domenica 26 aprile 2015

Mia madre (Moretti 2015)

L'uomo accanto al personaggio... è questo che chiede più volte Margherita (Margherita Buy) ai suoi attori, lasciandoli sistematicamente perplessi su cosa debbano fare in realtà sulla scena. Eppure è proprio questa frase la chiave metacinematografica dell'ultimo film di Nanni Moretti!
Il regista romano, infatti, interpreta Giovanni, il fratello della protagonista, accanto alla sorella per tutta la durata di una pellicola profondamente autobiografica - e non è certo una novità nel suo cinema - che racconta gli ultimi giorni di vita della madre, Ada.
A interpretare quest'ultima è Giulia Lazzarini, un'attrice dal grande bagaglio professionale (teatro con Strehler e Ronconi, cinema e televisione nella sua carriera), che di fatto impersona Agata Apicella, la madre di Moretti, scomparsa a 89 anni nel 2010, da cui il figlio prese anche il cognome del suo più famoso personaggio nonché alter ego cinematografico, Michele Apicella. Come Agata, Ada è un'insegnante del liceo classico Visconti a Roma, amata dai suoi studenti, i quali hanno conosciuto una parte di lei ignota ai figli stessi, un dettaglio che lo stesso cineasta romano ha evidenziato essere per lui fonte di una certa gelosia. E così, l'appartamento di Ada nel film è proprio quello in cui viveva Agata, e quello in cui Moretti girò la famosa sequenza di Aprile (2010) nella quale, proprio insieme alla madre, seguiva in tv i risultati delle elezioni del 1994 (vedi). 
Una storia triste e intensa, fatta di sogni, incubi, silenzi e riflessioni, un diario personale raccontato dal punto di vista di un figlio in uno dei momenti più difficili della sua vita, quello in cui smetterà di esserlo per sempre, dopo la scomparsa del genitore sopravvissuto all'altro. 
Il film segue Margherita non solo mentre affronta questa lenta agonia, ma anche nel resto della sua vita, in cui si allontana dal compagno, Vittorio, si relaziona alla figlia adolescente Livia e lavora alle riprese del suo nuovo film, incentrato sull'occupazione di una fabbrica da parte degli operai, complicate dall'arrivo del protagonista statunitense, Barry Huggins (John Turturro), molto esuberante - tra gli eccessi millanta anche di aver lavorato con Kubrick - ma che arriva quasi sempre impreparato sul set.
Le ansie, le insicurezze e le ossessioni di Nanni Moretti stavolta sono tutte evidenziate dalla recitazione e dalle battute che la sceneggiatura, scritta dallo stesso Moretti insieme a Francesco Piccolo e a Valia Santella, riserva alla Buy, che sul set teme ossessivamente che tutto sia troppo finto, che si vedano le controfigure, che i suoi collaboratori non siano in linea con lei. Proprio con loro, però, è pronta ad infuriarsi quando invece le danno retta ("il regista è uno stronzo a cui voi permettete di fare tutto"). "Ma lui vuole essere il poliziotto o l'operaio, quello che picchia o che viene picchiato?" chiede ad un assistente riguardo ad un operatore che indugia sui primi piani in un'importante sequenza di scontro tra operai e polizia all'ingresso della fabbrica, e ancora prorompe contro un altro componente dello staff, colpevole di aver trovato comparse che non la convincono, "questa è la tua realtà, ma questo è il mio film", in una delle battute più morettiane della pellicola.
Fondamentale per l'equilibrio del film il ruolo di John Turturro, che conferisce leggerezza alla storia in più frangenti: su tutti basti citare la scena in auto, dopocena e prima di un drink di fronte Santa Maria della Consolazione, quando già piuttosto brillo canta a squarciagola e con la testa fuori dal finestrino il jingle cinefilo Bevete più latte, che Nino Rota scrisse per Le tentazioni del dottor Antonio, l'episodio felliniano di Boccaccio 70 (1962) con Peppino De Filippo (vedi); oppure quello in cui danza - poteva mancare una scena di ballo? - con una signora dello staff sulle note di Charisma.
Non è certo un caso che queste due sequenze siano caratterizzate dalla musica, sempre così importante nel cinema morettiano e che, come in tanti altri suoi film, è frutto di una colonna sonora bella, ricercata e discreta, pur se priva di brani appositamente scritti per l'occasione. Si segnalano musiche di compositori contemporanei come l'estone Arvo Pärt (tra cui Cantus in memory di Benjamin Britten e Tabula rasa) e Philip Glass, ma anche pezzi di cantautori come Jarvis Cocker (Baby’s Coming Back to Me) e soprattutto Leonard Cohen, la cui I'm your man aveva già fatto da sottofondo in Caro diario (1993) al giro in vespa più famoso degli anni Novanta (vedi), con la struggente Famous Blue Raincoat. È questo il brano che ascoltiamo in una delle sequenze più significative dell'intera pellicola: quella del sogno in cui Margherita si ritrova fuori dal cinema Capranichetta - la storica sala romana in piazza Montecitorio ormai chiusa da anni - e passeggia lungo l'interminabile coda di persone che attendono di entrare a vedere Il cielo sopra Berlino (Wenders 1987), e che si snoda lungo le vie limitrofe, dove incontra la madre, il fratello e se stessa, ventenne, in compagnia del fidanzato di allora, a cui significativamente dice le stesse parole dette all'attuale, appena lasciato. Questo, però, è solo uno dei tanti schemi nella vita di Margherita, quegli schemi che Giovanni le chiede di provare a rompere e che in fondo Nanni Moretti chiede di rompere a se stesso, in un continuo gioco di rimandi tra protagonista e regista, due diverse persone nella finzione, una sola nella realtà.
L'identificazione di Margherita-Nanni Moretti è ancora più evidente nella sequenza della conferenza stampa, in cui alla regista viene chiesto quello che, soprattutto dopo Habemus papam (2011), è stato domandato ripetutamente a Moretti, improvvisamente insignito di capacità ai limiti del divinatorio, dopo aver messo in scena la crisi di un pontefice che non sosteneva più il peso del suo ruolo, poco prima che Benedetto XVI desse le sue storiche dimissioni. Margherita, però, pensa tra sé e sé, in fondo anche un po' spaventata, “tutti pensano che io sia capace di capire quello che succede, di interpretare la realtà, ma io non capisco più niente”, mentre una domanda sulla sua coerenza la fa reagire con un morettiano "mi dà fastidio la retorica", degno delle migliori reazioni che il pallanuotista Apicella ringhiava contro la giornalista-Mariella Valentini in Palombella rossa (1989).
Gli sfoghi qui, invece, sono quelli di Margherita, che esplode contro la madre, contro l'attore americano e con i medici, dopo essersi sentita criticare dall'ex compagno, "non ti sta mai bene niente [...] tu vivi così", e sono anche quelli disperati del personaggio di John Turturro, che non sopporta più il mestiere di attore e che vuole tornare alla realtà, gridando un eloquente "back to reality".
Dopo questo splendido omaggio alla madre, Nanni Moretti tornerà a interpretare Michele Apicella? Oltre a sperarlo, ci induce a crederlo lo scambio di battute rivolto al futuro tra i personaggi di Margherita Buy e Giulia Lazzarini, madre e figlia nel film: "mamma, a che cosa stai pensando?" "a domani".

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