domenica 12 aprile 2015

L'uomo che sapeva troppo (Hitchcock 1956)

Uno dei capolavori di Alfred Hitchcock degli anni '50, quando da La finestra sul cortile (1954) a La donna che visse due volte (1958) la sua casa di produzione fu la Paramount.
Il film è un rifacimento della pellicola in bianco e nero dallo stesso titolo girata da Hitch nel 1934 in Gran Bretagna, quando l'ambientazione erano le montagne innevate di Saint Moritz e i protagonisti Leslie Banks, Edna Best, Nova Pilbeam e soprattutto il grandissimo Peter Lorre.
Nel remake, sceneggiato da John Michael Hayes, le nuove possibilità offerte dal technicolor rivestono un ruolo rilevante e, al posto del contrasto tra il bianco della neve e l'oscurità degli interni londinesi della prima versione, il regista gioca sui colori accesi del Marocco.
La storia, infatti, racconta del soggiorno a Marrakesh del dottor Benjamin McKenna (Jimmy Stewart), di sua moglie Jo (Doris Day) e del figlio Hank (Christopher Olsen; nel film del 1936 si trattava di una figlia, Betty), che si ritrovano coinvolti loro malgrado in una storia di spionaggio fatta di omicidi, rapimenti e mistero.
C'è tantissimo Alfred Hitchcock per tutta la durata del film, a cominciare dal potere del caso e da una versione aggiornata della colpevolezza dell'innocenza, vero e proprio motivo portante della poetica hitchcockiana, fondata sul senso di impotenza e di inadeguatezza provato da un essere umano costretto a vivere una situazione non solo inaspettata, ma totalmente lontana dalle proprie corde... in questo caso una semplice vacanza che si trasforma in un'avventura piena di suspense
Eppure tutto è preannunciato dalla didascalia che apre il film - «Un singolo colpo di piatti e come ciò scosse la vita di una famiglia americana» -, una sfida lanciata dal gigante Hitchcock ai suoi spettatori, che conferma quanto non sia sufficiente sapere in anticipo l'evento attorno a cui ruota tutta la vicenda per togliere a chi guarda le emozioni che sta per vivere inchiodato sulla poltrona del cinema!
L'ironia di Hitchcock, che per il suo consueto cameo sceglie di essere uno dei turisti nel suk di Marrakesh, è un'altra cifra stilistica ben riconoscibile, come dimostra sin dall'inizio Hank, il figlio della coppia statunitense protagonista, che si meraviglia guardando fuori dal finestrino del pullmann le strade africane: "lo chiamano il continente nero, ma è più luminoso di Indianapolis"; Ben è goffissimo al ristorante in cui è costretto a mangiare con le mani, parodia sull'incapacità di adattarsi agli usi e costumi degli altri paesi degli americani; la signora Drayton si lamenta del tempo del nord Africa "spero sia bel tempo, non troppo però [...] tutto questo sole, un giorno dopo l'altro... mi sembra innaturale ecco"; i coniugi McKenna analizzano come tutte le loro spese per viaggi, lavori in casa, ecc., siano in fondo possibili grazie alle malattie altrui; Ben durante le sue indagini finisce nella bottega di un tassidermista e, quando inizia a scontrarsi con lui, gli altri dipendenti tolgono di torno i tanti animali imbalsamati, ma questo non impedisce al personaggio interpretato da James Stewart di infilare accidentalmente una mano tra le fauci dei un leone; l'ambasciatore critica i suoi uomini con un eloquente "voi intellettuali inglesi siete la nostra rovina", che sembra rispecchiare il pensiero del regista.
Il sarcasmo è più nascosto, e funzionale all'avanzamento della storia, nella sequenza della chiesa, in cui il sacerdote, che è anche uno dei malviventi, per liberarsi dei coniugi McKenna si limita ad una veloce omelia sull'importanza della riflessione sui propri peccati, invitando i fedeli a ritornare subito a casa.
Altro motivo tipicamente hitchcockiano è quello del riconoscimento del superiore intuito femminile, unito all'indubbio fascino che esercitarono su di lui le donne bionde: Doris Day raggiunge in questo film, e non è certo un caso, il punto più alto della sua carriera, interpretando una madre e una moglie amorevole, ma soprattutto una donna sospettosa, molto più del marito, che invece sembra fidarsi troppo di chiunque. Sarà proprio Jo, infatti, a leggere le situazioni meglio di Ben, diffidando di Louis Bernard (Daniel Gélin), dei Drayton, un'altra coppia di statunitensi in vacanza in Marocco e, soprattutto, in tutte le indagini che i due svolgeranno una volta tornati a Londra (es. Ben cerca un certo signor Ambrose Chapell, mentre Jo capisce velocemente che l'indizio porta all'Ambrose Chapel, quindi ad un luogo e non ad una persona). 

