venerdì 5 dicembre 2014

Casinò (Scorsese 1995)

È uno dei grandi capolavori di Scorsese che, forse, fatta eccezione per il pur bellissimo Shutter Island (2010), ha sempre raggiunto i livelli più alti del suo cinema quando ha narrato vite agli eccessi di personaggi sopra le righe! Così accade in Taxi driver (1976) e Toro Scatenato (1980), i cui protagonisti aspirano rispettivamente all'idealismo sociale - pur se in una maniera 'deviata' dal reducismo del Vietnam - e all'onnipotenza sportiva; ma soprattutto così è per le storie aldilà della legalità che accomunano Mean Street (1973), Quei bravi ragazzi (1990), The Departed (2006), il recente The Wolf of Wall Street (2013) e proprio Casinò.
Come in tutti i film citati, Scorsese ama confrontarsi con i grandi motori delle passioni umane, in questo caso l'amore, la fiducia, il denaro e la strana alchimia che si genera tra di loro.
Ed è proprio sul denaro che termina il lungo piano sequenza che apre il film dopo uno degli inizi più folgoranti della storia del cinema: vedere saltare in aria nella prima inquadratura l'attore che ha il primo nome sul cartellone è qualcosa di profondamente straniante, che dà una degna anticipazione di ciò che dovrà vedere il pubblico per le quasi tre ore della storia (vedi).
Del piano sequenza si diceva... un unico movimento di macchina che segue la narrazione di Sam Rothstein detto Asso (Robert De Niro), che ci illustra i luoghi del casinò di Las Vegas che gli ha dato la ricchezza, dalle sale fino al cuore della struttura, nel "sacrario" in cui vengono contati i soldi vinti agli scommettitori. Una sceneggiatura straordinaria, priva di sbavature, rutilante e mai banale, scritta a quattro mani dal regista italo-americano e da Nicholas Pileggi, autore del romanzo Casino: Love and Honor in Las Vegas, ispirato alla vita di Frank Rosenthal ed Anthony Spilotro, ci informa proprio per bocca di Asso che i casinò, e Las Vegas tutta, sono creati per portar via il denaro ai cittadini, in una sorta di malcelata truffa legalizzata.
Tutto il film è raccontato, fatta eccezione per una breve sequenza in cui lo fa Frank Marino (il "sopranissimo" Frank Vincent), dalle voci off di Sam e del suo amico Nicky Santoro (Joe Pesci). Ebreo il  primo, italiano il secondo - tanto per essere chiari il suo ristorante si chiama "La torre pendente" - i due personaggi vengono splendidamente presentati nella prima parte della pellicola: razionale e scientificamente meticoloso Sam, che ha iniziato la sua "carriera" come scommettitore e che lo stesso amico italiano in una sintetica e significativa frase definisce "preciso come un neurochirurgo del cazzo", impulsivo, irascibile e attaccabrighe Nicky. Il rapporto tra i due, nonostante le clamorose differenze, però, verrà messo in crisi solo dopo tanto tempo, complice non solo la difficile convivenza nel casinò, ma anche per il ruolo della bellissima Ginger (Sharon Stone), dapprima fidanzata e moglie di Asso, poi sempre più vicina a Nicky.
Ma nel film c'è un'altra grande protagonista: la mdp che Scorsese manovra con la solita perizia e che in alcuni casi fa un lavoro davvero strabiliante, in una serie di carrelli, riprese circolari e piani sequenza. Rispetto a questi ultimi, come era avvenuto nella scena iniziale, la camera segue la voce narrante che in maniera didascalica ci spiega come funziona il "controllo" in un Casinò, con tutti i singoli attori dello spettacolo che hanno addosso gli occhi di qualcun altro, fino all'occhio che tutto vede, le telecamere a circuito chiuso. È proprio attraverso questo sistema che Sam avrà il colpo di fulmine per Ginger, momento che di fatto segna la fine della parte introduttiva del film e il conseguente inizio della fase più saliente della parabola ascendente di Asso. Da qui in poi, infatti, Sam costruisce il proprio impero con al fianco una donna che arriva a sposare più per propria convinzione che per amore reciproco. Significativo il dialogo in cui Asso illustra razionalmente a Ginger come il matrimonio sia una questione di rispetto reciproco, riguardo, fiducia e che l'amore in fondo sia secondario e durante il quale i due non si allontanano dalla loro rispettiva natura di scommettitore e truffatrice: "che carte mi stai servendo?" dice Ginger, che si sente rispondere "puoi correre il rischio".
Come in C'era una volta in America, a minare l'amore ideale del personaggio di De Niro, c'è quello interpretato da James Woods, Lester Diamond, una figura che si avvicina molto al Matthew-Harvey Keitel che in Taxi driver proteggeva Iris-Jodie Foster. Lester è l'ex protettore di Ginger che di fronte a lui perde ogni capacità di calcolo personale e di controllo, due caratteristiche che invece la donna dimostra in ogni altro frangente.
Anche Sam vede svanire controllo e razionalità di fronte a Ginger, proprio lui che usa costantemente una logica ferrea con la quale, per esempio, prima adocchia il responsabile delle slot machine, colpevole di aver messo le macchine mangiasoldi lontano dal centro della sala - "L'azione è davanti, non di dietro. Ci sono tre modi di fare le cose qui: il modo giusto, il modo sbagliato, il modo in cui le faccio io" - e poi lo licenzia con lucida freddezza dopo aver compreso di essere in presenza di una truffa: "Se non te ne sei accorto sei troppo coglione e se te ne sei accorto eri d'accordo con loro".
Come in buona parte del cinema di Scorsese, alla fase ascendente di Sam, ne consegue una clamorosamente e rumorosamente discendente, che viene anticipata da una delle frasi più epiche del film: "gli dei erano felici... felici quanto possono essere felici gli dei".

