martedì 8 febbraio 2022

La fiera delle illusioni - Nightmare Alley (Del Toro 2021)

Guillermo Del Toro torna con le sue atmosfere horror e noir, tra freak, giostrai e mentalisti, con un cast d'eccezione, in questo remake di un classico della 20th Century Fox (Goulding 1947), tratto dal romanzo di William Lindsay Gresham (1946), che allora aveva come protagonista Tyrone Power, il cui ruolo è oggi di Bradley Cooper, presente anche tra i produttori, dopo un iniziale coinvolgimento di Leonardo DiCaprio. Anche nel 1947 il titolo originale Nightmare Alley, che puntava deciso sull'incubo, era stato addolcito dal medesimo sottotitolo in italiano, meno spaventoso, La fiera delle illusioni (trailer).

Di Stan Carlisle (Bradley Cooper) seguiamo tutta la parabola, dal suo anonimo arrivo al circo, dove la mdp lo accompagna tra la folla, le attrazioni e un nano che raggiunge gli altri personaggi principali, fino al suo ritorno, dopo le numerose vicissitudini che lo hanno portato all'apice e al conseguente crollo.
Non è certo un caso che la ruota panoramica giri con imponenza nella "fiera delle illusioni": è l'illusione principe, quella del successo, una versione moderna della ruota della fortuna (come ne La ruota delle meraviglie - Allen 2017), da secoli allegoria di questo inevitabile alternarsi della sorte. E, se nelle raffigurazioni del Medioevo era corredata delle scritte "regnabo, regno, regnavi, sum sine regno", per Stan il potere non è rappresentato da una corona, ma dallo stesso egocentrismo e dalla stessa avidità, che si declinano in convenienza, arrivismo, amore e denaro. Raggiunto tutto questo, però, non c'è serenità, ma voglia di andare oltre i limiti... Stan novello Icaro.
In quel circo-luna park, Stan si avvicina inizialmente a Clem (Willem Dafoe), appassionato di freak, di feti abortiti e conservati in barattoli, a cui ha dato nomi evocativi come Enoch, il profeta biblico padre di Matusalemme, per un terzo occhio al centro della fronte. L'attrazione principale di Clem, però, è l'uomo-bestia, di fatto un uomo recuperato dalla strada e trasformato in un freak, costretto a vivere uccidendo gallinacei a morsi per il piacere-orrore del pubblico, in un'ambientazione che tanto ricorda quella in cui veniva esposto Joseph Merrick in The Elephant Man (Lynch 1980).
E che David Lynch sia un punto di riferimento per il regista appare evidente non solo in questo caso, ma anche in una bella inquadratura con un coniglio bianco accovacciato sulla moquette e, soprattutto, nell'immagine di una fiamma - Twin Peaks Fuoco cammina con me - a fare da spartiacque tra il presente e il passato di Stan, e a cui Del Toro ricorre più volte nel corso della storia, facendola accendere o ritirare a seconda dei casi.
La scenografia di Deverell per il circo del film
e il sogno di Dalì per Io ti salverò di Hitchcock
Tra le attrazioni, la bella scenografia di Tamara Deverell (già collaboratrice di Carol Spier per le scenografie sporche e organiche di Crash e eXistenZ di David Cronenberg, 1996 e 1999) ci mostra anche una parete fatta di grandi occhi aperti, una puntuale citazione cinefila del sogno di Gregory Peck in Io ti salverò (Hitchcock 1945), scenografato da Salvador Dalì (vedi). Una croce luminosa con la scritta Jesus Saves, invece, è un'autocitazione dall'inizio di Mimic (Del Toro 1997): che il neon salti proprio al passaggio di Stan segna che da quel momento in poi il protagonista non avrà più scrupoli e sarà pronto ad ogni azione pur di raggiungere i propri scopi.
Il circo è stato ricostruito nelle Markham Fairgrounds in Ontario e anche Toronto è stata un'importante location del film. Il grande lavoro di scenografia è stato proprio quello finalizzato a restituire l'idea di un luogo di attrazioni sul finire degli anni '30 e per questo è stata chiamata in causa la Armbruster Manufacturing, azienda attiva per i circhi Barnum & Bailey sin dal 1870. Per la ruota panoramica e la giostra con i cavalli sono stati utilizzati pezzi originali degli anni '30, mentre per la casa degli specchi con Inferno e Paradiso sono stati recuperati modelli francesi ottocenteschi. I bellissimi e numerosi poster delle attrazioni, invece, sono ispirati alle opere di quello che è stato definito "il Picasso dei cartelloni e della circus art", Fred G. Johnson (1892-1990).
