sabato 9 agosto 2014

Mulholland Drive (Lynch 2001)

Si tratta forse del film più lambiccato di Lynch, in assoluto il regista più lambiccato di Hollywood, e per questo amato o odiato senza appello in entrambi i casi, a seconda che a giudicarlo siano i suoi sostenitori o detrattori.
Come ha detto lo stesso David in diverse interviste, è inutile cercare un senso razionale alla storia, ma è così piacevole perdersi e lasciarsi trasportare dalle sue perverse suggestioni e dalla sua perfezione formale e perché no, provare comunque a rimettere in ordine tutti i pezzi di questo intricatissimo puzzle...

Leggi la trama:
Mai come in questo caso, quindi, la trama rischia di essere pleonastica, ma inizia con un incidente automobilistico sulla strada che dà il titolo al film, posta a mezzacosta della collina più famosa d'America, a pochi metri dal mitico Hollywood sign. Una macchina coinvolta è occupata da malviventi che hanno rapito una splendida ragazza mora (Laura Elena Harring), l'unica che ne esce viva ma stordita e che si addormenta dopo aver camminato un po' fino ad un'altra celeberrima strada di Hollywood, il Sunset Boulevard.
La mattina dopo trova rifugio in un appartamento, approfittando della partenza della proprietaria Ruth, la cui nipote Betty Elms (Naomi Watts) arriva poche ore dopo dall'aeroporto - dove ha fatto amicizia con un'anziana coppia - sorpresa da quell'ospite inaspettata. Le due diventano amiche e la prima, in preda ad una totale amnesia, si dà come nome Rita (mutuandolo da un poster di Gilda appeso in casa in cui campeggia la splendida Rita Hayworth). Betty appare eccitatissima dall'avventura vissuta da Rita e cerca di investigare sull'accaduto.
Un uomo racconta di aver fatto sogni angoscianti sul ristorante in cui si trova in quel momento e, uscito nel parcheggio, vede un mostro nero dalle fattezze demoniache e viene colpito da un infarto.
Una serie di telefonate misteriose tra diversi criminali, apparentemente capeggiati da un nano in sedia a rotelle (Michael J. Anderson, naturalmente quello di Twin Peaks), ripetono che "la ragazza non è stata ritrovata".
Nel frattempo, negli studios, un giovane regista, Adam Kesher (Justin Theroux), è alle prese con la produzione e con le pressioni di due mafiosi, i fratelli Castigliani, che gli impongono una loro protetta, Camilla Rhodes, come protagonista del suo prossimo film: il suo diniego di fronte alla ripetizione ossessiva di una sola frase da parte dei due uomini - "è lei la ragazza" - ne causa il temporaneo allontanamento dal progetto.
Betty e Rita, nel frattempo, scoprono che la borsa di Rita è piena di denaro e contiene una strana chiave prismoidale azzurra. Un'anziana signora, dal nome più lynchiano possibile, Louise Palmer, suona alla porta e preannuncia guai a Betty, che invece ha grande successo al provino per cui è venuta a Hollywood, dopo il quale viene accompagnata sul set di Adam, con cui si scambia occhiate intense.
Lo stesso Adam, evidentemente nella sua giornata sfortunata, torna prima a casa e trova la moglie a letto con l'amante e poco dopo, come se non bastasse, scopre che il suo conto in banca è in rosso.
Dopo aver ricordato un nome, Diane Selwyn, Rita e la sempre più adrenalinica Betty vanno a cercare l'abitazione della donna che trovano morta da giorni sul suo letto.
Adam incontra il cowboy (Monty Montgomery), personaggio molto misterioso, in un luogo isolato in cui si vedono solo un bucranio e una luce che funziona ad intermittenza (vera e propria firma del regista): l'uomo gli conferma che potrà ancora girare il suo film, ma solo se utilizzerà come protagonista la ragazza che gli è stata segnalata. Alla fine Adam accetterà.
Betty e Rita vanno a teatro e seguono uno strano spettacolo incentrato sul tema del playback, in cui il presentatore ripete, quasi come un mantra, "silencio" e "no hay banda", confermando che nessuno sta parlando e che non c'è una banda che sta suonando, poiché è tutto registrato.
Rita, tornata a casa, usa la chiave blu per aprire un cubo dello stesso colore e nello stesso momento scompare.
Da questo momento in poi la vicenda prende una strana piega e i personaggi sembrano invertirsi: Betty diventa Diane e Rita diventa Camilla. Ruth torna a casa; il cowboy appare in sogno alla ragazza che dorme sul letto (sembra quella morta vista prima), che si risveglia: è Diane, depressa e gelosa perché è stata lasciata dalla fidanzata Camilla (ha le fattezze di Rita), che ora flirta con Adam, pur se a tavola dà un fugace bacio ad una comparsa. Coco, la donna che conosceva tutto di tutti nel comprensorio, ora è la mamma di Adam, e così la cameriera del bar, che prima era Diane, ora sul cartellino riporta il nome di Betty...
Diane, in preda ad una crisi notturna, in cui si vede rincorrere dalla coppia di anziani dell'inizio del film, si spara un colpo alla testa.
Silencio.