Per convincere chi per decenni, prima della rivalutazione iniziata con i Cahiers du cinema e i lavori di Truffaut in primis, ma anche di Chabrol e Rohmer, considerò Alfred Hitchcock un autore minore, una sorta di buon mestierante e niente più, basta citare alcune inquadrature e movimenti di macchina. La prima è la bellissima inquadratura in albergo, quando un losco figuro bussa alla porta della camera dei McKenna e il suo sguardo in soggettiva ci permette di vedere Ben, Jo e il loro ospite, Louis Bernard, letteralmente "messi in scena" su piani in profondità e con reazioni emotive completamente diverse: un piccolo capolavoro nel capolavoro. La seconda è la sequenza dell'omicidio nel mercato di Marrakesh, con il rincorrersi dei malviventi fino al momento dell'agnizione-confessione che, naturalmente, avviene tra le braccia dell'ignaro protagonista Ben. La terza è la telefonata che riceve Ben al commissariato, in cui uno splendido movimento della mdp di 180° avvolge il personaggio. La quarta (ma ce ne sarebbero tante altre), è costituita dal fantastico finale del concerto alla Albert Hall, in cui stavolta gli ignari sono tutti i musicisti, gli spettatori e i dipendenti del teatro, mentre a conoscere la situazione, pur essendo pressoché impotenti sono Jo, poi Ben e, non ultimi, tutti gli spettatori del film, a quel punto vittime della totale identificazione con i due McKenna orchestrata da Alfred Hitchcock.  
Quest'ultima sequenza, perfezionata rispetto a quella analoga presente nel film del 1934, non solo merita di stare di diritto tra quelle di ogni manuale di storia del cinema, ma che svolga la sua funzione di modello in maniera brillante è evidente quando si guardano le similitudini in film più recenti come Omicidio in diretta (De Palma 1998), in cui viene ripresa l'idea della morte prestabilita nota in quel caso al solo personaggio di Nicholas Cage in un palazzo dello sport. 
Nella stessa sequenza, inoltre, è possibile notare un'evidente autocitazione di Hitchcock: il sicario fa ruotare la sua pistola verso la mdp, che in quel momento svolge la funzione di soggettiva di Doris Day, proprio come avveniva nella scena finale di Io ti salverò (1945), quando la mdp svolgeva la stessa funzione per gli occhi di Ingrid Bergman.
Il bellissimo L'uomo che sapeva troppo, però, contempla anche un'anticipazione di un film successivo di Hitchcock, l'eccezionale La donna che visse due volte (1958), quando James Stewart, che peraltro è protagonista di entrambi i film, si arrampica sulla corda del campanile per uscire dalla chiesa in cui è stato imprigionato... lui e un campanile saranno al centro di quello che un paio d'anni dopo, secondo molti, sottoscritto compreso, sarà la pellicola migliore del regista britannico.
Un altro legame fortissimo con la filmografia di Hitchcock è la musica, sempre fondamentale dall'introduzione del sonoro per il cineasta di Psycho e talvolta anche influente sugli sviluppi della trama. Questa volta, infatti, non solo la colonna sonora è firmata da Bernard Hermann, che tante volte collaborò col regista, ma è lui stesso che fisicamente dirige il concerto della Albert Hall, come precisa il manifesto che pubblicizza l'evento con al centro il nome del direttore d'orchestra, che appare dietro Doris Day quando questa arriva davanti al teatro. 
Nella colonna sonora, però, stavolta si inserisce una canzone basilare per la trama del film e anche per la sua fortuna commerciale: si tratta della celeberrima Que sera, sera cantata da Doris Day in due momenti diversi della vicenda e che, scritta da Ray Evans e Jay Livingston, fu incredibilmente non solo l'unico premio Oscar vinto nel 1957 da L'uomo che sapeva troppo, ma anche la sua unica candidatura...

1 commento:

  1. bellissima recensione di un film gigantesco.
    bravo gianni!!

    frà

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