Oltre a Clem, che Del Toro inquadra in una scena tra due suoi barattoli che lo incorniciano, Stan conosce Zeena (Toni Collette), chiaroveggente, donna bella e affascinante con un marito alcolizzato, Pete (David Strathairn), ma che può ancora insegnare tanto al giovane appena arrivato. La relazione con Zeena, consapevole che "tu sei un uomo del 'forse' e sei pericoloso per me", è in effetti, per Stan, finalizzata ad imparare i trucchi del mestiere di mentalista. L'obiettivo del giovane neofita è quello di diventare abile a convincere i "gonzi" di turno di essere in grado di conoscere il loro passato e di metterli in contatto con i defunti più cari ("tutti hanno delle ombre nel proprio passato", sentenzia Pete). La scintilla d'amore, però, è davvero il caso di dirlo, scocca con Molly (Rooney Mara), la bella e dolce ragazza "elettrica" del luna park...
Stan e Molly nelle due versioni del film, 2021 e 1947
Questa prima parte, in cui vediamo anche altri membri del circo, come l'uomo forzuto Bruno (Ron Perlman), l'uomo serpente o la donna-ragno, si inserisce nel filone dell'horror circense, di cui il citato The Elephant Man è un indubbio rappresentante, ma che, va ricordato, inizia con Freaks (Browning 1932), prosegue con altri film come Il circo degli orrori (Hayers 1960) e il capolavoro di Lynch, e per ora si chiude proprio con la pellicola di Del Toro e quella italiana di Gabriele Mainetti (Freaks Out, 2021).
L'amore tra Stan e Molly sposta l'azione a due anni dopo, e così passiamo dal 1939 al 1941, come ci dice il titolo in prima pagina di un quotidiano, che segnala l'entrata in guerra degli Stati Uniti di Franklin Delano Roosevelt. Lo spostamento più rilevante, però, è dalla provincia fatta di strade sterrate e buie, allo splendore della città, con Stan e Molly che intrattengono il pubblico con i loro numeri di mentalismo in lussuosi locali.
La partenza dei due è girata con grande sapienza tecnica: un carrello all'indietro segue il movimento del camion che avanza verso di noi, ma poi il veicolo e i due personaggi escono dall'inquadratura e la mdp prosegue a indietreggiare mostrandoci la strada ed evidenziando si tratti di un drone e non di un carrello montato sul camion. Un ennesimo trucco nel mondo dei trucchi del luna park.
La scenografia, anche in questo secondo blocco narrativo, che trasforma la pellicola in un noir con l'inserimento di nuovi personaggi, tra cui il giudice Kimball (Peter MacNeill) e il ricco Ezra Grindle (Richard Jenkins), è una delle cose migliori del film: Stan va a trovare l'affascinante psicanalista Lilith Ritter (Cate Blanchett) all'interno del neoclassico edificio del Municipio di Buffalo (New York, 1931), di cui si riconoscono le grandi colonne doriche.
L'ufficio della donna, poi, è un piccolo capolavoro art decò, costituito da legni intarsiati, arredamento e oggettistica, tra cui spicca un posacenere in bronzo con una donna nuda che inarca la schiena, da far stropicciare gli occhi. La bellissima villa di Ezra Grindle, invece, con il giardino-labirinto in cui "appare" la moglie morta, è il Parkwood Estate di Oshawa nell'Ontario, costruito nel 1916 per il fondatore di General Motors in Canada, Samuel McLaughlin (per queste e altre location del film, leggi qui). 
Guillermo Del Toro si immerge nel noir classico, gira alla grande (si faccia caso anche al bellissimo gioco di specchi nel camerino di Molly con il suo volto e quello di Stan inquadrati così da vari punti di vista e con diverse espressioni), coadiuvato dalla fotografia calda di Dan Laustsen e dall'impeccabile  scenografia di Tamara Deverell, di cui si è ampiamente detto. Tutto è perfetto, forse troppo, e lo spettatore rischia di rimanere distante, senza riuscire ad entrare pienamente nella storia e senza riuscire ad attivare davvero la necessaria sospensione dell'incredulità davanti allo schermo... 

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