martedì 19 gennaio 2016

Sempre meglio che lavorare (Vecchi 2016)

Prima di tutto eliminiamo un equivoco di logica lessicale: i Pills e non i the Pills (altrimenti saremmo costretti a dire i the Beatles, i the Queen, i the Simpsons, e così via)!
I Pills approdano sul grande schermo - il loro Sempre meglio che lavorare è in uscita il 21 gennaio - e lo fanno senza allontanarsi troppo dalla loro dimensione, costituita da una comicità caratterizzata da battute romanesche e da un linguaggio per nulla modificato per l'occasione; dalla loro Roma sud, con un'ambientazione che privilegia il Pigneto, il Mandrione, all'ombra della tangenziale est che domina il paesaggio in quelle zone della città; nonché da una regia profondamente cinefila.
Chi li ha seguiti su youtube negli ultimi cinque anni non faticherà a ritrovare i loro tormentoni e le loro cifre stilistiche in un film che, pur se snatura il loro abituale minutaggio, costringendoli a una più articolata narrazione che non sembra ancora pienamente nelle loro corde, non ne compromette affatto la loro intelligente ed esilarante lettura dei problemi della loro generazione e non solo.
Il posto fisso è un miraggio? I tre amici, come in parte hanno fatto anche nelle loro vite, anche se nella realtà è sempre tutto più sfumato, a questo apparente problema rispondono con un inno a metà tra convinzione e volpe e l'uva: "Una vita con la sveglia alle 7.30 è una vita che non vale la pena di essere vissuta" è forse la battuta del film che meglio d'ogni altra può riassumere l'origine del fenomeno The Pills.
La critica più facile che gli verrà mossa sarà la solita: "ma siamo sicuri che aldilà del GRA, questo film possa essere seguito?". Chissà, lo scopriremo presto, ma anche se l'eloquio profondamente caratterizzato potrebbe escludere una larga fetta di pubblico, è un problema che li pone in ottima compagnia, dato che lo stesso appunto veniva fatto ai loro esordi anche a registi come Carlo Verdone o Massimo Troisi, che superarono brillantemente la questione, e poi, come questi mostri sacri, Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini, appena trentenni, hanno tutto il tempo di aggiustare il tiro in corsa. Per ora il loro primo film esiste, come si affanna a ripetere il produttore Pietro Valsecchi, con un paternalismo eccessivo, e questo potrebbe essere solo l'inizio.

I tre protagonisti iniziano la storia del film partendo dall'origine della loro amicizia e da un giuramento:1994, tre bambini, durante una festicciola pomeridiana, parlano come i loro corrispettivi del 2016, confrontandosi su ragazze, serie tv (la seconda stagione di Lady Oscar!) ed altro, seduti rigorosamente attorno ad un tavolino, da sempre il luogo-oggetto feticcio dei Pills, dove giurano di non lavorare unendo le mani poco al di sopra delle figurine di Totti e Aldair, veri numi tutelari.
Tra le varie trovate registiche - split screen tripartiti per i tre personaggi, slow motion, ecc. - quella più sfacciata gioca sul colore della pellicola: quando l'amicizia di Luca, Luigi e Matteo è salda, le immagini paradossalmente sono in bianco e nero (così è girata la web series, in un esplicito riferimento a Clerks - Smith 1994), mentre quando i loro principi vengono messi in crisi da influenze esterne, lavoro, donne, famiglia d'origine, diventano a colori.
E tutti e tre i protagonisti vivono una crisi che rischia di mettere a repentaglio le loro certezze. Matteo si ritrova con un padre (quello reale, attore per l'occasione) che, dopo anni di lavoro, decide di dare sfogo alla sua creatività, dalla fotografia alla regia, ironia della sorte, di una web series intitolata Idraulici, per poi cercare fortuna a Berlino, la città europea che negli ultimi tempi è diventata il simbolo delle velleità artistiche ("qualcosa me 'nvento"); Luigi non sopporta di "invecchiare" e torna all'adolescenza, rimontando la vecchia batteria, andando ad occupare il liceo Mamiani - bella la sequenza al ralenti con il sottofondo di musica operistica - e trattando i due amici con cui convive come se fossero i suoi nuovi genitori reazionari; Luca si innamora di Giulia (Margherita Vicario), una ragazza che pur presentandosi come faceva la Cristina morettiana di Ecce Bombo (quella di "giro, vedo gente..."), in realtà vuole lavorare e lo coinvolge in quella che diventa un'ossessione, finché Luca si fa prendere la mano ("c'è rimasto sotto") e va oltre, fino ad approdare nella lontanissima, in tutti i sensi, Milano, dove si usano espressioni da orticaria come "apericena"...

