le rifiuta un prestito. Rossella, pur di salvare Tara, sposa il ricco Franco, già promesso alla sorella Susan ma, dopo essere rimasta di nuovo vedova, il suo terzo matrimonio sarà proprio con Rhett. Fleming non ci mostra la cerimonia, ma si limita al bacio che fa da premessa alla loro unione, con Rhett che stringe Rossella come nessuno ha mai fatto (la mdp da presa li riprende dal basso con un taglio che enfatizza la drammaticità del momento).
La coppia, che va a vivere in una villa ad Atlanta, avrà la piccola Diletta (Bonnie Blue in originale) - anche se la madre vorrebbe chiamarla Eugenia Vittoria -, ma gli scontri tra Rhett e Rossella non accenneranno a diminuire. Il resto della storia è condito da altri drammi fino al celeberrimo finale in cui i due pronunciano le battute più famose del film: il "francamente me ne infischio" di Rhett ormai stanco del loro rapporto, e l'ancor più celebre "domani è un altro giorno" di Rossella, che preannuncia come neanche questa volta crollerà di fronte ad un destino avverso!
Una curiosità sulla battuta di Clark Gable, che spesso viene considerata la prima parolaccia detta al cinema ("damn" in versione originale), ma che in realtà fu preceduta da altri film semplicemente meno noti (es. Gli angeli all'inferno - Hughes 1930; Primo amore - Stevens 1935).
Il film visto oggi mostra la grande distanza soprattutto etica col mondo odierno: è profondamente reazionario, sessista e razzista. Quest'ultimo aspetto è clamoroso soprattutto nell'edizione italiana, in cui gli afroamericani vengono doppiati con un esilarante eloquio in cui i verbi sono sempre coniugati all'infinito: così accade, ovviamente, anche per lo splendido personaggio di Mammy, interpretato da Hattie McDaniel, che fu la prima donna di colore a vincere un Oscar (come miglior attrice non protagonista, superando nella fattispecie anche la stessa Olivia de Havilland che concorreva per la sua parte nello stesso film. Per il secondo ci vollero altri 24 anni, con Sidney Poitier protagonista de I gigli del campo - Nelson 1963).
Tra i tanti momenti che segnano il passo, solo per fare un esempio, vedere Rhett che torna dalla piccola Diletta e le dice "ero a caccia di conigli per farti una pelliccetta", fa pensare ai pianti a dirotto che oggi ci aspetteremmo da una bambina dopo una frase del genere.
Tra i tanti momenti che segnano il passo, solo per fare un esempio, vedere Rhett che torna dalla piccola Diletta e le dice "ero a caccia di conigli per farti una pelliccetta", fa pensare ai pianti a dirotto che oggi ci aspetteremmo da una bambina dopo una frase del genere.
Il campo della guerra civile nel film e La battaglia di San Romano di Paolo Uccello |
Molte altre le sequenze da ricordare, a cominciare da quella in cui le ombre di Melania e Rossella si stagliano sulla parete dell'ospedale, in un'inquadratura che qualche anno dopo sembra essere ben presente a Powell - Pressburger in Narciso nero (1947), o quella in cui Rossella e Ashley, da poco tornato dalla guerra, si scambiano un bacio in un fienile, la cui struttura fa da split screen naturale della scena, con i due personaggi che dopo il bacio trovano spazio nei due riquadri, come se fossero in un dipinto fiammingo.
Tra le tante altre curiosità, va ricordato che Vivien Leigh ricevette solo 15 mila dollari per la sua parte, per la quale fu scelta a riprese già iniziate, preferita a Joan Bennett, Jean Arthur e Paulette Goddard. Il provino per selezionare la protagonista, peraltro successivo alla rinuncia del luglio 1938 da parte di Norma Shearer, viene considerato tra i più tormentati di sempre: O'Selznick fece girare oltre 50 mila metri di pellicola, per un totale di 27 ore, provando ben 60 attrici!
Per evidenziare ancor meglio l'enorme lavoro fatto con il colore, si pensi che il costumista Walter Plunkett realizzò 27 abiti di percalle viola per Rossella, poiché dalla metà del film in poi la protagonista usa quasi esclusivamente quel vestito, ma per rendere i diversi passaggi di tempo, dal rogo di Atlanta alla lotta per la sopravvivenza a Tara, fu costretto a strapparne e bruciarne delle parti a seconda degli eventi, a scolorirlo gradatamente e, quando ormai non fu possibile fare altro, a scucirlo e usarne l'interno per averlo ancora più chiaro.
Resta un cruccio per chi non è stato ad Atlanta entro il 2010: dal 1939 fino a quell'anno, infatti, nella sala 6 del CNN center della capitale della Georgia, si è sempre proiettato Gone with the Wind per due volte al giorno...
Tra le tante altre curiosità, va ricordato che Vivien Leigh ricevette solo 15 mila dollari per la sua parte, per la quale fu scelta a riprese già iniziate, preferita a Joan Bennett, Jean Arthur e Paulette Goddard. Il provino per selezionare la protagonista, peraltro successivo alla rinuncia del luglio 1938 da parte di Norma Shearer, viene considerato tra i più tormentati di sempre: O'Selznick fece girare oltre 50 mila metri di pellicola, per un totale di 27 ore, provando ben 60 attrici!
Per evidenziare ancor meglio l'enorme lavoro fatto con il colore, si pensi che il costumista Walter Plunkett realizzò 27 abiti di percalle viola per Rossella, poiché dalla metà del film in poi la protagonista usa quasi esclusivamente quel vestito, ma per rendere i diversi passaggi di tempo, dal rogo di Atlanta alla lotta per la sopravvivenza a Tara, fu costretto a strapparne e bruciarne delle parti a seconda degli eventi, a scolorirlo gradatamente e, quando ormai non fu possibile fare altro, a scucirlo e usarne l'interno per averlo ancora più chiaro.
Resta un cruccio per chi non è stato ad Atlanta entro il 2010: dal 1939 fino a quell'anno, infatti, nella sala 6 del CNN center della capitale della Georgia, si è sempre proiettato Gone with the Wind per due volte al giorno...
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