martedì 6 maggio 2014

Shame (McQueen 2011)

New York, Brandon si alza dal letto: lo vediamo dall'alto e, oltre l'evidente bellezza di Michael Fassbender (che per l'interpretazione ha vinto anche la Coppa Volpi), l'inquadratura indugia sulle lenzuola azzurro ghiaccio, stropicciate, anche dopo che l'attore è uscito di campo.
Da lì seguiamo il protagonista nella serialità dei suoi gesti quotidiani: accendere la segreteria telefonica, farsi la doccia mentre ascolta distrattamente i messaggi registrati, per lo più di donne che lo cercano, masturbarsi sotto l'acqua per dare inizio alla giornata.
Comincia con questo incipit di maniera il secondo lungometraggio di Steve McQueen che, dopo Hunger (2008), dimostra ancor di più la sua provenienza dal mondo delle arti visive con un film che varca sì i confini della videoarte ma vi riapproda non solo con la sequenza iniziale...
Dopo i primi minuti, infatti, lo spettatore vede il comportamento di Brandon in metro, in ufficio, nei locali: in ognuno di questi casi la sua avvenenza, ma anche il suo fascino misterioso e laconico, generano la curiosità femminile. Tutto ciò non gli basta, poiché lo vediamo pagare una prostituta nel proprio appartamento, passare il tempo al pc per vedere filmati porno, in una continua pratica sessuo-solipsistica.
La sequenza in metropolitana è un altro piccolo capolavoro: McQueen gioca sugli ammiccamenti, i sorrisi, una sorta di flirt silenzioso che si genera tra Brandon e una bella sconosciuta di cui, però, uno zoom sulla mano sinistra, ci rivela lo status di donna sposata, un dettaglio che ne causa la fuga, per la consapevolezza di aver assecondato le mire dell'uomo che aveva di fronte e che, alla fine, la perde tra la folla.
Il temperamento di Brandon è ancora più evidente se confrontato con quello del suo capoufficio, David, un miles gloriosius dei nostri tempi, che attacca bottone con un gruppo di ragazze in un locale e la cui logorrea finisce solo per diminuire le sue speranze di conquista, tanto è vero che la donna "puntata", dopo averlo scaricato, decide di dare un passaggio a Brandon e con lui consuma un amplesso mordi e fuggi in strada.
Una volta conosciuta la vita del protagonista, che sembra ripetersi quotidianamente con gli stessi rituali, a sconvolgere questo equilibrio interviene la sorella Sissy (Carey Mulligan), che un giorno Brandon trova in casa senza preavviso. Il fratello e David vanno a vederla cantare in un club, dove Sissy interpreta una versione struggente di New York New York, vestita con un abito dorato e con un'acconciatura alla Marylin, facendo commuovere Brandon e attirando la simpatia di David con cui finirà a letto la sera stessa.
Bellissima la scena successiva, in cui in un unico piano-sequenza la mdp segue Brandon che, vedendosi occupare il letto dalla coppia in piena passione, decide di andare a correre per le strade di New York. Tornano i toni azzurri, che ben si accordano con la freddezza del sesso seriale e spesso mercenario di queste vite: non solo quello di Brandon, infatti, ma anche quello di David, che ha moglie e figli, e per cui Sissy è stata l'avventura di una notte.  
Brandon decide di provare qualcosa in più, sentendosi particolarmente interessato alla bella collega di colore Marianne (Nicole Beharie), che in una pausa caffè con un semplice "ti piace lo zucchero" lo seduce in maniera intrigante. La loro cena mostra la profonda distanza tra i due: separata ma fiduciosa nei rapporti di coppia la donna, single incallito Brandon, che rivela di non aver mai avuto una storia più lunga di quattro mesi e di non capire le persone che si sposano. Il giorno dopo, in un improvviso raptus, Brandon porta la collega in un hotel che si affaccia sulla baia di Hudson, ma non riesce a far sesso con lei, poiché troppo coinvolto, cosicché dopo averla fatta andare via, consuma l'atto mancato con una prostituta.  

