giovedì 15 maggio 2014

The german doctor - Wakolda (Puenzo 2013)

Una pellicola che andrebbe inserita nei futuri programmi scolastici...
Complimenti a Lucia Puenzo, la giovane regista argentina (classe 1976), al suo terzo lungometraggio, che ha realizzato un gran bel film basato su un tema davvero difficile e, peraltro, abusato.
La storia di Josef Mengele, medico nazista che fece esperimenti di eugenetica ad Auschwitz trattando come cavie i deportati ebrei e che, dopo il processo di Norimberga, visse con diverse identità nei paesi sudamericani dove continuò la sua assurda attività di ricerca, infatti, aveva già offerto spunti letterari che avevano portato a riduzioni cinematografiche in passato.
Basti pensare in particolar modo a Il maratoneta (Schlesinger 1976) e a I ragazzi venuti dal Brasile (Schaffner 1978), sicuramente i più famosi, tratti da altrettanti romanzi che avevano trovato nel folle medico un personaggio ben più terrorizzante dei dottori Kildare, Frankenstein o Caligari, perché, a differenza di questi, veramente esistito. La cineasta sudamericana è però andata oltre, poiché non è solo l'autrice del film, ma anche del romanzo da cui è esso tratto, Wakolda (appena pubblicato in Italia), diventato sottotitolo della pellicola e nome della bambola della piccola Lilith, la piccola protagonista che attira l'interesse di Mengele all'inizio della storia.
Siamo nel 1960 in Patagonia, in una strada deserta, e la famiglia di Lilith, composta anche dal padre Enzo, dal fratello Thomas e dalla madre Eva, incinta, un dettaglio che non passa inosservato all'attento criminale, sta partendo in auto per raggiungere l'albergo ereditato dai genitori di Eva in cui si stanno trasferendo per riportarlo in attività.
Helmut Gregor, questo il nome con cui si presenta il medico tedesco, chiede di poterli seguire per raggiungere la città di Bariloche, posta nella stessa direzione, ma oltre l'albergo. In queste brevi battute iniziali Helmut, dopo aver parlato con gli altri componenti della famiglia, parla anche con Eva in tedesco, lingua che la donna ha studiato a scuola da bambina. Raggiunto il grande albergo immerso tra gli alberi e le cui stanze si affacciano su uno splendido lago, Eva porterà i figli ad iscriversi alla scuola che lei stessa frequentò, all'interno di quella che è una numerosa comunità proveniente dalla Germania che, si comprende subito, in alcuni elementi appare terribilmente nostalgica del regime nazista. La stessa Eva incontra un suo vecchio compagno, Klaus, tra i più sensibili ai vecchi "fasti" tedeschi.
Helmut torna poco tempo dopo e diventa il primo ospite dell'albergo ancora non aperto, grazie all'offerta di un'ingente somma anticipata. È così che avvicinerà sempre più Lilith e, sfruttando le difficoltà di integrazione della bambina, presa in giro a scuola perché troppo piccola rispetto alle sue coetanee, riuscirà a sperimentare su di lei la cura per la crescita finora somministrata solo ai bovini, grazie anche alla fiducia di Eva nei suoi confronti.
Come se questo non bastasse, alla donna darà persino degli integratori, in modo da "aiutare" la gestazione della coppia di gemelli, vera e propria ossessione della ricerca di Mengele in quanto esseri "seriali" per eccellenza.
L'ostacolo più duro rimane Enzo, sul quale riesce comunque a fare breccia, incidendo sul suo punto debole: la passione, da inventore e da artigiano, di bambole caratterizzate significativamente da un cuore a carica, che egli realizza artigianalmente e su cui Helmut investirà per permetterne una produzione in serie.
Affascinata da Helmut, in cui vede una speranza per la sua accettazione sociale, Lilith si appassiona a letture filonaziste sui sonnenmenschen, gli "uomini solari" tanto cari alle SS, ma per farlo si ritira nella biblioteca scolastica, retta da Nora Eldoc, la fotografa e archivista della comunità che sospetta di strani comportamenti intorno ad Helmut e in breve tempo comprende che si tratta del medico latitante.
Naturalmente Lilith avrà problemi di salute a causa della cura che sta seguendo, così come i due gemelli, appena nati, rischieranno di morire, ma in parte la lucidità di Enzo, che tornerà ad osteggiare le cure di Mengele, in parte la denuncia di Nora, risolveranno tutto, costringendo Helmut a decollare verso il Paraguay con un aliante, proprio mentre alcune macchine raggiungono l'albergo per arrestarlo, grazie al sostegno di altri nazisti che abitano una villa sullo stesso lago...

Il personaggio di Helmut inquieta lo spettatore per tutta la durata del film e la sua morbosa attenzione per Lilith sembra dover travalicare anche i confini del folle sperimentalismo scientifico, come dimostra la sequenza in cui l'uomo spia la ragazzina, durante la festa del suo decimo compleanno, mentre si bacia con l'unico compagno di classe che non si prende gioco di lei.
La "filosofia" scientifica di Mengele è ben spiegata soprattutto quando dialoga con Lilith: è la bimba, infatti, che gli chiede perché sul coltello che tiene in laboratorio ci sia inciso il binomio "sangue e onore" e che relazione ci sia tra le due parole. La risposta che "la mescolanza rende impuro il sangue" e che il "sangue aiuta a ricordare quello che eravamo" mette i brividi e si scontra, in maniera forse un po' troppo didascalica ma di grande impatto narrativo, con quanto le insegna Enzo, che le precisa quanto sia importante essere ognuno diverso dall'altro, come le sue bambole. In tal senso è molto eloquente e simbolica la sequenza in cui Helmut accompagna padre e figlia nella fabbrica dove sta avvenendo la produzione. Lucia Puenzo la gira sottolineando tutti gli elementi che eliminano la poesia del processo creativo: le bambole escono a pezzi dalle macchine; le teste tutte allineate ma prive ancora degli occhi ricordano quelle dei film horror; gli operai lavorano senza alcuna passione... Persino Enzo rimane affascinato e al tempo stesso turbato da tutto questo.
Molto bravi gli attori: credibilissimo Alex Brendemühl, che interpreta un Mengele davvero perverso, reggendo l'inevitabile confronto con i due mostri sacri che lo hanno impersonato in passato nei due film già citati (rispettivamente Lawrence Olivier e Gregory Peck); spontanea, ma allo stesso tempo già pienamente consapevole del suo ruolo, la piccola Florencia Bado, che presta il volto a Lilith e il cui "no" ad Helmut, ormai convinto di poterla manovrare a suo piacimento, risuona in sala come una liberazione; acuta e sempre vigile la Nora di Elena Roger, così come Enzo, interpretato dall'argentino Diego Peretti, i due personaggi con cui lo spettatore si identifica nell'opposizione al "mostro" Mengele, al contrario di quello che si prova per tutto il film nei confronti della bella attrice e cantante pop uruguaiana Natalia Oreiro, che interpreta Eva (nome ovviamente non casuale), una mamma un po' troppo fiduciosa nel misterioso dottore...
Una nota speciale meritano la bella musica dei Dirty Tree con Nick Cave e soprattutto il lavoro di Andy Riva, l'artista che ha creato il taccuino di Mengele con gli appunti dei suoi esperimenti, spesso utilizzato dalla regista per drammatizzare alcuni momenti del film: i disegni che vediamo sono di grande qualità e, con i testi che si fondono insieme alle figure, ricordano gli studi anatomici leonardeschi.

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