sabato 4 febbraio 2017

La La Land (Chazelle 2016)

Il film di Damien Chazelle è sulla bocca di tutti, forte delle sue quattordici candidature ai prossimi Oscar, un biglietto da visita che stroncherebbe anche pellicole di ben altro spessore. L'orizzonte di aspettative di qualsiasi spettatore è enorme ed un discreto musical, pur strizzando l'occhio ai grandi classici di uno dei generi autoctoni del cinema statunitense (insieme al western e ai gangster movie), non può diventare automaticamente Singing in the rain o West side story grazie all'incetta di nomination (trailer).

La cinefilia di La la land è una delle cose migliori del film, buona parte delle musiche di Justin Hurwitz funziona e, anche se all'uscita dal cinema ci si ritrova a canticchiare City of stars,  resta difficile definirlo indimenticabile. Quanto all'Oscar, pensare che tra i nove migliori film dell'anno non ci sia posto per Silence di Scorsese dimostra quanto siano "particolari" le scelte dell'Academy...
Hollywood. Mia (Emma Stone) è un'aspirante attrice, che alterna provini per film e serie tv ad un lavoro come barista all'interno degli studios. Sebastian (Ryan Gosling) è un jazzista che combatte quotidianamente per il suo ideale musicale, messo a dura prova dal fatto che uno dei suoi preferiti jazz bar si sia trasformato in un samba tapas bar.
Il caso sembra aver deciso per loro: continuano ad incontrarsi con una certa regolarità e ogni volta si avvicinano di più finché decidono di iniziare a vedersi per scelta. La loro storia sulle prime andrà benissimo, ma le diverse aspirazioni che porteranno ciascuno a pensare prima a se stesso pian piano logoreranno il rapporto... il successo arriverà per entrambi, ma l'amore sembra essere stato ormai sacrificato.
Il film, diviso in stagioni, inizia nell'assolato inverno californiano, descritto da una bella sequenza in cui il traffico congestionato di una tangenziale di Los Angeles dà la possibilità di cantare e ballare a tutti gli autisti: una situazione che nel realismo di ogni altro genere cinematografico sarebbe stata fonte di stress diventa piena leggerezza, c'è qualcosa che fa più musical di questo? Le tante auto colorate da cui proviene la musica, peraltro, fanno pensare ad American Graffiti (Lucas 1972).
Da qui vediamo prima la giornata di Mia e poi, tornando indietro, quella di Sebastian, con il loro primo incontro, non proprio amichevole, che avviene proprio su quella tangenziale, dove Sebastian guida una decappottabile vintage con tanto di cruscotto in radica e una radio-mangianastri.
Mia, che vive in un appartamento con altre ragazze, in cui vicino al suo letto giganteggia un enorme poster di Ingrid Bergman, continua ad incontrare Sebastian: lo vede suonare in un locale da cui viene licenziato quella stessa sera (a farlo è Bill, interpretato da J.K. Simmons, attore straordinario nel precedente film di Chazelle, Whiplash, 2014, anch'esso incentrato sul jazz) e poi in primavera durante una festa in una villa con piscina, dove il ragazzo sta ancora suonando con un gruppo per intrattenere gli invitati.
Da lì andranno via insieme e, davanti al panorama di una Los Angeles illuminata, si ritroveranno a ballare il tip tap non prima che Sebastian abbia danzato attorno ad un lampione, in una sequenza che rappresenta un evidente omaggio a Cantando sotto la pioggia (Donen - Kelly, 1952).
Anche una semplice passeggiata fuori dal bar in cui lavora Mia è l'occasione per parlare di cinema, poiché proprio lì di fronte c'è la finestra da cui si sono affacciati Ingrid Bergman e Humphrey Bogart in Casablanca (Curtiz 1942), e uno dei provini che la ragazza sta per affrontare potrebbe darle una parte in qualcosa che lei definisce prima a metà tra Pensieri pericolosi (Smith 1995) e la serie tv The O.C. (2003-2007) e poi paragona addirittura a Gioventù bruciata (Ray 1955). Il capolavoro di Nicholas Ray, di cui Sebastian cita la celebre battuta di Jimmy Dean "avevo io i proiettili", è il primo film che i due vedranno al cinema insieme e nel prosieguo di quella serata andranno persino all'Osservatorio del Griffith Park, una delle location del film, all'interno del quale danzeranno sotto la volta stellata del planetario, mentre Sebastian farà volare Mia come Woody Allen faceva con Goldie Hawn in Tutti dicono I love you (Allen 1996).
Va, inoltre, sottolineato che il loro primo appuntamento è possibile nonostante Mia quella sera abbia un impegno con il fidanzato e i cognati, dai quali si libera con un semplicissimo "scusate" che non causa alcuna conseguenza. La leggerezza è l'atmosfera in cui si muove sistematicamente un musical!
Oltre ai riferimenti cinematografici, la sceneggiatura piazza qualche frase ad effetto: l'amico Keith (John Legend) critica Sebastian per il suo intransigente rigore nei confronti della musica, "quell'altro non era bravo come te, ma tu rompi troppi il cazzo, fratello"; oppure Mia rimane perplessa proprio quando Sebastian accetta il compromesso di ottenere il successo con un gruppo che non suona esattamente il suo genere e gli dice che "la gente ama quelli che hanno una passione perché gli ricorda quello che hanno dimenticato". 
Il finale, caratterizzato da una profonda malinconia ancora decisamente alleniana, ci offre un lungo flashback in cui rivediamo l'intero film attraverso le possibilità perse dai due... in pochi secondi scorre davanti agli occhi dello spettatore e dei protagonisti tutto quello che sarebbe potuto succedere e che non è accaduto, secondo uno schema alla "sliding doors". 
In questo brano spicca anche la bellissima sequenza bidimensionale in cui i protagonisti volteggiano sullo schermo come semplici silhouette, formalmente impeccabile.
È l'ennesima dimostrazione di una confezione perfetta, indubbio merito, per un film che però non può esserlo; Ryan Gosling non è Gene Kelly e Emma Stone né Leslie Caron né Debbie Reynolds. La nostalgia per il cinema classico rimane, gli iris per le dissolvenze e le citazioni dei capolavori del musical non bastano...

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