Il secondo blocco del film scandalo, se è possibile, va oltre quanto visto nella prima parte e, complice anche l'interpretazione di una bravissima Charlotte Gainsbourg, la cui presenza nel precedente film era limitata alla cornice del racconto, forse può essere considerato un gradino più in alto.
Dopo i primi cinque capitoli, ne restavano solo tre da affrontare in questa seconda sezione della storia di Joe che avevamo lasciato alla fine di Nymphomaniac - vol. 1 alla prima manifestazione di anorgasmia della sua vita.
Leggi la trama:
Il sesto capitolo viene anticipato da una sequenza che forse è il punto più alto della dissacrazione vontrieriana: Joe ricorda un episodio durante una gita scolastica all'età di dodici anni in cui, sdraiata su un prato, ebbe un orgasmo spontaneo durante il quale si sentì levitare e contemporaneamente ebbe una visione mistica (sicuramente von Trier ha presente le estasi di sante come Teresa d'Avila, spesso citate al confine tra afflato religioso ed erotico). Seligman, l'uomo che sta ascoltando il racconto della donna, dà un'interpretazione esatta a quell'estasi, spiegando alla donna che chi aveva visto non era la Vergine Maria, ma l'imperatrice ninfomane Valeria Messalina (il solito montaggio didascalico ci fa vedere la statua con il figlio Britannico in braccio, conservata al Louvre), mentre l'altra donna in groppa ad un toro altri non era che la "meretrice di Babilonia", in una sorta di trasfigurazione blasfema.
Il sesto capitolo viene anticipato da una sequenza che forse è il punto più alto della dissacrazione vontrieriana: Joe ricorda un episodio durante una gita scolastica all'età di dodici anni in cui, sdraiata su un prato, ebbe un orgasmo spontaneo durante il quale si sentì levitare e contemporaneamente ebbe una visione mistica (sicuramente von Trier ha presente le estasi di sante come Teresa d'Avila, spesso citate al confine tra afflato religioso ed erotico). Seligman, l'uomo che sta ascoltando il racconto della donna, dà un'interpretazione esatta a quell'estasi, spiegando alla donna che chi aveva visto non era la Vergine Maria, ma l'imperatrice ninfomane Valeria Messalina (il solito montaggio didascalico ci fa vedere la statua con il figlio Britannico in braccio, conservata al Louvre), mentre l'altra donna in groppa ad un toro altri non era che la "meretrice di Babilonia", in una sorta di trasfigurazione blasfema.
Messalina e Britannico del Musée du Louvre |
Qui riprende la vicenda che avevamo interrotto nel primo film: Joe, che facendo sesso non prova più piacere, rimane incinta e dà alla luce Marcel che, al momento della nascita, immagina ridere (altro segno che Seligman legge come blasfemo, citando Cam che ride del padre Noè nel Faust di Thomas Mann).
La ricerca di una soluzione all'anorgasmia, porteranno Joe ad affiancare le esperienze con Jerome, che arriva a proporglielo paragonandola ad una tigre da sfamare, ad altri uomini, abbordati fingendosi insegnante di pianoforte o assecondando il desiderio di fare sesso con un uomo di colore.
Da questo episodio, a partire dal quale Joe viene definitivamente interpretata da Charlotte Gainsbourg e non più dalla giovane Stacy Martin, torna l'ironia di von Trier, che fa superare l'ostacolo della lingua tra i due dal coinvolgimento di un interprete, e ancor di più per la scena di sesso complicato da problemi "logistici", poiché l'uomo dei desideri di Joe porta con sé il fratello per effettuare una doppia penetrazione ma poi inizia un litigio sulle posizioni da assumere durante l'amplesso che causa la fuga di Joe.
Nella rassegna delle pratiche sessuali, dopo il sesso a tre con i due uomini di colore, la protagonista passa al sadismo (d'altronde, alla meraviglia di Seligman, risponde che la Passione di Cristo è una delle storie più sadiche a noi note), avvicinandosi a K, un ragazzo che lo fa su appuntamento in uno studio, come un libero professionista. Ribattezzata Fido, Joe si ritrova in orari mattutini (dalle 2 alle 6) ad essere immobilizzata su un divano con corde e fasce annodate con perizia: i nodi si stringono se lei si agita e viceversa, un dettaglio che permette a Seligman di citare "il nodo di Prusik" che Joe però definisce la sua peggior digressione dall'inizio del racconto.
K è davvero maniacale, raggelante, scientifico e perfezionista (vi ricorda nessuno?), controlla lo stato dell'eccitazione di Joe e non procede mai all'atto sessuale. La prima notte la rimanderà a casa, poiché il sedere non è abbastanza in alto, procrastinando l'evento, poi, dotandosi di un paio di elenchi telefonici messi al posto giusto, riuscirà a sculacciarla con 12 frustate e la volta seguente con un gatto a nove code fatto di corde, che non solo è il regalo di Natale per Joe, ma è anche un omaggio alla flagellazione di Cristo (cosa ne penserà Mel Gibson?). In queste notti il piccolo Marcel resta con la baby sitter, ma in un caso, rimasto solo, rischia di cadere dal balcone affascinato dai fiocchi di neve e viene salvato fortuitamente da Jerome appena rientrato in casa, in una versione riveduta e corretta della medesima sequenza vista in un altro dei film della trilogia della depressione di von Trier, Antichrist.
