sabato 20 maggio 2023

Toro scatenato (Scorsese 1980)

Il corpo di Robert De Niro chiuso in una cella, tra ombre, molte, e squarci di luce, pochi, che lo illuminano. È la sequenza più simbolica del film, quella che riassume la vita fatta di contrasti di Jake LaMotta, campione dei pesi medi, pugile professionista dal 1941 al 1954, grande rivale di un mito del ring come Sugar Ray Robinson.
Martin Scorsese trasse il soggetto dall'autobiografia dello stesso pugile, Raging Bull: My Story (1970), che venne adattata dalla sceneggiatura di Paul Schrader e di Mardik Martin. La pellicola venne girata in bianco e nero, poiché nell'immaginario collettivo le immagini di LaMotta - sui giornali e in tv - erano così, e il direttore della fotografia, Michael Chapman, dichiarò di essersi ispirato ai fotografi degli anni '40 di Life. Toro scatenato resta ancora oggi, indubitabilmente, uno dei massimi capolavori di Martin Scorsese, uno di quelli in cui la sua poetica è espressa nella maniera più cristallina, in cui il suo cinema dà il meglio di sé, con i temi a lui più cari: successo, fallimento, espiazione in senso cristiano e redenzione. La storia di Jake LaMotta è quella di un grande perdente, e i loser non fanno la storia (anche se non sempre), ma fanno letteratura e, in questo caso, splendido cinema (trailer).
Un inizio epico che resta nella memoria di ogni spettatore e nella storia del cinema, con De Niro-LaMotta che saltella sul ring, con il suo inconfondibile accappatoio maculato, con il cappuccio tirato su, al ralenti, mentre in sottofondo si sentono le note di Intermezzo della Cavalleria rusticana. Poi, una sequela di scene madri, che alternano momenti della carriera a quelli della vita privata, non esattamente da atleta, del pugile newyorchese. Alti e bassi vertiginosi di chi trova nel successo e nella ricchezza una rivalsa sociale senza però avere i mezzi per gestirli. 
Toro Scatenato è il film di Robert De Niro, con cui vinse il secondo e per ora ultimo Oscar (il primo era stato quello da nono protagonista per Il padrino II - Coppola 1974), quello per il quale mise in atto un'immedesimazione esemplare da Actors studio, ingrassando trenta chili e allenandosi con lo stesso LaMotta. Fu lui, inoltre, a convincere Scorsese, per molto tempo indeciso se portare avanti o meno il progetto, ma alla fine decise di procedere quando, dopo gravi problemi di salute, specchiò la propria vita in quella di LaMotta.
Robert De Niro con Jake LaMotta
La vicenda biografica autodistruttiva di un fallimento non convinceva nemmeno i produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff, che qualche anno prima avevano prodotto Rocky (Avildsen 1976) facendo incassare alla United Artists ben 110 milioni di dollari. Alla fine Toro scatenato e Rocky II (Stallone 1979) vennero girati in contemporanea, proprio per quella major che poi fallì nel 1981 dopo il 'meraviglioso disastro' de I cancelli del cielo (Cimino 1980). Paul Schrader - già sceneggiatore di Taxi Driver (1978) - trasformò l'idea iniziale di Scorsese, eliminando la parte introduttiva ambientata in riformatorio e partendo dalla fine per poi tornare indietro attraverso i flashback. E il secondo Oscar vinto dal film fu proprio quello di Thelma Schoonmaker per il montaggio.
La storia si dipana dal 1964, quando ormai il "Toro del Bronx" aveva smesso da dieci anni e, tra soldi, donne e alcol, dissipava il suo patrimonio, divertendosi anche come cabarettista nel suo locale, dal nome non certo fantasioso, il Jake LaMotta's, e rimonta fino al 1941, anno dell'esordio sul ring.
Il monologo davanti allo specchio del suo camerino, prima di andare in scena è un piccolo capolavoro di malinconia scorsesiana. È qui che vediamo De Niro ingrassato a dismisura e il suo Jake che fa battute sul ruolo dell'attore, Shakespeare e i propri vizi, "il mio regno per un cavallo... sono sei mesi che non ne becco uno", e una filastrocca indimenticabile subito dopo, che gioca tra il proprio passato e il proprio presente, "Ma io non sono Olivier, anche se mi farebbe piacere. 
