martedì 4 novembre 2014

Rush (Howard 2013)

Per il primo compleanno del Cinema secondo Begood un film che permette di analizzare il rapporto tra l'automobile e il cinema, da sempre molto stretto, fosse solo che la prima può essere considerata una sorella maggiore della settima arte nel panorama delle invenzioni che hanno contribuito alla modernità comunemente intesa.

A partire da The Start, un cortometraggio del 1903 diretto da Cecil M. Hepworth sulla partenza della Gordon Bennett Cup in Irlanda, sarebbe lungo l'elenco di film in cui le quattro ruote sono protagoniste e solo per citare quelli che vengono prima alla mente, basta ricordare la commedia sulla fantomatica 22 mila miglia New York-Parigi (Edwards 1965), Giorni di tuono (Tony Scott 1990) o il recente Fast and furious (Rob Cohen 2001) con i numerosi sequel. Eppure nessuno di questi è rimasto così pienamente nell'immaginario collettivo come invece è accaduto per le automobili di James Bond nella saga di 007 o per il binomio tra le auto ed un attore come Steve McQueen, anche aldilà del film Le 24 Ore di Le Mans (Katzin 1971) da lui interpretato, o, infine, per i tragici incidenti connessi alle scomparse di grandi star del cinema come James Dean, Grace Kelly e, molto di recente e con incredibile ironia della sorte, Paul Walker, protagonista del già citato Fast and furious.
Ron Howard ha provato a colmare questo vuoto andando a pescare tra gli episodi di quello che è diventato uno degli sport più seguiti al mondo, la Formula 1, per rintracciare quello più appetibile dal punto di vista narrativo e cinematografico. La scelta è ricaduta sul campionato mondiale del 1976 e all'avvincente sfida tra James Hunt e Niki Lauda.

La storia inizia con il Gran Premio di quell'anno al Nürburgring, il difficile circuito tedesco in cui Niki Lauda ebbe il terribile incidente che lo sfigurò per sempre. La costruzione narrativa voluta da Ron Howard, con il determinante montaggio di Mike Hill e Daniel P. Hanley, però, sospende tutto dopo questa sorta di introduzione prima che la gara abbia inizio, e con un flashback torna indietro a quando i due piloti si conobbero nelle serie minori.
Da subito i protagonisti vengono contrapposti dalla sceneggiatura, anche oltre la realtà dei fatti, risultando completamente agli antipodi: freddo, razionale e dalla condotta irreprensibile uno, Lauda, passionale, irrazionale e dalla vita irregolare l'altro, Hunt. Di quest'ultimo, soprannominato "lo schianto" ("the shunt"), per uno stile di guida estremo che spesso lo coinvolgeva in incidenti, seguiamo le relazioni con donne bellissime, come l'infermiera Gemma, che non resiste al pilota ferito che si presenta al pronto soccorso (è interpretata da Natalie Dormer, finora nota per i ruoli seriali di Anna Bolena ne I Tudors e di Margaery Tyrell ne Il trono di spade), fino al matrimonio con la modella Suzy Miller (Olivia Wilde, ancora oggi per molti l'indimenticabile "tredici" del Dr House, ma anche protagonista del recente Lei di Spike Jonze). Dopo che Suzy lo lascerà per diventare la compagna di Richard Burton, Hunt riprenderà la sua vita da dongiovanni. Più semplice la vita sentimentale di Lauda che, non troppo interessato alle donne, si innamorerà e sposerà Marlene Knaus (un'Alexandra Maria Lara, già vista ne La caduta - Hirschbiegel 2004, e in Miracolo a Sant'Anna - Spike Lee 2008, somigliante in maniera impressionante all'originale).
Eppure i due, nonostante le diverse origini, medio borghesi per Hunt, di alta borghesia industriale per Lauda (che andrà via da casa convinto del suo futuro successo contro la volontà del padre), hanno in comune la grande passione per i motori.
Dopo il lungo flashback, il film riprende da dove era iniziato e porta avanti la narrazione di quel fantastico campionato di Formula 1, con l'incidente di Niki, il suo incredibile rientro in pista e, infine, il suo ritiro nel Gran Premio del Giappone, quello che sancì la vittoria dell'unico mondiale per James Hunt.

Rush è una splendida storia da Sfide trasformata in cinema, grazie ad un ritmo altissimo che tiene inchiodati alla poltrona, dei buoni attori e un'ottima qualità registica, che Ron Howard ormai da tempo dimostra di poter garantire, sicuramente agevolato dal suo essere in tutto e per tutto una creatura di Hollywood (dal bambino di Una fidanzata per papà - Minnelli 1963, ad American Graffiti - Lucas 1973, a Happy Days, fino alla sua carriera da regista),
Daniel Brühl è davvero un Niki Lauda perfetto, sia per somiglianza fisica, sia nei movimenti, e compie una prova attoriale davvero di gran livello dall'inizio alla fine del film; diverso il caso di Chris Hemsworth, meno somigliante e meno all'altezza della situazione, è di fatto il sex symbol maschile della pellicola, come dimostrano le diverse sequenze che lo mettono in mostra per la prestanza fisica. Splendide le due attrici principali, entrambe molto somiglianti ed entrambe molto brave, pur se nella recitazione Alexandra Maria Lara è obiettivamente alcuni gradini sopra Olivia Wilde.
Per quanto riguarda la regia, oltre alla costruzione della trama e al montaggio già citato, si pensi all'ellissi che lega la sequenza da commedia in cui Niki e l'appena conosciuta Marlene, facendo l'autostop si imbattono in due napoletani che chiedono a Lauda di concedergli l'onore di guidare la loro macchina, causando lo stupore di Marlene, ignara di chi abbia appena incontrato, e il Gran Premio di New york del 1975 che elesse l'austriaco campione del mondo per la prima volta,
La sceneggiatura strizza l'occhio all'epica, com'è ovvio in un film del genere, cosicché il temperamento saturnino di Niki gli porta a dire, davanti a Marlene e persino in luna di miele, "la felicità è il mio nemico", e quello guascone di Hunt è sottolineato non solo dai comportamenti, ma anche da frasi come "qualche volta piacere alla gente è un vantaggio", sussurrato a Niki dopo aver prevalso nella votazione tra i piloti per correre o meno al Nürburgring. Proprio questo evento, oltre all'estrema contrapposizione della personalità dei due protagonisti, è quello più romanzato - o meglio "epicizzato" - nel film: la votazione, infatti, si tenne nell'ultima gara del mondiale, quella in Giappone, e non in Germania, occasione in cui però l'avvenimento ha un impatto drammaturgico degno dell'Iliade, dato che proprio al Nürburgring Lauda rischiò di rimanere ucciso nell'incidente.

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