La sceneggiatura, come già evidenziato, non perde un colpo, e i tre attori principali hanno battute di altissimo profilo. Oltre a quelle già citate, Asso sentenzia sui riconoscimenti che riceve a Las Vegas nel suo periodo di maggior successo: "da noi a casa mi avrebbero messo dentro per quello che stavo facendo, mentre qui mi consegnavano premi", un relativismo sulla giustizia che paradossalmente sembra parafrasare quello che i Monty Python proponevano sulla guerra anni prima ("In patria se uccidi qualcuno ti arrestano, [...] laggiù mi impiccherebbero, qui avrò magari una fottuta medaglia, signore" - Il senso della vita, Jones 1983).
Così Ginger analizza in maniera del tutto personale il suo matrimonio alla deriva: "non avrei mai dovuto sposarlo, è un gemelli". E, infine, Nicky, mentre sua moglie ai controlli dell'aeroporto indispettisce un poliziotto: "non guardi me, io ci devo vivere con lei". Bellissimo, proprio in questa sequenza, il movimento della mdp che stringe sullo chignon della signora in cui ci sono i diamanti (quanto Hitchcock in un solo movimento di macchina... penso soprattutto alla sequenza della chiave di Notorius - 1946).
Sempre in relazione a Nicky, Scorsese ha modo di omaggiare ancora la storia del cinema, quando il burrascoso italo-americano, espulso da tutti i casinò per la sua condotta, apre una gioielleria dall'evocativo nome di Gold Rush (La febbre dell'oro, Chaplin 1925). E, infine, viene citato anche il cinema più moderno, con la piccola Amy, figlia di Ginger e Sam, che chiede di voler andare al cinema per vedere The elephant man (Lynch 1980).
In un film così magnificamente scritto e diretto, non vanno dimenticati anche i preziosi contributi della scenografia di Dante Ferretti, dei titoli di testa di Saul Bass e della fotografia di Robert Rchardson, tutti nomi di primissimo piano. In ultima analisi la colonna sonora, bellissima come di consueto nella produzione del grande Marty, e che alterna brani cantati da Dean Martin (You're nobody till somebody loves you), Otis Redding (Fa fa fa fa fa), Dinah Washington (What a difference a day made), Eric Burdon (The house of the rising sun), B.B. King (The thrill is gone), una particolare cover di I Can' t Get No Satisfaction dei DEVO, ma anche gli immancabili pezzi italiani o che all'Italia strizzano l'occhio, come Volare di Domenico Modugno, la versione inglese di A chi di Fausto Leali (Hurt di Timi Yuro) e Angelina & Zooma di Louis Prima.
Un discorso a parte meritano due brani di straordinaria intensità: il Theme de Camille di Georges Delerue, tema principale de Il disprezzo (Godard 1963), già sfruttato da Scorsese in Quei bravi ragazzi e qui utilizzato per la bella sequenza dell'incontro nel deserto tra Sam e Nicky (vedi), e la Passione secondo Matteo di Bach che, sui titoli di testa e di coda, fa da degna cornice di un film che è ormai considerato un classico, come ha recentemente dimostrato l'omaggio di David Owen Russell che, nel suo American Hustle (2013), ha inserito un cameo di Robert De Niro nei panni di Victor Tellegio, un boss mafioso che gestisce proprio dei casinò...

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