martedì 20 ottobre 2015

Non essere cattivo (Caligari 2015)

Il film, dalla difficile gestazione, è uscito nelle sale dopo la scomparsa del suo regista, Claudio Caligari, e grazie all'interessamento, tra gli altri, di Valerio Mastandrea che ha svolto il ruolo di produttore. Proprio l'attore romano, già protagonista de L'odore della notte (Caligari 1998), nell'ottobre del 2014, aveva scritto una lettera a Martin Scorsese per supportare la pellicola del regista, senza ottenere il risultato sperato (leggi). E, nonostante l'ambientazione pasoliniana - la storia si svolge a Ostia e vede protagonisti ragazzi del proletariato urbano, in quella che è piuttosto una compiaciuta autocitazione di Amore tossico (1983) -, in effetti, la pellicola ricorda molto più da vicino dinamiche di alcuni film del cinema del cineasta italo-americano e in particolar modo Mean Streets (1973).

La storia di amicizia fraterna tra Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Marinelli), con il primo più razionale e il secondo più istintivo e passionale, non può non far pensare a quella di Charlie (Harvey Keitel) e Johnny Boy (Robert De Niro) del capolavoro scorsesiano. Cesare, come Johnny, ha una difficile situazione familiare: sua sorella è morta di aids, contratto a causa del compagno, ed è malata anche la sua bambina, Deborah, che ora vive con la nonna, anziana e vedova. A loro due è rivolto l'affetto di Cesare, che prova a provvedere come può vivendo di espedienti e spacciando droga insieme a Vittorio. Se quest'ultimo, però, proverà a mettere la "testa a posto", grazie anche all'amore per Linda (Roberta Mattei), con cui inizierà una relazione lasciando Viviana (Silvia d'Amico) per cui Cesare ha sempre avuto un debole, e cercando lavori onesti in cui tenterà di coinvolgere anche il suo migliore amico, per Cesare e il suo carattere impulsivo, oberato dalla sofferenza dei suoi affetti più cari, l'impresa sarà ben più ardua.

La conferma del costante riferimento a Mean Streets arriva anche dalla regia, soprattutto nella sequenza in cui i due amici, dopo una scazzottata in cui sfogano le loro difficoltà e allo stesso tempo l'affetto reciproco, si abbracciano sfiniti a terra: la mdp inizia a girare e la luce rossastra del locale domina l'inquadratura, proprio come nell'illustre precedente. E ancora al regista di Little Italy deve molto la scena al ralenti che mostra una carta da gioco usata per preparare le dosi di cocaina, che sembra uscire direttamente da Quei bravi ragazzi (1990) o da Casinò (1995), nonché il finale che occhieggia a Taxi driver (1976).
I due attori sono bravi: Vittorio-Borghi alterna i momenti di lucidità e razionalità alle espressioni spiritate causate dalla droga (e a tratti ricorda Tobey Maguire), mentre a Cesare-Marinelli, che spesso indossa un cappello che lo rende una sorta di drugo kubrickiano del litorale romano, vengono lasciati gli eccessi del "ribelle senza causa", che sembrano condensare molti personaggi di De Niro (oltre ai già citati, la sua immagine seduta e dormiente a terra, poggiato sul fucile, evoca il giovane Loyd che De Niro interpretava ne Il clan dei Barker - Corman 1970)

La pellicola, però, non brilla e, dopo un inizio promettente, va via via perdendo di intensità fino a banalizzarsi con schemi narrativi abusati e che indugiano verso una deriva sentimentalista.
La prima parte, con la descrizione del gruppo di amici, la loro vita tra pasticche, droga, spiagge e desolazione, con tanto di calci ad un pallone - questo sì decisamente pasoliniano - è indubbiamente la cosa più riuscita della pellicola. In questa fase si segnala anche un bel dolly che inquadra il bar del litorale dove si ritrovano i protagonisti, in un movimento che si ripeterà almeno in un altro caso, quando Vittorio sarà costretto a fermarsi alla guida della sua golf, perché convinto, a causa dell'effetto della droga, che la carreggiata sia occupata da un pullmann da cui scendono uomini e donne anni '70, nonché una ragazza-sirena degna dell'immaginario felliniano.
Dal regista riminese, Caligari riprende anche la mitica pernacchia di Alberto Sordi ai lavoratori, qui "interpretata" da Brutto, uno dei ragazzi che ruotano attorno a Cesare e Vittorio, quando vede quest'ultimo uscire dal cantiere in cui sta lavorando come manovale.
Tante, infine, le frasi tipicamente romane che costellano il film: si va da Vittorio che dice al figlio di Linda, Tommasino, a cui la professoressa ha chiesto di scrivere un tema su quello che succede in casa, "se vò ffa' i cazzi nostri!", ad almeno un paio di commenti degli amici a Cesare: il primo che stempera la sua vena romantica davanti al mare, con un "a Ce', nun lo guarda' er mare, ché te vengono i pensieri"; il secondo che sintetizza la sua brutta cera con un esilarante "me pari Cristo er giorno prima de Pasqua!"
Ma per tutto questo non scomodiamo Accattone o Mamma Roma...

Nessun commento:

Posta un commento