E poi lo vorrei vedere sul quadrato a recitare: se con Sugar si misurasse, chissà quante ne pigliasse! Per cui datemi un’arena giacché il Toro si scatena, perché oltre al pugilato sono attore raffinato! Questo è spettacolo!" (la cito nella versione italiana, quella con cui ho conosciuto questo film, con l'inconfondibile voce di Ferruccio Amendola).
Nel monologo, peraltro, Scorsese fa citare al suo protagonista anche Laurence Olivier e, soprattutto, Tennesse Williams e Marlon Brando in Fronte del Porto ( Kazan 1954). È solo il primo dei tanti segni cinefili del regista di New York, grande appassionato del cinema di Elia Kazan.
E subito dopo quel monologo un gong dà inizio allo spettacolo cinematografico, perché è quello che ci proietta dal 1964 al 1941, con Jake sul ring all'inizio della sua carriera da pugile.
Vive nel Bronx ed è sposato con una ragazza ebrea, con cui ha una relazione fatta di continui litigi: lei gli tiene testa e risponde alle sue offese urlando quanto lui. Vedere De Niro in canottiera in un appartamento di quel quartiere fa pensare istintivamente a Bronx (1993), quando il suo Lorenzo Aniello, padre di Calogero, vestiva gli stessi panni nel medesimo contesto urbano e familiare.
Al fianco di De Niro, una straordinaria spalla come Joe Pesci, che interpreta Joey, il fratello e manager di Jake. Il personaggio è perfetto per l'attore di Newark, sottomesso al fratello che ama ma in fondo invidia per il successo e per le donne. Non a caso è lui che presenta a Jake la bellissima Vicky (Cathy Moriarty), con cui lui è uscito qualche volta senza riuscire ad andare oltre le chiacchiere e la cena. Per sposare lei il giovane campione dei pesi medi lascerà la moglie.
Joey è anche amico di alcuni membri della mafia, come il boss Tommy Como (Nicholas Colasanto) e Salvo (Frank Vincent), e vorrebbe favorire gli affari tra loro e Jake, ma quest'ultimo non è uomo da regole né da compromessi. Un equilibrio sottilissimo che infatti non durerà, tanto più che anche Vicky è legata a quell'ambiente.
Le prime occasioni in cui Jake vede Vicky sono delle vere e proprie visioni: Scorsese ricorre di nuovo al ralenti, ma ogni dettaglio è curato con attenzione, cosicché la ragazza appare sfolgorante, con un incedere sensuale e una classe infinita, che trova nell'acconciatura con retina degna di una dama del Rinascimento il suo punto più alto. Così come il momento delle presentazioni, che avviene tra l'imbarazzo di entrambi e con una rete di recinzione - quella della piscina in cui è la ragazza - che li divide.
A contrastare con tutta questa bellezza, la gelosia, il razzismo, l'ignoranza e la violenza, solo alcuni degli elementi che delineano il contesto sociale e culturale in cui si muovono i personaggi. A Joey spetta l'accesso di rabbia esplosiva, tipico di altre sue famose interpretazioni (su tutte l'omicidio del giovane Spider in Quei bravi ragazzi, 1990 - vedi). Anche questa è una delle scene importanti del film: l'aria è tesa, Salvo è carino con Vicky in una serata al Copacabana in cui Jake non c'è. Joey, fino ad allora sempre rispettoso del gruppo di italiani poco rispettabili, impazzisce di gelosia improvvisamente e si avventa su Salvo colpendolo ripetutamente e in tutti i modi, persino chiudendo parte del suo corpo tra sportello e scocca dell'auto. 
Jake non ha mai amato quel gruppo di potenti mafiosi di New York e, in un'altra scena, quando offrono da bere al tavolo della sua famiglia, si avvicina a loro con molta svogliatezza e il botta e risposta con Salvo è uno di quelli significativi: il puglie tra il serio e il faceto gli dice frasi come "vi ammazzo di botte", "vi lascio a fottervi sul ring" (in una delle tante frasi omofobe dei personaggi), e alla risposta di Salvo, "no, mi sporco di sangue", la replica di Jake è ancora più ficcante, "be', tu ci sei abituato". Eppure, nonostante tutto, Jake non potrà stare così lontano da quel mondo, perché come dice Tommy a Joey, "non arriverà a fare il mondiale, perché senza di noi non ce la fa".
