Visto oggi è difficile credere che
questo film, dalla trama semplice e lineare, con effetti speciali artigianali e
una sceneggiatura profondamente didascalica, abbia fatto epoca e sia stato un
punto di riferimento per tanto cinema di fantascienza degli anni seguenti,
eppure Il conquistatore del mondo (noto
anche come Conquistò il mondo) è un caposaldo
del genere, opera di uno dei padri del New American Cinema, l'indipendente Roger Corman.
Leggi la trama:
Tom Anderson (Lee Van Cleef) è uno
scienziato della NASA con strane teorie sulla vita sugli altri pianeti, a cui
nessuno sembra dare credito, nemmeno sua moglie Claire (Beverly Garland) che lo
considera un visionario, né il suo migliore amico e collega Paul Henson (Peter
Graves), sposato con Joan (Sally Fraser).
Tom con una particolare strumentazione
radio, nascosta dietro una tenda del suo appartamento, comunica con un alieno
che da Venere giunge sulla Terra, e ne diventa il principale alleato e
sostenitore. L’extraterrestre ha il potere di arrestare il funzionamento di
ogni energia (corrente elettrica, acqua corrente, automobili, ecc.), tranne di
chi è dalla sua parte, e di ridurre al proprio volere gli uomini più influenti
del piccolo centro di Beachwood, grazie a degli strani “dispositivi di
controllo” simili a pipistrelli. Solo dopo molto tempo Tom si renderà conto che
la conquista del mondo da parte dell’alieno non sarà un cambiamento positivo
per l’umanità, ma sarà troppo tardi…
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Il tema principale della storia
contrappone la razionalità più estrema dell’extraterrestre alle emozioni umane.
Come spiegherà Paul anche nella morale finale - massimo segno dell’aspetto
didascalico della pellicola, degno di una favola di Esopo, quando la morale
iniziava con o mythos deloi oti - “l’uomo
è una creatura che prova emozioni e per questo è la più grande dell’universo”,
ammonendo l’uomo a non cercare la perfezione all’esterno ma di credere in se
stesso e nelle proprie capacità.
Tanti i difetti e, pur se in un film come
questo l’apporto della logica è decisamente da porre in secondo piano, non si
possono non notare alcune macroscopiche contraddizioni in una trama in cui Lee
Van Cleef e l’alieno comunicano usando rispettivamente la lingua “terrestre” e
degli strani suoni incomprensibili; Paul uccide uno dei pochi “dispositivi di
controllo” dell’alieno, che evidentemente lavora in economia proprio come la
produzione del film, infilzandolo con un forchettone del camino; gli pneumatici
delle automobili stridono sulla terra come fossero sull’asfalto, ecc.
Eppure qua e là, nonostante la
semplicità dell’insieme, si nota la capacità del giovane Corman che in alcune
inquadrature mostra già il suo talento: una su tutte la perfetta disposizione
dei personaggi durante l’ultimo dialogo tra Paul e Tom, con i due amici in
primo piano seduti uno di fronte all’altro e tra di loro, ma sullo sfondo,
Claire che li ascolta ed è già pronta ad agire.
Indimenticabile l’apparizione dell’alieno:
una sorta di grosso vegetale dotato di corna e di chele e dall’espressione
arcigna, che dalla base del suo corpo, frastagliata come i piccoli fantasmi di
Pac-man, fa uscire quella specie di pipistrelli che mordono gli uomini
inserendo sul loro collo degli elettrodi e poi muoiono, come se fossero delle
api.
Alcune battute rendono la pellicola un
perfetto film da fantafestival, evidentemente diretto ad un pubblico da “cinema
mordi e fuggi” dell’epoca, in cui il ritmo andava anteposto a sceneggiatura e recitazione. Così, rimasti a piedi dopo che la loro auto si è spenta,
Joan chiede al marito “ma non avevi detto che Tom e Clara abitavano qui vicino?”,
e Paul risponde “E’ così quando si è in auto”; in un momento di pieno panico
una signora si avvicina ad un poliziotto esponendogli il proprio problema, “mio
marito è in un polmone d’acciaio”, senza ricevere alcuna risposta, in una scena che starebbe bene in un film da comicità demenziale Zucker-Abrahams-Zucker; uno degli
operatori del laboratorio della NASA, dopo la totale interruzione delle apparecchiature,
non trova altra spiegazione scientifica se non il più tipico luogo comune da
Guerra fredda, affermando con certezza di essere sotto il “pieno complotto
comunista”; Tom, convinto della stupidità dell’uomo, alla domanda di Paul “salvare
l’umanità da che cosa?”, risponde sicuro “da se stessa” e, poco dopo, Claire,
prima provoca il marito (cosa che fa per tutto il film, aumentando il senso di
rivalsa dell’uomo), offendendo il suo nuovo amico, con un esplicito “almeno ha
le dita?”, e poi per convincerlo a tornare in sé espone una strana metafora: “Tom, non puoi eliminare l’ossido dal cuore
dell’uomo senza portar via un po’ dell’argento”.
La stessa Claire arriva nella Grotta dell’elefante (in realtà si tratta delle Bronson Caves nel Griffith Park di Los Angeles), in cui il mostro si è nascosto poiché lì l’atmosfera è simile a quella del pianeta Venere (sic!), e alla sua vista esclama: “Allora è così che sei? Brutto! Orribile!”, prima di essere abbracciata dalle sue chele.
Eppure, nonostante tutto questo, per chi
ancora non fosse convinto che il film sia stato un cult ai tempi, ascolti il
suono di uno dei “dispositivi di controllo”, così simile a quello divenuto
celeberrimo poco più di venti d’anni dopo in Incontri ravvicinati del terzo tipo (Spielberg 1977).
La stessa Claire arriva nella Grotta dell’elefante (in realtà si tratta delle Bronson Caves nel Griffith Park di Los Angeles), in cui il mostro si è nascosto poiché lì l’atmosfera è simile a quella del pianeta Venere (sic!), e alla sua vista esclama: “Allora è così che sei? Brutto! Orribile!”, prima di essere abbracciata dalle sue chele.
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