venerdì 16 maggio 2014

Lovelace (Epstein - Friedman 2013)

Un'inquadratura metacinematografica, in cui vediamo una sala gremita a tutto schermo, dà inizio al film che mette in scena la biografia di quella che può essere definita la meno convinta regina del porno, Linda Lovelace, al secolo Linda Susan Boreman (1949-2002), che divenne celeberrima in tutto il mondo grazie al ruolo di protagonista in Gola profonda (Damiano 1972).
I due registi, Robert Epstein e Jeffrey Friedman, però, dimostrano di non limitarsi a riprodurre i fatti e la storia che Linda narra nell'autobiografia eloquentemente intitolata Ordalia (1980).
Il grande merito della pellicola, che altrimenti sarebbe stata una semplice opere priva di acuti, si deve ad un montaggio "significante" che presenta di fatto due storie diverse: nella prima parte rappresenta quello che di Linda Lovelace seppe il pubblico per gran parte della sua breve carriera; nella seconda, la storia riprende in flashback quanto già descritto svelando però tutto ciò che non era stato chiarito, mettendo in evidenza i tanti soprusi che dovette subire dal marito Chuck Traynor, che ne sfruttò la fama per i propri biechi interessi.
Esemplare in tal senso la sequenza della festa dopo la prima del film, in cui dalla stanza di Linda e Chuck provengono rumori che al "primo passaggio" vengono interpretati come passionali, mentre nella seconda parte un lento movimento di mdp mostra una scena di violenza.

La storia attribuisce gran parte delle decisioni prese dalla giovane Linda ai genitori, passivi, privi di entusiasmo per la vita e eccessivamente protettivi nei confronti della figlia che alle prime occasioni inizia a trasgredire: prima con l'amica Patsy e poi, soprattutto, con Chuck, il ragazzo più grande di lei che si presenta alla famiglia come il classico "bravo ragazzo", per poi sposare Linda, appena ventunenne, portandola nel mondo del porno. I soli 17 giorni, in base a quanto lei stessa dichiara (pur se in realtà girò ancora dei film), passati sul set di quello che probabilmente è ancora oggi il più famoso film pornografico della storia del cinema, valgono a Linda l'etichetta di pornodiva per sempre. In realtà la sua vita con Chuck fu una tipica esperienza di manipolazione fisica e psicologica, in cui la Lovelace si trovò invischiata senza avere la capacità e la forza di ribellarsi, fino alla fuga, dopo l'ennesimo episodio di forzata prostituzione. Il resto della biografia, in cui Linda divenne per contrasto un'attivista anti-pornografia, è appena accennato dalla pellicola, che ci mostra la protagonista con marito e figlio, che dopo il grande successo della sua autobiografia viene intervistata in televisione, vero specchio della realtà per molti e soprattutto per i suoi genitori, che capiscono solo allora le angherie subite dalla figlia, fino ad allora sminuite al minimo grado, interpretate come capricci e dopo le quali, per ferme quanto assurde convinzioni religiose, la madre le consigliava di obbedire al marito perché aveva giurato amore eterno davanti a Dio.  

Ottimo il cast. Linda è interpretata da Amanda Seyfried (terza scelta dopo le defezioni di Kate Hudson e Olivia Wilde), già nota al grande pubblico soprattutto per il suo ruolo nel musical Mamma mia! (Lloyd 2008); il perverso Chuck è un bravissimo Peter Sarsgaard (esordì in Dead man walking, Robbins 1995, e recentemente lo si è visto in Blue Jasmine, Allen 2013). Sono però le figure di contorno quelle che dimostrano un'attenzione particolare alla scelta degli attori: perfetto il personaggio della produzione di Gola profonda Butchy Peraino, interpretato da Bobby Cannavale (anche lui in Blue Jasmine, ma è soprattutto l'indimenticabile Fryburg in Romance & Cigarettes, Turturro 2005); bello e bravo, come sempre, James Franco, che si ritrova a interpretare Hugh Heffner, l'editore che ideò Playboy; sorprendente Adam Brody (noto per lo più per il suo ruolo nella fortunata serie adolescenziale O.C.) nella parte di Harry, noto come Dick Long, il compagno di Linda in Gola profonda; decisamente meno adatto Chris Noth per il produttore Anthony Romano (il Big di Sex and the city, personaggio dal quale non sembra staccarsi mai, risultando poco credibile in altre parti). Ma un capitolo a parte merita la madre di Linda, Dorothy, cui presta il volto, trasfigurato dal trucco e dalla recitazione, una strepitosa Sharon Stone, fantastica nel ruolo di una donna di provincia, bacchettona, perbenista e anaffettiva.
Buona anche la colonna sonora, che naturalmente prende a piene mani dagli anni '70: una segnalazione su tutte, la scena di montaggio che riassume i brevi momenti di felicità tra Linda e Chuck all'inizio della loro storia, con il sottofondo Spirit in the Sky dei Doctor and the Medics.
Un cenno finale per i cinefili, a cui i registi strizzano l'occhio qua e là: Chuck nelle prime scene cita Il braccio violento della legge (Friedkin 1971) che offre anche un ulteriore riferimento cronologico a quanto narrato; in un'altra sequenza, i genitori di Linda stanno guardando alla tv La vita è una cosa meravigliosa (Capra 1946) nel punto in cui James Stewart guarda il bambino che piange nella culla. 

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