domenica 31 gennaio 2016

Saluto a Jacques Rivette (1/3/1928 - 29/1/2016)

Questo gennaio nero per il cinema si avvia finalmente a concludersi, ma porta con sé ancora un grandissimo: Jacques Rivette, uno dei padri della Nouvelle Vague, è morto a 87 anni, dopo aver combattuto con l'Alzheimer.
Una vita dedicata al cinema. Già a diciassette anni dirigeva una sala nella sua città di nascita, Rouen, che lasciò dopo la guerra andando a studiare a Parigi, dove non raggiunse titoli accademici ma iniziò ad appassionarsi ai film, grazie alle assidue visioni alla Cinémathèque française di Henri Langlois, istituto di cui egli stesso sarà direttore nel 1963.
In questi primissimi anni cinquanta conobbe François Truffaut, Jean-Luc Godard ed Eric Rohmer, con gli ultimi due iniziò a scrivere sulla Gazette du Cinéma e poi con tutti condivise l'esperienza nella redazione dei Cahiers du cinema.
Jacques Rivette con Jane Birkin
I primi passi verso la carriera di cineasta li fece come assistente di due mostri sacri del cinema francese come Jean Renoir e Jacques Becker, e nel 1958 comparve anche come attore in Le beau Serge, di Chabrol, il quinto dei "giovani turchi", come furono chiamati i cinque registi rivoluzionari.
Dopo alcuni corti, il primo lungometraggio fu Parigi ci appartiene (1961), uscito tre anni dopo l'inizio della sua lavorazione, finendo per essere da primo e ultimo esordio del gruppo, dopo il già citato esordio di Chabrol e quelli di Truffaut (I quattrocento colpi, 1959), Rohmer (Il segno del leone, 1959) e Godard (Fino all'ultimo respiro, 1960).
Seguì La religieuse (1966), primo dei numerosi film tratti da opere letterarie - in questo caso Diderot - e che vide come protagonista Anna Karina, icona della Nouvelle Vague e per i cinque anni precedenti moglie dell'amico Jean-Luc Godard, che fu il primo a combattere contro la censura e l'allora ministro della cultura, Malraux, per ottenerne la distribuzione.
Jacques Rivette e Sandrine Bonnaire
Seguirono i lunghissimi e rigorosissimi L’amour fou (1969) e Out one: noli me tangere (1971), rispettivamente di quattro ore e mezzo e di dodici ore e quaranta.
Céline e Julie vanno in barca (1974) è un grande film sul doppio, uno dei principali motivi del cinema degli ultimi sessant'anni (Hitchcock, Lynch, De Palma, solo per dirne alcuni), e sul binomio tra realtà e sogno, con esplicito riferimento a Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Il film fa parte di una quadrilogia che proseguì con Duelle Noroît (entrambi del 1976) e, infine, con Storia di Marie e Julien (2003).
Emmanuelle Béart e Michel Piccoli in La bella scontrosa
Dopo un decennio senza particolari acuti, con film come L'amore in pezzi (1984), primo dei quattro girati con Jane Birkin, e Una recita a quattro (1988), all'inizio degli anni novanta Rivette realizzò La bella scontrosa (1991), liberamente tratto da Il capolavoro sconosciuto di Balzac, un film letterario ma anche fondamentale per la tematica della creazione artistica, con Michel Piccoli che veste i panni del pittore ed Emmanuelle Béart quello dell'irresistibile modella.
Tre anni dopo fu la volta della pellicola in due parti, per un totale nove ore, dedicata a Giovanna d'Arco - Parte I: Le battaglie; Parte II: Le prigioni (1994), con protagonista un'altra attrice feticcio del cinema francese come Sandrine Bonnaire.
Seguì il musical Alto basso fragile (1995) - in Italia uscito a stento e con quaranta minuti di tagli -, piccolo capolavoro di leggerezza, in cui la vita quotidiana di tre ragazze diventa l'occasione per raccontare altrettante storie. 
Tra i suoi film più recenti, ce ne sono due in cui l'attore principale è stato Sergio Castellitto: Chi lo sa? (2001) e Questione di punti di vista (2009), che rappresenta anche la sua opera-testamento.
Rivette con la Birkin e Castellino a Venezia nel 2009
Il suo cinema è famoso soprattutto per essere un cinema spesso improvvisato: mai un suo film è stato girato con una sceneggiatura pronta, poiché sul set portava solo pochi fogli con la trama e da lì iniziava il vero lavoro con gli attori.
Con l'addio di Rivette, tra i grandi maestri della Nouvelle vague resta solo Godard: non credo esista un Paradiso, ma se ci fosse almeno una castello di Spiriti Magni, come immagina Dante, un piano di quel maniero lo destinerei a François, Eric, Claude e Jacques...

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