Grazie ad un montaggio che spesso alterna prolessi e analessi senza dare allo spettatore la certezza dell'esatto procedere degli avvenimenti, prima e dopo la fase d'innamoramento con Marianne, Brandon si scontra furiosamente con la sorella Sissy che, entrando in casa, lo scopre in bagno mentre si sta masturbando e poi trova una chat-video sexy aperta sul pc. La conseguenza della lite, oltre all'allontanamento di Sissy da casa, a cui Brandon rivolge frasi come "sono le azioni che contano, non le parole", "certe persone sbagliano di continuo", "tu mi metti con le spalle al muro e m'intrappoli", "sei soltanto una cazzo di palla al piede... smetti di fare la vittima", è l'eliminazione di tutto il materiale pornografico presente in casa.
Il malessere di Brandon diventa persino autolesionistico quando, dopo aver sedotto una donna in un locale, ne provoca il fidanzato e si ritrova sanguinante sul marciapiede dopo essere stato colpito da pugni e calci. La notte si chiuderà dopo l'ingresso in un gay bar e, infine, in una casa per appuntamenti, dove Brandon farà sesso con due donne in maniera disperata, come sottolineano alcune "istantanee" del suo volto che lo immortalano in espressioni trasfigurate degne di un pittore espressionista.
Dopo aver ignorato diverse chiamate di Sissy, corre a casa temendo il peggio, in uno dei rarissimi momenti in cui palesa i suoi sentimenti, e la trova esanime e con le vene tagliate, in un'altra bella sequenza che dimostra il retaggio da videoartista di McQueen, in un ambiente completamente bianco in cui il rosso del sangue crea un contrasto di grande impatto visivo (evidenti in tutto il film i meriti del direttore della fotografia Sean Bobbit).
Sissy si salverà proprio grazie all'arrivo di Brandon che, tempo dopo, incontrerà di nuovo sulla metro la donna sposata vista all'inizio della storia. Il film così si chiude circolarmente, ma il dettaglio della mano sinistra della giovane, stavolta priva della fede nuziale, permette di pensare ad una nuova storia per Brandon: un vero amore o l'ennesima avventura? Steve McQueen lascia a noi la risposta...

La sconosciuta in Shame e la Betsy di Taxi Driver
Guardando il film, non si può evitare di notare che Brandon sembra essere il moderno Travis di Taxi Driver.
Con lui ha in comune una certa sociopatia, il complicato rapporto con l'altro sesso e, tutto sommato, con la città di New York. Che McQueen abbia ben presente il capolavoro di Scorsese, peraltro, appare confermato da altri elementi: la musica, composta da Harry Escott, che in diversi momenti ricorda i toni malinconici di quella di Bernard Herrmann, ma soprattutto la sequenza in cui Brandon osserva, dalla strada, due persone che fanno sesso nella stanza dell'hotel in cui porterà Marianne poco tempo dopo. Si tratta, infatti, di una sorta di riproposizione della celebre scena in cui Martin Scorsese interpreta il marito tradito che si fa condurre dal taxi di Travis sotto una finestra per spiare la moglie: un'analogia che non può essere casuale. 
Forzando un po' l'interpretazione (ma forse nemmeno troppo), l'attrice che interpreta la donna sulla metro che apre e chiude la pellicola ricorda molto la Cybill Shepherd che in Taxi Driver interpretava Betsy, la ragazza corteggiata dall'indimenticabile personaggio di Robert De Niro. Se, però, la condizione psicologica di Travis nell'illustre precedente è dovuta in gran parte al suo essere reduce della guerra in Vietnam, molto meno chiare sono le motivazioni intime di Brandon, sulla cui vita passata la sceneggiatura ci riserva una sola frase della sorella che, dopo essere andata via di casa lo cerca ripetutamente e gli lascia un messaggio nella segreteria telefonica davvero eloquente: "non siamo brutte persone, è che veniamo da un brutto posto"...

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