I Pills dichiarano - nonostante il loro stesso produttore Pietro Valsecchi vorrebbe considerarli un mero fenomeno giovanile e ridurli a ragazzi con una cultura cinematografica limitata all'ultimo decennio - di amare i Monty Python, e la passione per quell'umorismo si vede: il ribaltamento dei ruoli (il genitore che ruba l'età al figlio e vuole imitarne la vita), l'inversione totale della percezione sociale del lavoro (non necessario impegno per il proprio sostentamento, ma droga che rende dipendenti), fino al colmo dei ribaltamenti, quello di considerare gli empori degli extracomunitari il posto di lavoro perfetto!
E che i loro riferimenti al cinema del passato non si limitino ad un paio di lustri, lo dimostrano le tante citazioni a cui i Pills ci hanno sempre abituato (per chi non li avesse conosciuti prima, si segnala il bellissimo filmato in cui hanno unito il personaggio cult di Nico Giraldi, il commissario interpretato da Tomas Milian per Sergio Corbucci, con il cinema di Wes Anderson - vedi).
Stavolta è un gioco ancora più divertente del solito andarle a scovare e già sulle pareti della cucina dell'appartamento, da sempre al centro delle storie dei Pills, vediamo le locandine de Il cacciatore (Cimino 1978) e Il mondo di notte (Vanzi 1960), ma poi si passa dai tre protagonisti, bambini, che giocano allo "stallo alla messicana" de Le iene (Tarantino 1992); a Giulia che chiama Luca dall'interno di una piscina come Anita Ekberg faceva con Marcello Mastroianni in La dolce vita (Fellini 1960), pur se in versione rivisitata ("come here Luca, nun fa er frocio"); sono ancora loro due, a lavoro in una paninoteca, che si muovono sensualmente come accadeva a Patrick Swayze e Demi Moore in Ghost (Zucker 1990); Luigi, che tiene un corso per aprire una pagina di Facebook (sic), viene salutato dai non proprio raccomandabili allievi con il famoso "Oh capitano, mio capitano" riservato a John Keating-Robin Williams ne L'attimo fuggente (Weir 1989); Matteo che gioca a carte in un bar con gli anziani del quartiere, in una sequenza girata come in un film di Sergio Leone; la società segreta del Bangladesh che strizza l'occhio a Fight club (Fincher 1999), così come la preparazione di Luca da parte di Tyler Bangla (partecipazione straordinaria dell'attore hollywoodiano Giancarlo Esposito) lo fa con Kill Bill vol. 1 (Tarantino 2003); e, infine, la scena nel grattacielo milanese che si trasforma in una sparatoria alla The Snatch (Ritchie 2000), con una piccola aggiunta dedicata al mitico tuffo con due pistole di Chow Yun-Fat in A better tomorrow (Woo 1986).
Un ultimo parallelo è con il Nanni Moretti dei primi film, quello che colpiva il cinema italiano che più degli altri andava incontro al pubblico, cosicché il famoso "ve lo meritate Alberto Sordi" urlato in un bar (Ecce bombo - 1978), ha il suo parallelo in Luigi che urla "bravo, c'hai fatto strilla' come i trentenni nei film di Muccino"....
Ed ora i Pills dovranno dimostrare di saper fare nuovi passi, d'altronde per dirla con loro, la maturità è nell'equilibrio tra la capacità di continuare a "sognare cose che non realizzeremo mai" e trovare "la nostra cicorietta", da intendere come accettazione di un sapore adulto disprezzato da bambini, e quindi metafora clamorosamente romana, ma capace di condensare tanti significati e obiettivi, che per ragazzi di talento non possono e non devono limitarsi al fatturare il più possibile e ad essere trasformati in macchine da soldi...

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