domenica 11 maggio 2014

Alì (Mann 2001)

Uno dei più importanti film sportivi degli ultimi decenni, forse anche perché va ben oltre i confini del mondo dello sport...

Un montaggio serrato introduce il personaggio Muhammed Alì (Will Smith), alternando momenti in età diverse del più grande campione della storia del pugilato, fino a giungere nel presente, quando Drew "Bundini" Brown (Jamie Foxx) diventa il suo allenatore e soprattutto all'inizio dell'incontro del 25 febbraio 1964, quando, ancora col nome di Cassius Clay, raggiunge il primo titolo mondiale battendo per ritiro Sonny Liston a Miami (totalmente ignorata la medaglia d'oro vinta alle Olimpiadi di Roma, sempre poco considerata negli Stati Uniti e qui in Italia punto basilare dell'epopea di Alì per tutti coloro che erano ragazzi in quel 1960).

Alì manda al tappeto Sonny Liston, un'inquadratura che
riprende una delle più famose foto sportive della storia
Le sequenze degli incontri sono dirette da Michael Mann con grande mestiere, con una mdp sempre in movimento, che alterna soggettive scosse come i corpi colpiti da quei tremendi pugni. I toni epici accrescono grazie alle musiche di Pieter Bourke e Lisa Gerrard, ma anche alle frasi provocatorie che Alì rivolge ai suoi avversari (ben altro del "ti spiezzo in due" di rockyana memoria). Il regista, inoltre, indugia più volte sui piedi del campione che sembrano danzare sul ring, con la sua celebre mobilità che raramente si è più vista nella storia di questo sport e di cui il gigante di Louisville era ben consapevole, come disse a Foreman prima del celeberrimo incontro di Kinshasa: “we’re gonna dance, we’re gonna dance and dance!”
Ben delineato il rapporto con l'Islam, la fede cieca in Elijah Muhammad e nel figlio Herbert, l'amicizia e poi la rottura con Malcolm X (Mario Van Peebles), nonché l'intimo pianto al momento della notizia dell'assassinio del grande leader afroamericano (inevitabile il confronto col bellissimo Malcolm X di Spike Lee, che racconta le stesse vicende). Il cambiamento di nome da Cassius Clay, dato dagli schiavisti, a Cassius X prima e a Muhammad Alì poi, quando viene ammesso nella "nazione", sarà motivo di scontro con il padre, per il figlio colpevole di aver sostentato la famiglia dipingendo "Gesù biondi e con gli occhi azzurri".
Le sue prime tre mogli (ne sposerà una quarta nel 1986, ben oltre la storia raccontata nel film), che permettono di analizzare le sue relazioni con le donne, affascinate dalla sua enorme personalità, forse un po' troppo autocentrata: prima la ribelle Sonji Roi (Jada Pinkett Smith), che pur accettando la conversione all'Islam ne rifiuta l'adeguamento ai canoni etici che le imporrebbero di essere meno appariscente; poi Belinda Boyd, più vicina alla sua religione, ma in forte contrasto con il controllo che Elijah Muhammed e i suoi uomini vogliono esercitare sul marito; infine Veronica Porche (Michael Michele), la bella giornalista conosciuta a Kinshasa.
Ma poi, soprattutto, la sua renitenza alla leva in occasione della chiamata alle armi per la guerra contro il Vietnam, su cui Alì si espresse chiaramente, rifiutando di arruolarsi perché "nessun vietcong mi ha mai chiamato negro", rimettendoci il titolo e la licenza di combattere negli anni migliori della sua carriera, fino alla vittoria alla Corte Suprema, dove il suo caso vinse per 8 voti a 0. E, infine, il suo grande rientro, prima con Terrell, poi sconfitto da Frazier che, a sua volta, prima della rivincita perse contro Foreman. Un insieme di eventi che portarono, grazie all'astuzia dell'allora esordiente Don King, all'organizzazione del match più famoso della storia, quello combattuto in Zaire proprio contro il campione mondiale dei pesi massimi George Foreman il 30 ottobre 1974. Un altro evento storico, ribattezzato "Rumble in the jungle", nello Zaire guidato da Mobutu, altro potente che sfruttò l'immagine di Alì, e che si chiuderà con il KO inflitto ad uno sfinito Foreman ("è caduto come un albero nella foresta" grida proprio Howard Cosell a bordo ring).
Il pianto di Alì dopo la morte di Malcolm X
Nella sequenza più lirica della pellicola, peraltro, durante uno dei suoi allenamenti, il campione sarà circondato dai bambini che inneggiano a lui con il celeberrimo "Alì, buma ye" e si fermerà davanti a dei murales che lo raffigurano mentre prende a pugni carri armati e bombe, il tutto amplificato dalla bella musica di Sun Ra, non a caso un altro grande dissidente, che rifiutò di arruolarsi durante la Seconda guerra mondiale.
Ad amalgamare tutti questi eventi contribuisce una buona sceneggiatura, in parte già scritta dalle tantissime frasi pronunciate dal vero Muhammad Alì, da quella sui Beatles, che la finzione del film gli fa pronunciare durante un lento con Sonji ("uno solo è in gamba: quello con gli occhiali ... mi ha detto 'campione, più tu diventi reale, più tutto diventa irreale' "), alle conferenze stampa prima dei più importanti incontri ed i continui battibecchi con Howard Cosell (Jon Voight), il giornalista irriso dal campione per il suo parrucchino, ma con cui ebbe un buon rapporto ("Non fai che dire 'Muhammad non sei più lo stesso di dieci anni fa!' Io ho parlato con tua moglie e mi ha detto che non più lo stesso di due anni fa").

Davvero una grande prova quella di Will Smith nei panni di Alì, somigliante, credibile, intenso. Il film, appassionante pur se non ai livelli del bellissimo Quando eravamo re (Gast 1996), che però è un documentario incentrato esclusivamente sull'incontro del secolo contro Foreman a Kinshasa, è una biografia che mette la voglia di approfondire la storia di questo uomo che, oltre ad uno dei più grandi campioni dello sport, è stato un uomo che merita la ribalta dei libri di storia. Il grande merito di Michael Mann, infatti, è stato sottolineare che la sua massima ascesa abbia coinciso con anni fondamentali della storia degli Stati Uniti del XX secolo, non solo rispetto all'integrazione razziale, ma anche per la guerra in Vietnam, senza tacere i rischi di strumentalizzazione del mito Alì, al quale tentarono di aggrapparsi l'Islam e il governo degli Stati Uniti.
Per chi volesse saperne di più sulla storia di Muhammad Alì, infine, segnalo anche un paio di libri: Il combattimento di Norman Mailer (fonte primaria del già citato documentario Quando eravamo re), e Il Tao di Muhammed Alì di Davis Miller. 

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