giovedì 15 luglio 2021

Monty Python - Il senso della vita (Jones 1983)

Difficile scegliere tra i film dei Python, ma The Meaning of Life ha di certo un sapore speciale, anche perché arriva alla fine del loro percorso, che dall'epica serie Monty Python's Flying Circus (1969-74), li portò al grande schermo, prima con una sorta del "meglio di..." a sketch, in E ora qualcosa di completamente diverso (1971), quindi con una pellicola organica e narrativa, Monty Python e il Sacro Graal (1975), per poi raggiungere il massimo dell'irriverenza con Brian di Nazareth (1979), parodia sulla Palestina dei tempi di Gesù, non a caso uscito nelle sale italiane solo nel 1991. 
Il senso della vita, premiato col premio della giuria a Cannes, invece, tornò alla logica degli sketch, probabilmente quella in cui i Python hanno dimostrato di dare il meglio di sé, ma stavolta scanditi a tema dai tempi della vita, divisa in sette momenti: nascita, crescita e apprendimento, combattersi l'un l'altro, la mezza età, trapianti di organi vivi, gli anni del declino, la morte.
Completano la struttura della pellicola un'introduzione e le quantomai pythoniane "metà del film" e "fine del film" con tanto di morale da fiaba erodotea, ovviamente stravolta. In esse, infatti, Michael Palin in vesti femminili, come annunciatrice televisiva, prima presenta una surreale scena in cui due personaggi, un uomo elefante (lynchiano davvero!) e un uomo dalle lunghe braccia cercano un pesce, in realtà "nascosto" nell'obiettivo (l'intera sequenza è girata col fish-eye), e poi consiglia come senso della vita un semplice "siate gentili con il prossimo, non mangiate grassi, leggete un buon libro, fate passeggiate e cercate di vivere in armonia con gente di ogni fede e nazione".
All'inizio un'ulteriore introduzione, un vero e proprio cortometraggio con tanto di titoli di coda, The Crimson Permanent Assurance, mostra a pieno l'ipertrofica fantasia di Terry Gilliam. La sezione, che racconta di un ufficio di assicurazioni che si trasforma in una nave pirata, con tanto di chiave socio-politica di ribellione dal basso, è apparentemente slegata dal film, anche se poi avrà una connessione durante il suo svolgersi, e doveva essere animata, come tanti altri spezzoni caratterizzati dai disegni di Gilliam che hanno sempre farcito le opere dei Python, sin dagli episodi del Flying Circus.
Come sempre, i Monty Python ne hanno per tutti, e, citando alcuni episodi di questo film, non si può non partire da quello che colpisce cattolici e protestanti, con una sagacia e un'irriverenza degne dei fratelli Marx, non a caso modello imprescindibile del gruppo.
Ambientazione proletaria, in una delle tipiche case a schiera in cortina sta tornando il capofamiglia a capo chino, ma il suo umore peggiora alzando gli occhi e vedendo arrivare una cicogna (disegno di Terry Gilliam, ça va sans dire) che recapita nel camino uno dei suoi fagottini. E in effetti quell'uomo ha decine e decine di figli, ma la situazione familiare è ora in via di peggioramento perché ha appena perso il lavoro. La confessione successiva è esilarante: i figli stessi, ormai destinati ad esperimenti scientifici, gli chiedono perché ne abbia avuti così tanti e perché non abbia usato qualche stratagemma per evitarlo e lui risponde "prendetevela con la Chiesa che non vuole che metta uno di quei cosini di gomma", e ancora "no, se vogliamo restare fedeli alla religione di maggio diffusione del mondo", per poi intonare una delle canzoni più dissacranti del repertorio Python: Every sperm is sacred.
Dall'altra parte della strada, invece, è la volta di una coppia protestante, che guarda dai vetri della finestra quanto accade di fronte: il marito irride i cattolici con prosopopea ("ogni volta che hanno un rapporto sessuale devono fare un bambino"), esalta Lutero ed elenca improbabili nomi di preservativi, ma di fatto ha una moglie che pensa che le precauzioni nel sesso si limitino a chiudere la porta e che, giustamente si meraviglia, poiché, dice, "noi abbiamo due figli e abbiamo avuto solo due volte rapporti sessuali".
