sabato 25 giugno 2022

La bestia umana (Lang 1954)

Il treno e il cinema... un connubio proficuo e romantico che, partendo da L'arrivée d'un train a la ciotat (1896), ha conosciuto infiniti momenti indimenticabili, tra i quali di diritto entra La bestia umana, film che Fritz Lang realizzò adattando per la Columbia Pictures, con la sceneggiatura firmata da Alfred Hayes, il celebre romanzo di Émile Zola (1890). 
Si tratta di una seconda versione della storia sul grande schermo, dove fu già trasposto da Jean Renoir ne L'angelo del male (1938), rispetto al quale Lang si mostra molto più indipendente al modello letterario. Come la pellicola francese, però, anche quella hollywoodiana modificò il titolo del libro, stavolta dandogli una forte carica passionale tradotta in Human desire (trailer; guarda il film).

L'inizio è folgorante: soggettiva dal treno, su cui scorrono i titoli di testa, surcadrage, dolly, panoramiche, inquadrature strette dei binari. Nella cabina di pilotaggio ci sono il protagonista, Jeff Warren, impersonato da un Glenn Ford in grande spolvero, e il suo collega Edgar (Edgar Buchanan), che lo ospiterà a casa, dove lo attende la moglie Vera (Diane DeLaire).
Jeff sta tornando in città dopo aver combattuto nella guerra di Corea (1950-53) e, in casa di Edgar, incontra la figlia del collega, Ellen (Kathleen Case), che aveva lasciato con lentiggini e trecce da bambina, ma che ormai è cresciuta ed è diventata una donna. Jeff vuole pensare al relax, alla pesca, ai treni e, soprattutto ai film al cinema. Ellen gli dice che che ci vuole una ragazza da portare al cinema... Con questo inizio omaggiante al cinema sembra iniziare una comune storia romantica, che invece si rivela essere solamente un deragliamento narrativo (è proprio il caso di dirlo in un film come questo) che svia lo spettatore da quello che sta per trasformarsi in un noir in piena regola.
La vicenda principale, infatti, riguarda Carl Buckley (Broderick Crawford), funzionario delle ferrovie, che ha fatto fortuna e ha sposato la bella Vicky (Gloria Grahame), molto più giovane di lui. Il loro rapporto, fosse solo per questo, è profondamente sbilanciato e, quando Carl viene licenziato, chiede a Vicky di usare il suo ascendente su un potente dirigente, John Owens (Grandon Rhodes), per riottenere il posto. La folle proposta, non può non far accrescere la violenta gelosia di Carl, che deflagrerà in omicidio sfruttando ancora la confidenza tra la moglie e Owens.
Tutto avviene sul treno, nella cuccetta dell'alto dirigente delle ferrovie, e, fatalmente, nel corridoio dello stesso vagone, c'è proprio Jeff. Il delitto avviene dopo un terzo esatto della durata del film. Il resto servirà a sciogliere l'intrigo e a far avvicinare la sempre ambigua e suadente Vicky al personaggio positivo, Jeff, in un triangolo sentimentali tipico del noir: cattivo-bella-buono. Tra i due ci sarà il dialogo più profondo della sceneggiatura, che spazia dai rapporti di coppia al matrimonio fino alla guerra e al senso dell'omicidio. Vicky risponde a Jeff, che le chiede perché abbia sposato Carl: "era sempre tanto gentile... sembrava buono, forte, rispettabile... era questo quello che volevo io, un marito così... volevo una casa...", ma dopo il matrimonio arrivò l'infelicità e l'autodisistima "non valgo molto come donna e come moglie", sentendosi rispondere con un laconico "sono cose che succedono, specialmente, poi, al giorno d'oggi.
Sotto le armi c'erano tanti che erano felici di essere in Corea". È poi Vicky a deviare la conversazione sull'omicidio, chiedendogli se "è difficile uccidere un uomo, per un soldato, dico", ottenendo come risposta "pensa che ti danno anche le medaglie... no, non è difficile, Vicky, è una cosa molto semplice", che peraltro suona molto simile, tanto da farne ipotizzare una derivazione, a quella che decenni dopo viene pronunciata ne Il senso della vita dei Monty Python (""ho ucciso quindici selvaggi, signore, in patria mi impiccherebbero, qui forse avrò una fottuta medaglia").
Il manicheismo della trama appare evidente già da queste poche righe e risulta impossibile empatizzare col personaggio di Carl, rozzo, abbrutito, violento, che sfrutta la moglie come se fosse il protettore di una prostituta e poi la giudica e la picchia per questo, oltre a passare del tempo con una vera prostituta, mentre Vicky sta cercando di fargli riavere il posto. Bella nella sua sintesi, inoltre, la battuta che gli rivolge la donna che incontra in albergo: "le 6.30 è tardi se sei sposato, presto se sei single".
La regia di Fritz Lang, con una fotografia espressionista eccezionale, diretta da Burnett Guffey, fatta di profondi chiaroscuri, appare piuttosto imbrigliata rispetto al periodo tedesco, ma viene fuori con grande maestria qua e là, come nella bellissima sequenza del pedinamento notturno, degno di un western, con cui Jeff insegue Carl, tra le lunghe ombre dell'effetto notte e che, tra i vari stacchi, mostra i due dall'alto e in diagonale attraversare i binari. Il passaggio del treno fa sparire i due... un meccanismo narrativo che fa immediatamente pensare a una delle sequenze più famose di C'era una volta in America (Leone 1984), quella con cui si chiude un altro celebre incontro, quello tra Max e Noodles anziani. Che sia stato il film di Fritz Lang a dare l'idea a Sergio Leone? Difficile non pensarlo dopo aver visto la scena, concordando col fondamentale Che hai fatto in tutti questi anni di Pietro Scaglione che, parlando di altre influenze, scrive "c'era una volta un certo modo di fare cinema. E di andarlo a vedere, e ricordarselo" (p. 153). 
Eppure il secondo omicidio della storia non sarà quello che tutti ci aspettiamo... Jeff tornerà a guidare il treno, in una bellissima chiusura ciclica del film.
Non il migliore Fritz Lang, ma un noir di grande livello, in cui le relazioni uomo-donna, portate agli estremi, determinano le azioni più efferate del comportamento umano. Ai nostri tempi è impossibile non notare il maschilismo manifesto della storia e della sceneggiatura, ma sarebbe folle giudicare il testo con gli occhi moderni e non nel loro contesto originario, che peraltro rimonta addirittura a Zola e alla fine del XIX secolo.
Gli uomini appaiono marionette nelle mani di una donna capace di manipolare chiunque incontri, mentre è decisamente inaspettato, dati i tempi, il momento in cui Vicky mostra a Jeff i lividi sul suo corpo, evidenziando una spalla e soprattutto la bretella del reggiseno. Una biblica Eva che assomma tutte le colpe, d'altronde la locandina statunitense, che mostra Jeff e Vicky in una posa ancor più "scandalosa" per i tempi (ovviamente non utilizzata in Italia, ma ad esempio in Francia sì), recitava "She was born to be bad... to be kissed... to make trouble!"

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