Ironia, americanismo stemperato da irriverenza, Rambo, disco music, Cast Away, un ottimo cast, ovviamente 2001 Odissea nello spazio, parecchio MacGyver, fino ad Ironman: mescolate tutto insieme e guarnite con il faccione di Matt Damon in cima e otterrete l'ultimo film di Ridley Scott, capace di incollarvi alla poltrona per quasi due ore e mezza in cui lo schermo sarà il vostro unico problema.
Tratto dall'omonimo romanzo The martian (trad. it. L'uomo di Marte) di Andy Weir, la storia di Robinson Crusoe o, se preferite, di Cast Away (Zemeckis 2000), non è certo la più originale anche se trasferita nello spazio, ma la vicenda di Mark Watney (Matt Damon) abbandonato su Marte dall'equipaggio della navicella Ares 3 poiché creduto morto in seguito ad una tempesta, funziona e funziona bene.
Mark è un astronauta con specializzazione da botanico e di fronte all'inevitabile rischio di terminare le provviste, riesce a creare una serra e a coltivare patate che gli permettono sopravvivere per mesi e mesi: fin qui l'onnipotenza statunitense, a cui si aggiunge, peraltro, la scena in cui il protagonista si cuce la ferita all'addome, proprio come facevano John Rambo nel primo film della serie (Rambo, Kotcheff 1982) e Anton Chigurth - Javier Bardem in Non è un paese per vecchi (Coen 2007), ma allo stesso tempo per accendere un fuoco in un ambiente ignifugo per eccellenza, trova come unica soluzione, degna di un MacGyver in versione davvero irriverente, quella di usare un piccolo crocifisso di legno lasciato lì da uno dei suoi colleghi... e, ancora, il soggetto stesso è decisamente poco esaltante per i successi statunitensi, dato che un membro di un equipaggio viene abbandonato su Marte e l'aiuto della Cina sembra indispensabile.
Sulla Terra, nel frattempo, dopo aver celebrato il funerale di Mark, i dirigenti della NASA Teddy Sanders (Jeff Daniels), Vincent Kapoor (Chiwetel Ejiofor) e Mitch Henderson (Sean Bean), scoprono che è ancora vivo e decidono di non dire nulla ai compagni dell'equipaggio, in attesa del loro rientro che durerà mesi. A completare l'ottimo gruppo di attori, ci sono proprio i personaggi della spedizione: Melissa Lewis (Jessica Chastain), Rick Martinez (Michael Peña), Beth Johansenn (Kate Mara), Chris Beck (Sebastian Stan) e Alex Vogel (Aksel Hennie).
L'orchestrazione della vicenda, per quanto prevedibile, è avvincente, e Ridley Scott riesce a far emozionare e sussultare lo spettatore più di una volta, in un'impresa che per esempio non riusciva affatto al premio Oscar Gravity (Cuarón 2013). La regia è tutta nel ritmo dato alla pellicola, poiché si fa fatica a rintracciare importanti movimenti della mdp (uno dei pochi è segnato da una panoramica a 180° attorno a Mark in una delle ultime scene del film), e la fotografia di Darius Wolsky è ovviamente facilitata dalla splendida location di Uadi Rum, nota come Valle della Luna, a sud della Giordania, dove sono state girate le sequenze ambientate sul pianeta rosso.
A raccordare il tutto, un'imperversante e piacevole ironia, e non prendersi troppo sul serio in un film come questo è un indubbio pregio: Mark vede Happy Days nei momenti di relax e quando dalla Terra, con cui riesce a comunicare solo dopo altre ingegnose soluzioni, gli chiedono una foto, lui la scatta con i pollici in alto alla Fonzie; quando la NASA gli chiede di togliere dei pannelli alla sua navicella e di sostituirli con un telo di plastica, commenta "mi state lanciando in una decappottabile" - pur se proprio quella "innovazione" permette a Ridley Scott un paio di inquadrature bellissime in soggettiva sull'universo -; se il crocifisso di Martinez è un altro utile escamotage alla MacGyver, il regista e lo sceneggiatore Drew Goddard giocano ancora sulle credenze religiose quando in uno dei momenti di massima tensione, alla richiesta di Mitch "credi in Dio?", Vincent risponde "mia madre era induista e mio padre battista"e Mitch chiude con un fantastico "accettiamo aiuto da tutti".
Anche la musica, infine, viene usata con grande ironia: per tutto il film ascoltiamo brani disco, ennesima ripresa anni '70 che negli ultimi tempi è così in voga - che la sceneggiatura giustifica con quelli che Mark non manca di definire pessimi gusti del comandante Lewis. Si va da Don’t Leave Me This Way di Thelma Houston a Waterloo degli Abba, da Love Train degli O'Jays a Hot Stuff di Donna Summer fino all'immancabile I will survive di Gloria Gaynor (che ad esempio già chiudeva il recente Sarà il mio tipo, Belvaux 2015). Ovviamente, però, è lasciato a Starman di David Bowie l'onore di accompagnare il montaggio che sintetizza la preparazione della missione che potrebbe salvare il sedicente "pirata dello spazio", capace di essere anche un po' Ironman all'occorrenza...
Nessun commento:
Posta un commento