lunedì 17 novembre 2014

Due giorni, una notte (Dardenne 2014)

I due giorni e la notte del titolo, che tanto ricordano, almeno nella tipologia numerica, il sottotitolo italiano di Racconto d'estate - Un ragazzo, tre ragazze (Rohmer 1996), sono quelli che ha a disposizione Sandra (Marion Cotillard) per riuscire a recuperare il suo posto di lavoro. In questo caso, quindi, non è l'amore il tema portante - anche se ha la sua parte -, ma l'impiego e il mondo operaio, leitmotiv del cinema dei fratelli Dardenne.

"I Loach belgi" dimostrano come in questi casi per sentirsi vivi e non accettare di essere considerati dei meri numeri, conti lottare per una causa giusta a prescindere dalle reazioni degli altri, dal risultato finale, con una forza di carattere capace di superare gli inevitabili momenti di scoramento, magari aiutati da qualcuno a fianco che ci sostenga...

Leggi la trama:
Dumond, il titolare dell'azienda di pannelli solari in cui Sandra lavora, durante un periodo di malattia della donna, si è reso conto di poter mandare avanti la produzione con una persona in meno, cosicché è pronto a licenziarla e a dare un bonus di produttività agli altri operai. Il tutto, a suo dire, per fronteggiare la concorrenza orientale e la crisi economica del momento.
A peggiorare la situazione ha contribuito notevolmente il caporeparto Jean Marc (Olivier Gourmet), che ha spinto i colleghi di Sandra a votare per il suo licenziamento e in favore del bonus, facendogli credere che qualcuno altrimenti avrebbe comunque perso il posto.
Sandra, che ha un marito e due figli, spinta dalla sindacalista Juliette, riesce ad ottenere da Dumond che il lunedì seguente si ripeta la votazione, dato che la precedente era stata falsata dall'intervento di Jean Marc. Per questo, con l'aiuto del marito Manu, proverà a convincere i colleghi a votare in suo favore...
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Il soggetto sociale, come sempre per i Dardenne, che ambientano la storia a Seraing, piccolo centro nei pressi di Liegi, è occasione per affrontare temi ben più ampi: il film, infatti, non si limita alla storia particolare della protagonista, ma si trasforma in un'analisi della solidarietà umana e della capacità delle persone di guardare aldilà del proprio "piccolo orticello".
Sandra è costretta ad andare porta a porta per tutto il fine settimana ad elemosinare un voto in suo favore, chiedendo ai colleghi di mettersi nei suoi panni: ne conseguono le reazioni più disparate, da chi accetta con piacere perché nutriva già dei sensi di colpa a riguardo, avendo preferito i 1000 euro del bonus al posto di lavoro di Sandra; chi ha troppo bisogno (?) di quella somma per andare avanti; chi vorrebbe dare una mano ma è troppo debole rispetto alla moglie/marito che reputa necessario quel denaro. Quasi tutti chiedono a Sandra come abbiano risposto gli altri, una domanda che fa particolarmente male, perché dimostra la tendenza a volersi uniformare al gregge, senza mai scegliere cosa sia giusto o sbagliato con la propria testa...
Sandra incontra così i solidali, gli ipocriti, i pusillanimi, tipologie umane che conoscono tutti coloro che vivono in società. Ognuno con i suoi problemi: figli all'università, separazioni in atto, spese da affrontare di ogni tipo, relazioni che si reggono su equilibri precari e quasi mai alla pari.
Nella guerra fra poveri che la situazione scatena, come spesso accade, sono le persone più in difficoltà a conoscere più degli altri la solidarietà e ad essere disposti ad accordarla: toccante la reazione di Timur, un francese di origini arabe, che dal momento in cui ha votato per il bonus non sta bene con se stesso e abbraccia commosso Sandra ringraziandola di essere andata a cercarlo in modo da permettergli di fare la cosa giusta. Ancora più "coraggiosa" è la scelta in favore di Sandra di un ragazzo di colore che ha persino un contratto a tempo determinato e sa che con il rientro della collega per lui ci saranno sempre meno possibilità di tenere il posto.
Manu, il marito di Sandra (Fabrizio Rongione) è la costanza, l'uomo che riesce a tenere a galla una situazione psicologica quasi compromessa, poiché sua moglie alterna momenti malinconici che agognano una serenità perduta ("vorrei essere quell'uccello che canta sull'albero") ad altri in cui cade in depressione e fa di tutto per allontanarlo ("anche noi ci lasceremo"), arrivando persino a trangugiare una scatola intera di Xanax, convinta che ormai non ci sia più niente da fare. Anche di fronte alla domanda spiazzante di Sandra "non ti importa che non facciamo più l'amore da quattro mesi" risponde con un'incredibile saldezza "sì, ma so che lo rifaremo".

Il film è girato con rigore dai fratelli Dardenne, che però rispetto al passato tengono la mdp più ferma, mentre la star Cotillard si mette a loro completo servizio, fornendo una prova d'attrice che va aldilà della bellezza e del fascino, per una volta messi da parte (ma Marion è molto bella anche così!) per un'interpretazione vera e credibile, che merita da sola il prezzo del biglietto.
Pochissime le sequenze in cui la musica irrompe in un film fatto di dialoghi e di espressioni facciali che mostrano i difficili stati d'animo dei protagonisti, ma in una di queste, la musica contribuisce a dare entusiasmo e fiducia.  infatti, in una scena Sandra, Manu e Anne (Christelle Cornil), la collega che ha lasciato il violento compagno che peraltro si era opposto ad aiutare Sandra, cantano a squarciagola in macchina Gloria di Van Morrison. Si tratta dell'originale del 1964 interpretata dai Them e con il celebre spelling cantato G-L-O-R-I-A ripreso da Bono Vox e dagli U2 nella versione di Exit del The Joshua Tree Tour, passato alla storia anche cinematograficamente grazie a Rattle and Hum (Joanou 1987).
Un'ultima curiosità musicale: la canzone portante del film, scelta non a caso anche per il trailer, è La Nuit N'en Finit Plus di Petula Clark (1963), l'interprete inglese maggiormente nota per Downtown (1964), negli ultimi anni particolarmente cara agli amanti della serie tv Lost.

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