lunedì 25 gennaio 2016

La grande scommessa (McKay 2015)

"La verità  è come la poesia... e alla gente sta sulle palle la poesia".
Questa frase, che il regista Adam McKay usa in sovrimpressione durante il film, precisando di averla sentita in un bar di Washington, è quella che sintetizza meglio la storia narrata in questo adattamento del libro di Michael Lewis The Big Short - Il grande scoperto (2011).
Prodotta da Brad Pitt, la pellicola ha principalmente un valore socio-didattico ed è indirizzata in primo luogo al pubblico statunitense, in buona parte vittima della distorsione del sistema bancario avvenuta nel primo decennio del secolo, che libro e film denunciano fermamente. I numeri citati sono impressionanti: cinquemila miliardi di dollari persi, otto milioni di persone rimaste senza lavoro e sei milioni senza casa!
A conferma delle intenzioni didascaliche, interviene la narrazione della voce off, quella di Jared Vennet (Ryan Gosling), che inizia spiegando al pubblico come fosse cambiata, in quegli anni, la professione del bancario dagli anni Settanta, in cui era un lavoro come un altro, al 2000, quando ormai era uno dei mestieri più invidiati.
Un uomo, prima di tutti, aveva capito cosa stava succedendo negli anni che precedettero il crac del 2007, seguito dal fallimento della Lehman Brothers l'anno seguente: Michael Burry (Christian Bale), che per questo decide di vendere allo scoperto le obbligazioni ipotecarie, scommettendo di fatto contro il mercato immobiliare o meglio contro la copertura dei mutui da parte dei cittadini.
Alla questione, oltre a Vennet e Burry, si interesseranno anche il gruppo guidato da Mark Baum (Steve Carrel), con alcuni assistenti, e i due giovanissimi Jamie (Finn Wittrock) e Charlie (John Magaro), che per poter accedere ai livelli più alti della finanza contattano lo stravagante banchiere Ben Rickert (Brad Pitt) che, pur se ancora molto giovane, si è ritirato dall'attività per dedicarsi alle coltivazioni biologiche.

McKay deve affrontare l'inevitabile problema di tentare di rendere comprensibile una realtà spesso complicata anche per gli addetti ai lavori, e spesso ne esce con un escamotage divertente, che coinvolge diversi personaggi che, nei panni di se stessi, spiegano con metafore semplici alcuni complessi meccanismi finanziari.
Lo fa la splendida Margot Robbie che parla dei mutui subprime, i più a rischio, immersa in una vasca piena di schiuma (vedi); e così fanno anche il cuoco Anthony Bourdain, che paragona i CDO ad una zuppa di pesce fatta con gli avanzi degli altri piatti, e Selena Gomez e Richard Thaler che, davanti ad un tavolo da gioco, paragonano le puntate dei frequentatori dei casinò alle scommesse esponenziali a cui molti risparmiatori venivano spinti da promotori finanziari privi di scrupoli.

Si segnalano un paio di esplicite citazioni cinematografiche: nella prima, durante la grande convention di Las Vegas in cui si riunisce il gotha della finanza immobiliare, uno dei personaggi viene preso in giro con un sarcastico "sembra il barone cattivo di Dune" (riferimento a Vladimir Harkonnen, intrepretato Kenneth McMillan nel film di David Lynch - 1984); nella seconda, invece, l'entusiasmo per la possibilità di rivelare pubblicamente quanto fosse drogato il mercato, porta all'eloquente incitamento "vai, Robert Redford", che ovviamente rimanda a Tutti gli uomini del presidente (Pakula 1976).
Il film ha un buon ritmo e gli attori forniscono delle prove di livello - soprattutto Christian Bale in una delle sue versioni più autistiche -, ma la tematica e gli eccessivi tecnicismi lo rendono spesso ostico. Inoltre, la poca distanza temporale da un'opera come The Wolf of Wall Street (Scorsese 2013), con cui condivide il soggetto basato sulla truffa ai danni degli americani, ma senza avere la stessa verve e soprattutto aggiungendo un moralismo di fondo totalmente assente nel capolavoro scorsesiano, non gioca certo a favore del film di McKay.
Un tentativo di morale, in fondo, è nell'aforisma di Mark Twain che apre il film: “Non è ciò che non conosci che ti mette nei guai, è ciò che dai per certo che non lo è...”.

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