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La pellicola è la quintessenza del cinema di David Lynch, fatto di misteri, onirismo, simbologia, anacoluti narrativi, macabra ironia, inquietante suspense, il tutto così perfettamente intrecciato in un montaggio alternato e con un'impeccabile tecnica, che fanno gridare al capolavoro tutti gli appassionati del genere!
Il regista del Montana si avvale dei soliti collaboratori che lo hanno accompagnato in tutta la carriera: Mary Sweeney per il montaggio; Jack Fisk per la scenografia e Angelo Badalamenti per le musiche.
L'inevitabile tentativo di mettere in ordine la trama porta a considerare la seconda parte del film quella reale, con una disperata Diane (interpretata da Naomi Watts), che sogna la prima parte della storia, quella in cui lei stessa è Betty e arriva a Hollywood per cercare fortuna (storia che peraltro sembra riprendere quello che la stessa Naomi Watts fece all'inizio della sua carriera arrivando dall'Australia). Il sogno è la realizzazione di tutto quello che non è riuscito nella vita reale alla giovane donna: raggiungere il successo come attrice e avere una relazione con Camilla (Laura Elena Harring).
Letta in questo modo la pellicola, pienamente metacinematografica poiché racconta in fondo la realizzazione di un film, rivela una forte critica al mondo di Hollywood, in cui le pressioni sui registi sono le più disparate (vedi i mafiosi che impongono la protagonista ad Adam) e gli attori meno famosi, la maggior parte di quelli che popolano gli studios, sono spesso a rischio esaurimento nervoso come Diane.
Diverse le autocitazioni del mondo lynchiano: dalla già citata luce a intermittenza che illumina l'incontro tra Adam e il cowboy alla presenza di Angelo Badalamenti e di Michael J. Anderson, che peraltro compare sempre in un ambiente con una enorme tenda sullo sfondo che non può non far pensare alla scena del sogno di Laura Palmer in Twin Peaks. La stessa Sheryl Lee, peraltro, compare nel pubblico durante la sequenza del teatro che, ovviamente, come sipario ha un'altra tenda rossa...
Molte le scene divenute cult, ma un discorso diverso va fatto per la scena del caffé durante la riunione dei produttori del film, i mafiosi e Adam Kesher, vera e propria gag piena di suspense, concetto che sembra un ossimoro ma che Lynch realizza perfettamente, mostrando Luigi Castigliani, uno dei fratelli mafiosi - peraltro interpretato da Angelo Badalamenti - che compie un vero e proprio rito per assaggiare un caffè che gli altri giurano essere particolarmente buono, ma che l'esperto italiano boccia con disgusto.
Tante le citazioni cinematografiche a partire dal Sunset boulevard stesso (Viale del tramonto, Wilder 1950) e al poster di Gilda (Vidor 1946); come spesso capita in Lynch, c'è anche molto Hitchcock: Rita fa la doccia e com'è stato già detto, dopo il 1960 non esiste doccia al cinema che non sia un riferimento a Psycho; cambia look e si fa bionda come ne La donna che visse due volte.
Il grande Alfred viene citato anche "concettualmente", diciamo così, nella scena slapstick, in cui l'omicidio di un uomo diventa comico per la continua serie di incidenti occorsi all'assassino (Mark Pellegrino) che si ritrova quindi costretto a dover uccidere diverse persone. Il regista inglese, nella famosissima intervista a Truffaut de Il cinema secondo Hitchcock, spiega la sua attenzione nel rendere la difficoltà di uccidere un uomo, i numerosi imprevisti rispetto al piano, ecc., che qui sembrano condensati tutti insieme.
Oltre a questa sequenza, trattata con ironia crescente, anche quella del provino di Betty, altro momento metacinematografico del film, risulta una parodia di una soap opera, con battute banali, melense e fondate sull'effetto sorpresa dato da rivelazioni sugli intrecci amorosi tra i personaggi.
Una citazione, infine, sembra arrivare persino dai disegni animati, quando Coco (Ann Miller) racconta di un "canguro pugilatore" che sarebbe stato ospite di uno dei condomini (riferimento al celebre precedente Disney degli anni '30 - vedi).
Una curiosità: la band norvegese Audrey Horne, che tra l'altro deve il suo nome al personaggio di Sherilyn Fenn in Twin Peaks, ha intitolato il proprio primo album No hay banda (2005), evidentemente riferimento ad un'altra scena cult del film, quella in cui Rita e Betty vanno al Teatro Silencio.
Su un'opera come questa si potrebbe continuare a scrivere all'infinito, ma in buona sostanza bisogna concludere che è davvero difficile mettere d'accordo tutti con un film di David Lynch. Per chi non si fidasse di questa recensione, comunque, Mulholland Drive è stato premiato per la miglior regia a Cannes e, nel 2010, è stato eletto come miglior film del decennio 2000-2009 dalla Los Angeles Film Critics Association... e pensare che la ABC aveva scartato le scene girate come pilota per una serie televisiva e che il film come lo vediamo oggi è un riadattamento di Lynch dopo il rifiuto di quella che sarebbe potuta essere la sua seconda serie cult dopo I segreti di Twin Peaks...

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