venerdì 29 agosto 2014

Inseparabili (Cronenberg 1988)

Per una volta voglio iniziare dalla fine, poiché l'immagine della Pietà che chiude il film va al di sopra di ogni giudizio: un'inquadratura bellissima, forse manierata, ma degna di un dipinto di Sebastiano del Piombo, nelle cui fredde tonalità c'è tutta la storia narrata nelle circa due ore precedenti e che costituisce il degno finale di quello che, a tutt'oggi, è probabilmente il miglior lungometraggio di David Cronenberg.
Il progetto, iniziato sin dal 1981 e più volte ripreso e riscritto, traeva origine da una suggestione che il regista ebbe leggendo una vicenda di cronaca riguardante i gemelli Stewart e Cyril Marcus risalente al 1975, a cui si erano ispirati Bari Wood e Jack Geasland per il loro romanzo Twins (1977)
La sceneggiatura di Cronenberg (che modificò le iniziali due stesure di Norman Snider) non si avvalse quasi per niente del libro, da cui però il regista avrebbe recuperato il titolo, ma dovette rinunciare a causa della contemporanea realizzazione del film Gemelli (Reitman 1988) con Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito, che lo costrinse a scegliere il bel titolo originale Dead ringers (espressione idiomatica per "esatta copia, due gocce d'acqua"), usato proprio dall'Esquire per il caso dei fratelli Marcus, che per una volta è stato ben reso, seppur con uno slittamento di significato, dalla distribuzione italiana.
Inseparabili racconta una storia che, come spesso accade nella filmografia del regista canadese, è difficilmente collocabile in un genere precostituito e si pone in una via mediana tra horror, fantascienza e melodramma.
Protagonisti della vicenda sono i fratelli Mantle, i due gemelli e luminari della ginecologia interpretati da un magnifico Jeremy Irons, che riesce a rendere magistralmente le opposte personalità dei due: Elliot, determinato, privo di morale e spigliato in pubblico; Beverly, sensibile, introverso e terrorizzato dall'apparire davanti ad una platea.
La netta differenza tra i due personaggi e la grande versatilità dell'attore si evidenziano, per esempio, in uno dei rari momenti ironici del film, in cui Beverly fa il verso a Elliot che ha sedotto una ricca contessa per ottenere un finanziamento, fingendo che la aduli paragonandola a Catherine Deneuve, facendogli chiedere "come sta Marcello?", irritando non poco il fratello.
La loro vita si intreccia con quella di una paziente speciale, Claire Niveau (Geneviève Bujold), un'attrice che non riesce ad avere figli, con cui i due iniziano una relazione perversa senza rivelarle di essere gemelli, ripetendo uno schema che a quanto pare va avanti sin dall'adolescenza (Elliot dirà a Beverly "non hai scopato con Claire Niveau se non ne parli con me!"), favorito soprattutto dal loro mestiere ("il vantaggio del nostro lavoro è che sono le belle donne che vengono da noi").

Claire capisce che c'è qualcosa di strano ("a volte mi piaci moltissimo e a volte sei una bella scopata") e, una volta scoperto l'inganno, se ne andrà sdegnata, causando il sorriso sarcastico di Elliot, ma gettando nello sconforto più totale Beverly, che si darà all'alcol e alla droga. Il triangolo amoroso, però, non si risolverà così e condurrà la storia fino ai confini del dramma e oltre... 
La scena onirica tagliata da Cronenberg
Il film mostra tutte le caratteristiche di un'opera di Cronenberg e su tutte l'ossessione per l'organismo vivente e per le deformazioni organiche ai limiti del mostruoso. A Claire, per esempio, viene diagnosticato un utero triforcuto come causa dell'impossibilità di avere figli, ma è soprattutto la riflessione di Elliot durante la prima visita dell'attrice, che sintetizza l'intera storia e l'ossessione per i corpi dal punto di vista anatomico da una prospettiva mai analizzata. Il dottore infatti si chiede perché non esistano dei concorsi di bellezza per l'interno dei corpi e perché l'uomo non abbia dei canoni estetici anche per quello.
Allo stesso modo, alla proposta di adottare dei figli, Claire risponde senza esitare che così "non sarebbe parte del mio corpo", sottolineando come per lei la riproduzione sia principalmente un fattore di filiazione anatomica. La tematica organica vive, però, il suo momento più profondo nell'incubo di Beverly che sogna di essere legato al fratello per un fianco mentre è a letto con Claire, che con un morso sensuale separa quel groviglio di carne, in una sequenza che fonde aspetti psicanalitici a quelli più prettamente cronenberghiani. A dire il vero, peraltro, Cronenberg aveva girato un'altra scena di sogno in cui uno dei gemelli vedeva crescere nel proprio addome la versione invecchiata del gemello, poi eliminata dal regista.
Altro tema tipicamente nelle corde del regista canadese è quello che unisce il corpo alla tecnologia (basti pensare alle porte organiche di Existenz), che in Inseparabili si esplica soprattutto negli strumenti ginecologici: quelli creati dai due fratelli ai tempi dell'università ("divaricatore Mantle") e, ancor di più, quelli disegnati da Beverly e fatti realizzare appositamente per "donne mutanti" come Claire.
A garantire il rispetto della poetica cronenberghiana, inoltre, contribuisce anche il ricorso ad alcuni collaboratori fidati, come Howard Shore, Peter Suschitzky, Carol Spier e Denise Cronenberg, che danno al film degli elementi imprescindibili come la musica che dà la giusta atmosfera, la fotografia algida, la scenografia minimalista, evidente soprattutto nell'appartamento dei Mantle, e i costumi (bellissimi i camici da chirurgo rossi e la scena della vestizione in sala operatoria, che sia per il colore che per la ritualità sembra trasformare Jeremy Irons in un cardinale piuttosto che un medico). 

Il film è indubbiamente uno dei migliori degli anni '80 e i suoi echi si avvertono in diverse pellicole successive, nonché in una serie tv di successo come Nip/Tuck, in cui i due protagonisti Sean e Christian, lì solo amici e chirurgi estetici, rispecchiano le personalità di Beverly e Elliot. 
Resta, però, impossibile giudicare questa pellicola senza partire dalla gigantesca prova di Jeremy Irons, che con questa interpretazione, resa possibile da tecniche fotografiche come il motion control e lo split screen dissimulato, è entrato di diritto tra i più grandi attori della fine del XX secolo.

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