Con questo inspiegabile titolo uscì in Italia il primo film di Roger Corman tratto da Edgar Allan Poe, in realtà adattamento del racconto La caduta della casa degli Usher, e infatti in inglese più correttamente intitolato The Fall of the House of Usher.
Leggi la trama:
Philip Winthrop (Mark Damon), dopo aver conosciuto Madeleine (Myrna Fahey) a Boston, arriva nella sua casa con l'intenzione di chiederla in sposa. Qui, in un maniero circondato da paludi fumose e spettrali, conosce prima Bristol (Harry Ellerbe), il maggiordomo, e poi il fratello della ragazza, Roderick Usher (Vincent Price), che fa di tutto per allontanarlo dalla casa e da Madeleine.
Motivo di questa ferma opposizione è che a suo avviso "la stirpe è tarata", "la vita ci sfugge" ripete mentre spiega al ragazzo la genetica iper-ricettività dei cinque sensi, che gli permettono di sentire piccoli rumori a distanza, gli impediscono di mangiare altro se non brodi, ecc., causandogli gravi e continui disagi.
Philip percepisce che la casa abbia delle stranezze quando vede i muri creparsi, i lampadari cadere, gli oggetti spostarsi da soli, ma non si arrende, anche perché quando riesce a vedere Madeleine, questa si mostra innamorata di lui e pronta a seguirlo. Una sera Bristol è costretto a spiegare a Philip che Madeleine è sonnambula ed è ossessionata da pensieri sulla morte e, non a caso, è lei ad accompagnare il suo pretendente nella cripta di famiglia, dove gli mostra le bare degli antenati e quelle già pronte per lei ed il fratello.
La tenacia di Philip spinge Roderick ad illustrargli le origini della casata degli Usher che in Inghilterra, generazioni prima, si distinse per la presenza di ladri, omicidi e mercanti di schiavi. Lo stupore di Philip diverrà sempre più totale, soprattutto quando, dopo un litigio con il fratello, troverà Madeleine stesa sul letto e apparentemente morta... Quella che sembra l'inevitabile fine, con la giovane donna rinchiusa nella cripta all'interno della sua bara, però, è solo l'inizio della discesa all'Inferno: Madeleine si sveglierà dalla catalessi, ma ormai impazzita si avventerà sul fidanzato e sul fratello, mentre per un fortuito incidente la casa degli Usher brucerà e al rogo sopravviverà solo il sempre più attonito Philip...
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Ben sceneggiato da Richard Matheson, con cui Corman proprio a partire da questo film inizierà una lunga e proficua collaborazione, I vivi e i morti è magistralmente recitato da Vincent Price, anche lui qui alla prima con il regista statunitense, di cui diventerà l'attore feticcio, interpretando praticamente tutti i film tratti da Poe, prodotti dall'Alta Vista, e che saranno il massimo successo di Roger Corman.
Riuscitissime le atmosfere gotiche delineate dalla scenografia di Daniel Haller, dalla musica di Les Baxter, dalla fotografia di Floyd Crosby e dai costumi disegnati da Marjorie Corso.
Di grande impatto la sequenza della narrazione di Roderick sul passato degli Usher, in cui la musica, i dipinti espressionisti con i ritratti degli avi di famiglia e il volto trasfigurato di Vincent Price contribuiscono ad uno dei momenti più alti del film, incentrato sull'ossessione del padrone di casa, secondo cui i peccati dei padri ricadono sui figli, e sulla convinzione della concretezza del male, che a suo avviso avrebbe seguito la stirpe insieme ai mattoni della casa trasferiti dall'Inghilterra agli Stati Uniti. I disturbi psicotici di Roderick si fanno ancora più evidenti quando, dopo l'apparente morte di Madeleine, sosterrà con forza che "non vi può essere pace senza il castigo", rivelando di fatto le sue intenzioni distruttive.
Altra scena madre - peraltro unica parte in cui si vedono altri attori oltre ai quattro principali, pur se semplici comparse - è quella del sogno di Philip, virato nei toni azzurri, in cui il giovane viene circondato dai fantasmi degli Usher.
Fa sorridere oggi la camicia new romantic, piena di svolazzi, indossata per tutto il film da Mark Damon, che rappresenta solo uno dei molteplici aspetti che mostrano l'enorme scarto cronologico - basti pensare che uscì al cinema per i soli adulti - con una pellicola che risulta davvero datata, soprattutto nel ritmo, paradossalmente proprio quello in cui Corman si era distinto nei film privi di budget del suo primo periodo. In un certo senso è come se la possibilità di avere dei soldi improvvisamente ne abbia distolto l'attenzione catalizzandola su tutto ciò che per lui era una novità...
Dopo questo film leggere Edgar Allan Poe senza pensare a Corman e a Vincent Price non è più stato possibile.
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