Il marito, sconvolto dal comportamento poco materno di Joe, andrà via portando con sé il bambino, che la madre, come dice a Seligman, non ha più visto in seguito.
Dopo aver svelato la pratica dell'anatra silenziosa, unica concessione sessuale di K in uno dei rari momenti di buon umore del ragazzo, Joe passa al settimo capitolo intitolato "lo specchio". Ormai conscia del suo disturbo inizia a frequentare un gruppo di sessodipendenti, arrivando ad eliminare o a disinnescare della loro portata simbolica tutti gli oggetti che le fanno pensare al sesso (l'elenco sarebbe sterminato, ma basti pensare che gli specchi vengono coperti e persino i rubinetti e gli spigoli dei mobili vengono fasciati). Tutto questo però non basta e, dopo 3 settimane e 5 giorni di astinenza, Joe si sfoga in uno di questi incontri inveendo contro tutte, distinguendosi dalle altre e riaffermando la sua sessualità ("io non sono come voi, io sono una ninfomane"; "adoro la mia fica"), in una tipica avversione alla morale borghese, vero topos della cinematografia di von Trier.
L'ottavo e ultimo capitolo, "la pistola", nel titolo, come tutte le altre sezioni del racconto, prende ispirazione da ciò che Joe vede attorno a sé nella stanza di Seligman, ma ormai è tutto stato usato, tranne una macchia di tè sul muro che le ricorda proprio una pistola, la Walter PPK che Ian Fleming fa usare a James Bond.
Ormai consapevole che per lei non ci sia un posto nella società, Joe inizia un lavoro di recupero crediti al servizio di L (WIllem Dafoe), che la porta al di fuori della legalità, a dar fuoco ad automobili dei debitori, a torturarli con l'ausilio di un paio di scagnozzi e, soprattutto, ad usare le sue armi sessuali. In un caso esemplare Joe riesce a far pagare l'uomo messo sotto torchio utilizzando quello che lei chiama un "rivelatore della verità molto affidabile": dopo averlo legato, gli sbottona i pantaloni e osserva le reazioni del suo pene quando gli espone dei racconti sessuali romanzati, fino a notare la sua unica erezione durante la narrazione di un episodio di pedofilia e, per pietà, gli pratica una fellatio. Ai comprensibili dubbi di Seligman, Joe risponde che quell'uomo non aveva mai praticato la sua perversione e che quindi aveva represso da sempre il suo istinto, come il 95% dei pedofili, e che lei prova una grande solidarietà per gli emarginati sociali e sessuali che vivono la sua stessa condizione (ancora un riferimento cristico?).
Dopo un periodo di successi nel suo nuovo lavoro, L chiede a Joe di trovare un successore e le segnala una quindicenne con difficoltà di inserimento sociale, anche per via di una deformazione ad un orecchio. Joe diventa così amica di P, la va a vedere giocare a basket e la porta a conoscere gli alberi come suo padre faceva con lei da bambina, alla ricerca dell'albero con cui ognuno può identificare la propria anima. Tra le due nasce un rapporto omosessuale, che spinge Joe a rivelare com'è iniziata la loro conoscenza...
Dopo aver iniziato a lavorare insieme, un giorno si trovano davanti alla porta di Jerome e Joe si fa da parte. P pattuisce sei rate da far pagare a Jerome, durante le quali Joe fa altro: durante una delle sue passeggiate, scopre in collina l'albero della sua anima, non a caso caratterizzato dal tronco piegato dal vento. Un giorno, però, Joe scopre che tra P e Jerome c'è una relazione e decide di uccidere il suo ex compagno poiché "per un essere umano uccidere è la cosa più naturale del mondo. Siamo creati per farlo". Ma la pistola sequestrata a P fa cilecca e i due amanti, nel vicolo dietro casa di Seligman, si prendono gioco di Joe: Jerome la picchia a sangue, poi fa sesso con P davanti a lei (secondo il già tanto celebrato 5+3 del primo film) e, infine, P conclude la mortificazione di Joe con una "pioggia dorata" sul suo corpo, ultima delle perversioni inanellate nel racconto.
A Seligman non resta che far riposare Joe, che lo definisce il suo unico amico, un amico che però si lascia andare ad un istinto che gli sarà fatale...
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Von Trier non genera simpatia con le sue idee a dir poco reazionarie: a dimostrarlo, come nella prima parte del film lo aveva fatto il suo antisemitismo, basterebbe qui il dialogo tra Seligman e Joe sui "negri", come li chiama la donna, eludendo il politically correct, poiché "ogni volta che si toglie una parola dal vocabolario, si toglie un mattone dalla democrazia", ma anche una sostanziale misoginia e una sorprendente ignoranza, che lo porta a considerare tra le deviazioni sessuali, di cui in maniera quasi maniacale tenta di offrire un freddo campionario, anche l'omosessualità (sic!). Eppure in questo film, von Trier si lascia andare ad una maggiore ironia, peraltro rinunciando all'ossessivo uso della mdp a mano, elementi che rendono questa seconda parte più piacevole della prima.
Questo non toglie che il personaggio di K, che nel suo sadismo è così matematico, sembra essere l'alter ego sessuale del regista danese: non si fa fatica a vederlo sul set con lo stesso atteggiamento di questo ragazzo, attento ai dettagli, maniacale, alla ricerca di un'implacabile perfezione, che però dà la sensazione di nascondere sempre qualcosa di poco sano a monte...
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