Molto bello l'incipit della sequenza in cui Tommy, per mettere pace dopo lo scontro, convoca Joey e Salvo, ancora fasciato per le percosse, al Debonair: Scorsese si lascia andare alla poesia, stile Ozu, inquadrando una serie di dettagli in campo vuoto, privo di personaggi, passando dalla pioggia battente ai piatti e alle tazze del locale.
Tra i fattori culturali più determinanti del soggetto c'è la religione cristiana, come sempre nelle opere del regista newyorchese, che ha sempre dichiarato che nel suo quartiere avrebbe potuto scegliere se diventare un malvivente o un sacerdote e che alla fine, ha scelto la terza via, il cinema. 
A ricordarcela, quadri e immagini della scenografia: nell'appartamento del padre di Jake vediamo, ad esempio, sant'Antonio da Padova e un rosario, ma in un'altra sequenza tutto è ancora più evocativo. Si tratta del momento in cui Jake è in camera con Vicky e, per evitare di cedere al sesso a poche ore da un match importante - mentre la donna lo seduce ("mi piace l'odore della palestra") - si alza dal letto e si versa nello slip un'intera brocca di acqua e ghiaccio: sulle pareti della stanza, ai lati della porta del bagno, ci sono due quadri con Gesù e la Vergine.
Gli incontri, come detto, si susseguono inframezzati dalla vita quotidiana. Si va dal 1941 a Cleveland al 1943 a Detroit, la prima e unica vittoria dei sei combattimenti contro Sugar Ray Robinson, sbalzato dal ring in un ko storico, fino al famoso match contro Billy Fox del 1947, in cui LaMotta passò il tempo a farsi colpire perdendo appositamente, per poi piangere nello spogliatoio, un favore alla mafia che gli permetteva di accedere alla sfida per il titolo mondiale, come dichiarò anni dopo.
E, in effetti, nel 1949 a Detroit arrivò la cintura di campione del mondo, vincendo contro Marcel Cerdan. Infine, la conclusione dell'eterna sfida tra La Motta e Ray Robinson con il cosiddetto "Massacro di San Valentino" del 14 febbraio 1951, quello che segnò la fine della carriera del Toro del Bronx. Qui Scorsese mostra il combattimento senza lasciare nulla alla fantasia dello spettatore: coinvolge lo spettatore con la soggettiva dagli occhi di Jake, colpito ripetutamente, e carica di violenza ogni dettaglio, mostrando fiotti di sangue, che raggiungono persino i volti dei membri della giuria. Alla fine della terribile sequenza, la mdp scorre con una lenta panoramica lungo le corde del ring fino a fermarsi davanti ad una macchia di sangue che gocciola ancora: il resto è sfocato, rimane solo quella chiazza di sangue e le gocce che cadono, così come cadevano dai guantoni e, più copiose, dalla spugna. Questo estremo realismo che sconfina nel pulp e che viene accresciuto dal sonoro amplificato, avrà tanti epigoni nel cinema successivo, basti pensare a quello che farà, più di vent'anni dopo, Mel Gibson in The Passion (2004).
E il parallelo cristologico, come già visto, non può sorprendere in un film di Scorsese, che peraltro chiude la sua opera con un epitaffio evangelico tratto dal vangelo di Giovanni, sul miracolo della guarigione del cieco: "Quindi, per la seconda volta, [i farisei] convocarono l'uomo che aveva è stato cieco e ha detto: 'Dì la verità davanti a Dio. Sappiamo che quest'uomo è un peccatore.' 'Che sia o no un peccatore, non lo so'. L'uomo rispose. 'Tutto quello che so è questo: ero cieco e ora posso vedere' " (Gv 9, 24-26). La frase ben si adatta alla vita di LaMotta, ma è soprattutto un omaggio personale di Scorsese ad Haig P. Manoogian (1916-80), uno dei suoi maestri di cinema, morto poco prima dell'uscita di Toro scatenato, colui che di fatto gli ha insegnato a "vedere".