Oltre Every sperm is sacred, la vena musicale dei Python si ammira in altri brani cult nel film, come l'astronomica Galaxy Song, in cui il senso della vita si fonde con l'universo stellato in una surreale passeggiata che Eric Idle, uscito da un frigorifero (sic), compie con una annoiata casalinga (Terry Jones), che ha appena visto morire il marito davanti ai suoi occhi per la "donazione" degli organi. Lo stesso si dica per The Penis Song, piccola canzoncina sul pene, cantata ancora da Idle, ovviamente nel contesto più formale e lussuoso che si possa immaginare, in un tipico contro-contesto ai limiti del dadaismo, peraltro in una sequenza tutta impostata in questo modo e che di lì a poco vedrà entrare in scena il signor Creosoto, l'incredibile e ricco grassone, che mangerà fino ad esplodere, grazie alla mentina digestiva offertagli da un fantastico cameriere interpretato da John Cleese (vedi).
L'analisi fatta per la sequenza di cattolici e protestanti si potrebbe fare per ogni scena, tutte decisamente cult: dall' "apparecchio che fa pin" in sala parto e che ironizza su alcuni orpelli tecnologici degli ospedali, che più che servire ai pazienti servono ad esaltare i bilanci (vedi), al ristorante che nel menu propone conversazioni interessanti e filosofiche che, però, fatalmente, tornano al nulla se intavolate da persone che più in là del gossip non riescono ad andare; dall'insegnamento e dalla formalità dei college, dove anche l'educazione sessuale diventa lezione pedante che annoia i ragazzi, alla guerra, che ribalta la realtà ("ho ucciso quindici selvaggi, signore, in patria mi impiccherebbero, qui forse avrò una fottuta medaglia"), e che si fonda su una gerarchia esasperata, in cui le vite degli ufficiali valgono ben più di quelle dei soldati semplici.
La lezione di sesso di John Cleese
La morte ha uno spazio determinante, com'è ovvio che sia in un film con questo titolo. Tra l'altro, uno degli episodi connessi ad essa è l'unica parte che rimane del primo progetto del film, poi modificato dall'idea di Terry Jones, e che consisteva in un processo ad un gruppo di attori e sceneggiatori comici, i Monty Python ovviamente, che alla fine venivano condannati a morte potendo scegliere la propria fine. Nello sketch inserito nel film, infatti, Arthur Jarrett (Graham Chapman), condannato per aver scritto battute razziste, sessiste e blasfeme, sceglie di morire facendosi rincorrere da donne nude, in una sequenza che non può non far pensare al video di Bicycle race dei Queen (1978), in cui le ragazze però erano in bicicletta. Chapman, peraltro, era dichiaratamente omosessuale, il che rendeva ancora più dissacrante la scena e forse aumentava anche l'analogia con la canzone, cantata da Freddy Mercury.
Graham Chapman nella sua "condanna a morte"
La sequenza di morte più riuscita, però, resta indubbiamente la fantastica scena con il Tristo mietitore, la Morte personificata come da tradizione iconografica, con una falce in mano e incappucciata in un lungo mantello nero, che suona alla porta di una casa di campagna inglese, per chiamare a sé il gruppo di partecipanti alla cena... atmosfera gotica e linee di sceneggiatura sempre esilaranti, con cui si ironizza sugli statunitensi, sempre troppo verbosi, e sugli inglesi, pomposi e privi di coraggio (vedi).
Meno riuscito, invece, il finale natalizio e paradisiaco, da varietà televisivo anni '80, in cui un'altra canzone, It's Christmas in Heaven, fa da sfondo alla riunione di tutti i personaggi del film.
Diversi i passi del film in cui si nota anche un'attenta regia. Si pensi, ad esempio, all'ellissi del bambino nel campo di rugby che subito dopo diventa un soldato in trincea, forse non a caso entrambi interpretati proprio da Terry Jones, anche regista del film; oppure la lunga passeggiata in cui la mdp segue il cameriere interpretato da Eric Idle, che dalla città arriva in campagna per mostrare la casa in cui è nato, un istante elegiaco, incastonato tra due momenti totalmente opposti: prima un monologo di una donna delle pulizie che passa dalla saggezza popolare a un intollerabile antisemitismo (mai fidarsi dei personaggi dei Python), e poi dal turpiloquio del cameriere che si indispettisce con se stesso, convinto che gli altri - gli spettatori che lo seguono da un po' con la mdp - non reputino all'altezza quanto gli ha appena raccontato.
Per chiudere torniamo all'inizio, ribaltando tutto in pieno stile Python, e pensiamo alla meraviglia dell'acquario con i sei pesci (con i volti e le voci del gruppo), che si salutano, riflettono sul senso di essere lì e sull'attesa di essere cucinati nel ristorante in cui sono e come è appena successo ad un loro compagno... il senso della vita più cupo e allo stesso tempo più comico che si possa immaginare!

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