L'intera pellicola di Giuseppe Gaudino gioca sull'ambiguità: non solo quella che vediamo negli occhi di Anna "capasciacqua" (in napoletano chi fa cose senza pensare alle conseguenze), continuamente divisa tra realtà e immaginazione, realtà e onirismo, ma anche quella degli altri personaggi, le cui azioni non corrispondono sempre a ciò che sembrano essere...
Leggi la trama:
Anna (Valeria Golino) lavora come gobbo televisivo, ruolo in cui ha appena sostituito il più anziano, nonché suo mentore, Ciro (Salvatore Cantalupo), che la aspetta tutti i giorni all'uscita per ricordarle di avergli fatto le scarpe. Perlopiù è impegnata nello studio in cui si gira una soap che ha per protagonista la star del piccolo schermo Michele Migliaccio (Adriano Giannini), al cui corteggiamento non è insensibile.
La vita privata di Anna è complicata: ha un marito violento e malavitoso, Luigi Scaglione (Massimiliano Gallo), che si arricchisce con l'usura, e tre figli, due femmine, Cinzia e Santina, e un maschio, sordo, Arturo; i genitori sono anziani e riversano su di lei tutte le responsabilità, anche perché suo fratello Salvatore è decisamente inaffidabile. Eppure Anna, sin da bambina, ha dovuto subire il ruolo di vittima sacrificale, fin da quando per evitare il riformatorio a Salvatore fu costretta dai suoi a confessare un furto non commesso, e da allora non sembra aver più smesso, mettendo sempre se stessa in secondo piano fino a diventare " 'na cosa 'e niente"...
_____________________
Il film è ipertrofico e la continua accumulazione di elementi lo rende disordinato: musica, letteratura (Anna cita anche il "per me si va nella città dolente..." del terzo canto della Divina Commedia), tragedia greca, cinema, televisione, religione, psicologia, fanno da sfondo alle visioni estatiche e alla realtà di Anna, costretta al bianco e nero, che raramente si apre ai colori con squarci di cielo e di mare. Una trovata, quest'ultima, funzionale a rendere la vita grigia e il sentimento di sconfitta della donna di fronte alla supina e ignava accettazione delle truffe del marito nei confronti della povere gente come unico mezzo di sostentamento familiare. Un compromesso per l'amore dei figli che ormai è stanca di tollerare...
Valeria Golino è bravissima (meritata la Coppa Volpi come miglior interpretazione femminile), ma è costretta quasi da sola a sostenere l'intero carrozzone messo in piedi da Giuseppe Gaudino per narrare una storia in fondo piuttosto lineare.
La mdp di Gaudino, che non perde mai di vista la protagonista, come quando gira per i corridoi degli studi televisivi alle spalle di Anna, assume spesso i caratteri espressionisti nelle soggettive della donna: su tutte quelle all'interno dell'autobus, luogo simbolico in cui affiorano tutti gli incubi di Anna e dove gli altri viaggiatori assumono sembianze surreali e mostruose, oppure nella discesa nella cripta, dove la madre impone ad Anna di ossequiare religiosamente la "grazia ricevuta" - per aver ottenuto il lavoro - con un bacio ad un teschio.
La cinefilia del regista emerge proprio in quelle immagini surreali sull'autobus, in cui uno dei personaggi è più di una semplice evocazione del mefistofelico uomo misterioso interpretato da Robert Blake in Strade perdute (Lynch 1997); così come un'altra figura più avanti sembra la reincarnazione di Laura Betti.
Allo stesso modo, anche le sequenze di seduzione da parte di Michele nei confronti di Anna, si svolgono in luoghi che rimandano a celebri pellicole del passato: in un canneto ad un passo dal mare, che ricorda quello del Tevere della famosa sequenza di Bellissima (Visconti 1952), in cui Walter Chiari, ambiguo come il personaggio di Giannini ma decisamente più giocoso, tentava di sedurre senza successo una magnifica Anna Magnani, e sulla bocca di un cratere, proprio come la Ingrid Bergman di Stromboli (Rossellini 1950).
Allo stesso modo, anche le sequenze di seduzione da parte di Michele nei confronti di Anna, si svolgono in luoghi che rimandano a celebri pellicole del passato: in un canneto ad un passo dal mare, che ricorda quello del Tevere della famosa sequenza di Bellissima (Visconti 1952), in cui Walter Chiari, ambiguo come il personaggio di Giannini ma decisamente più giocoso, tentava di sedurre senza successo una magnifica Anna Magnani, e sulla bocca di un cratere, proprio come la Ingrid Bergman di Stromboli (Rossellini 1950).
La musica è un'altra protagonista indiscussa della pellicola. Fanno parte della stessa struttura filmica le affabulazioni vernacolari che approfondiscono la storia di Anna, come se si trattasse del coro di una tragedia greca, e che sono state composte e cantate appositamente per il film dagli Epsilon Indi, rifacendosi alla tradizione dei cantastorie: si va da L'aucelluzzo e La canzone di Anna che introducono la vicenda, alle strumentali Tempo, Per amor vostro o la più mistica Lascia che io pianga, rivisitazione dell'aria di Haendel.
Se questi sono indubbiamente i pezzi più caratterizzanti, la musica torna spesso e in più di un'occasione sostituisce i dialoghi: Luigi accenna versi da cantante neomelodico in risposta alla rabbia di Anna che vorrebbe allontanarlo da casa; una delle figlie, scoperta a letto con il fidanzato, nel litigio conseguente, canta alla madre Ma non per te, versione italiana della celebre But not for me, composta da George Gerswhin per il musical di Broadway Girl Crazy (1930), dov'era cantata da Ginger Rogers e poi, nella versione cinematografica (Taurog - Berkeley 1943), da Judy Garland (ma nota anche negli adattamenti di Chet Baker, Ella Fitzgerald, ecc.); il figlio muto, infine, interpreta il personaggio di Juanita Banana nella versione del Quartetto Cetra, con tanto di trecce come nel video di Henri Salvador (vedi). Anna, infine, si mostra particolarmente affezionata ai brani del famoso gruppo canoro italiano, cosicché Michele le regalerà proprio un cd del quartetto.
Il melodramma partenopeo funziona a mezzo servizio e alla fine il risultato è davvero eccessivo, sopra le righe, con troppi registri sovrapposti, cosicché ciò che resta di più nella memoria dello spettatore è l'interpretazione di Valeria Golino, di gran lunga la cosa migliore del film.
Il melodramma partenopeo funziona a mezzo servizio e alla fine il risultato è davvero eccessivo, sopra le righe, con troppi registri sovrapposti, cosicché ciò che resta di più nella memoria dello spettatore è l'interpretazione di Valeria Golino, di gran lunga la cosa migliore del film.
Nessun commento:
Posta un commento