La colonna sonora, come sempre in Scorsese, ha un grande ruolo e non si limita ad accompagnare le scene. Oltre a Intermezzo della Cavalleria rusticana, c'è anche l'italiano Carlo Buti in Vivere, e poi tanti altri brani che precisano il contesto, da quelli di inizio Novecento, come Prisoner Of LoveCow cow boogie Just a Gigolo ai contemporanei, come Bye Bye Baby cantata da Marylin Monroe o Mona Lisa da Nat King Cole.
Tornando alla pellicola e alla splendida regia, la mdp volteggia con panoramiche a schiaffo dal ring al pubblico e viceversa, rotazioni a 360°, carrelli che vanno dal grande al piccolo, fino al dettaglio, come in un film di Alfred Hitchcock, ma con tanta velocità in più. Per conferire più dinamismo alle sequenze del ring, Scorsese ricorse anche ai dolly.  Infine, in una delle prime scene di Joey e Jake, la mdp segue il dialogo dei due fratelli dal piano del tavolo.
Jake e Vicky si sposeranno e avranno figli, così come Joey e Lenore (Theresa Saldana). Scorsese non è particolarmente interessato ai momenti di felicità e riassume tutta questa fase di fidanzamento, matrimonio, viaggi di nozze, in un montaggio con filmati che fingono le riprese amatoriali di una cinepresa di famiglia. L'espediente e lo stile rimanda immediatamente ai titoli di testa di Mean streets (Scorsese 1973 - vedi).
Ciò su cui, invece, si sofferma è la fase dopo la stabilizzazione di queste relazioni, quando Jake e Joey tireranno fuori il peggio di se stessi quanto a sessismo e maschilismo, con il paradosso che Joey tenta persino di rabbonire il fratello pur essendo fatto della stessa pasta.
È l'inizio del tracollo, tutto andrà velocemente a rotoli: nella carriera, poiché una volta raggiunta la vetta del mondiale, Jake non sarà più in grado di rimanere a quei livelli, ammansito dal lusso e dagli agi della ricchezza (auto, televisione, cibo, locali); in famiglia, poiché gelosia e irrequietezza prenderanno il sopravvento, fino alla separazione da Joey e poi anche da Vicky. Lo scontro, violentissimo, tra Jake e Joey è un altro momento scorsesiano ben riconoscibile: il pugile, ormai in piena crisi da gelosia ossessiva, raggiunge il fratello in casa mentre pranza con moglie e bambini e lo trascina a terra per picchiarlo davanti ai loro occhi.
Alcune curiosità. Ad una delle domande inquisitorie di Jake, che non si fida mai della moglie, Vicky risponde che era al cinema a vedere Il padre della sposa (Minnelli 1950), forse non un caso che Scorsese scelga di citare un film che affronta il matrimonio in maniera serena e idealista, l'opposto di quello che sta vivendo la ragazza. E anche Vicky, alla fine, non ne potrà più di tutto questo e, come in una caccia alle streghe, proromperà confessando quello che non è mai accaduto, nella maniera verbalmente più violenta, unico modo di vendicarsi delle angherie subite ("me li sono fatti tutti", "gliel'ho preso in bocca a tuo fratello... e ce l'ha anche più grosso del tuo").
Turturro nella sua prima apparizione cinematografica
Tra i dettagli da non farsi sfuggire, in una breve scena del film compare, al tavolo con Jake, Joey e altri amici, un giovanissimo John Turturro, al suo primo ruolo in carriera, mentre con il gruppo di Tommy Como c'è anche Charlie, interpretato da Charles Scorsese, il padre di Martin.
Impossibile, infine, non notare la cinefilia del regista, quando Vicky compare con uno chignon alla Kim Novak de La donna che visse due volte (Hitchcock 1958).
Sarebbe limitante cnsiderare Toro scatenato solo un film sul pugilato, eppure probabilmente è il più grande film sul pugilato mai girato!
 

Il sangue sulla giuria
Salvo e Joey davanti a Tommy dopo lo scontro

Nessun commento:

Posta un commento