giovedì 8 ottobre 2015

Mommy (Dolan 2014)

Steve in un momento di massima libertà e di gioia si avvicina alla mdp e allarga fisicamente l'inquadratura...
Il film è iniziato da oltre un'ora e per tutto questo tempo la pellicola ha avuto uno strano formato quadrato, un rapporto di 1:1 che il regista dice di preferire perché non distrae lo spettatore dai personaggi, e così tornerà ad essere, fatta eccezione per un solo altro momento in cui accadrà nuovamente quanto descritto. Mai il formato della pellicola aveva avuto una relazione espressionistica con lo stato d'animo dei protagonisti di un film.
Trovate come queste entrano di diritto nella storia del cinema, al pari del bacio circolare di Vertigo o della mdp lanciata nel vuoto in Arancia meccanica, senza scomodare esempi dei pioneri del cinema, il cowboy che spara verso la camera in The great train robbery (Porter, 1903) o addirittura la locomotiva de L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (Lumière, 1895). Stavolta a farlo, però, è il giovanissimo regista canadese Xavier Dolan, nato nel 1989 e che, alla stessa età in cui Orson Welles realizzò Quarto potere (1941), è già al suo quinto film. Il paragone è davvero altisonante e non è pensabile di paragonare Mommy ad uno dei più grandi capolavori di sempre, ma il talento che dimostra Dolan è davvero incredibile alla sua età.

Il film racconta la difficile vita di Diane "Die" Després (Anne Dorval), giovane vedova ancora molto avvenente, e di suo figlio Steve (Antoine-Olivier Pilon), un adolescente con forme di autismo che l'improvvisa morte del padre ha peggiorato, aumentando la sua iperattività, il deficit di attenzione provocatorio oppositivo, e le conseguenti reazioni violente. 
Il contesto in cui tutto questo accade è un Canada di un futuro più che prossimo, il 2015, in cui il governo, con la legge S14, ha stabilito che i genitori possano internare in ospedali psichiatrici pubblici i figli con problemi. Steve, appena allontanato da un centro correzionale per aver causato un incendio, torna a stare con sua madre, e per la sua formazione scolastica verrà aiutato dalla vicina Kyla (Suzanne Clément). I miglioramenti di Steve e i momenti di felicità, però, non cancelleranno i problemi di fondo...   

Anne Dorval è straordinaria e riesce perfettamente a tradurre in espressione i continui mutamenti d'umore del suo personaggio, caratterizzato da una bellezza che affiora nonostante il cattivo gusto evidenziato da jeans con pallettes, unghie smaltate dagli improbabili colori e acconciature e abbigliamento costantemente sopra le righe. Seguiamo le sue sfuriate con la direttrice dell'istituto, con il nuovo capo che la rimuove dalla sua posizione; la sua dolcezza alternata alla durezza con Steve; la freddezza con Kyla che le annuncia di dover partire per Toronto e alla quale, in un significativo monologo, risponde, per non dover mostrare di soffrire, "io ne esco vincitrice". 
Antoine-Olivier Pilon è altrettanto bravo nell'interpretare i sentimenti di Steve, l'amore morboso per sua madre; l'affetto per Kyla dopo gli iniziali contrasti; ma soprattutto i tanti momenti in cui la sua "spontaneità" viene a galla: offende chiamando Kirikù un tassista di colore che ha fatto una battuta a Diane; prende a pugni un ragazzo per sfogare la sua rabbia contro Paul, l'uomo con cui Diane ha deciso di uscire soprattutto perché lavora al tribunale e potrebbe aiutare suo figlio. Paul, inoltre, quando si racconta a Diane le rivela di adorare Rocky Scarface, raro dettaglio metacinematografico nel film di Dolan.
Il rapporto tra madre e figlio è continuamente messo sotto la lente di ingrandimento, a partire dalla scena iniziale, dopo l'uscita dal collegio, con i due che mostrano tutta la loro complicità, tra battute e comportamenti fuori dagli schemi, ma anche in negativo con Steve che impazzisce quando la madre mette in dubbio che il ciondolo che le sta regalando - quello con la scritta Mommy - sia stato rubato e non acquistato. Insieme prendono in giro Kyla per la sue balbuzie

Anche i brani della colonna sonora, prevalentemente pop, sono ben scelti, in perfetta sintonia con l'umore dei personaggi e alternano Dido (White Flag) a Lana Del Rey (Born to die), i Simple Plan (Welcome to my life) a Sarah Maclachlan (Building a mistery), Beck (Phase) a Craig Armstrong (Childhood), gli Eiffel 65 (Blue - Da ba dee) ai One Republic (Counting stars), fino alla gloria nazionale canadese Celine Dion (i tre personaggi principali ballano On ne change pas che Steve definisce "un inno nazionale").
Tre pezzi più degli altri, però, legano la colonna sonora all'ottima regia di Dolan. Il primo è Colorblind dei Counting Crows, sulla cui lenta melodia vediamo Steve correre con lo skateboard con le cuffie alle orecchie, ma la particolarità è che quella musica non è intradiegetica, ed è in contrasto con quella che sta ascoltando il ragazzo, che finge di suonare la batteria su tutt'altre note. Il secondo è Wonderwall degli Oasis, che fa da sottofondo al montaggio che segna i progressi nella vita di Diane e Steve, durante la quale avviene il primo epocale ampliamento della pellicola già descritto, poi bruscamente interrotto. Il terzo è Experience di Ludovico Einaudi, che accompagna il montaggio che riproduce l'immaginazione di Diane che pensa a come potrebbe essere il futuro di Steve se tutto andasse bene, in una sequenza degna del miglior Terrence Malick: è questo il momento in cui il protagonista, più grande, viene interpretato da Dolan, ricreando il duo madre-figlio con la Dorval che era alla base della sua pellicola d'esordio (J'ai tué ma mère, 2009).
È l'ulteriore conferma che la regia di Dolan prevale su tutte le altre componenti, come dimostrano anche le parasoggettive con la mdp appena dietro la testa di Steve che segue il suo sguardo. Proprio in una di queste sequenze lo vediamo stonare ad un karaoke Vivo per lei di Andrea Bocelli e Giorgia in un crescendo in cui la mdp ci fa vivere in prima persona una furiosa gelosia che esploderà pochi momenti dopo, quando Steve non regge più alla scena di Paul che flirta con sua madre.

Il giovane Dolan con Mommy, che ha scritto e diretto, ha vinto come miglior film straniero ai Cesar e il premio della giuria a Cannes. Alla Croisette, al momento del ritiro del premio, ha ringraziato la presidente della giuria, Jane Campion, per il suo Lezioni di piano (1993), ma se continuerà così, non ce ne voglia la regista neozelandese, le vette a cui è destinato saranno ben altre...

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