giovedì 30 giugno 2022

Sgomento (Ophüls 1949)

Max Ophüls, il grande regista tedesco naturalizzato francese, punto di riferimento dichiarato di registi come Stanley Kubrick e Paul Thomas Anderson, arrivò a Hollywood subito dopo la Seconda guerra mondiale e, dopo aver girato un primo film, Re in esilio (1947), realizzò quello che può essere considerato il suo massimo capolavoro, Lettera da una sconosciuta (1948), per poi chiudere l'esperienza statunitense, prima di tornare in Francia, con due noir: Presi nella morsa Sgomento (guarda il film).
Nei quattro film americani, peraltro, il suo cognome, già pseudonimo in luogo di Oppenheimer, venne trasformato in Opuls, come infatti compare anche nei titoli di testa di Sgomento, per evitare l'assonanza con l'aggettivo inglese awful (orribile). 
Sgomento, in originale The Reckless Moment, prodotto dalla Columbia e tratto dal romanzo di Elisabeth Sanxay Holding Una barriera di vuoto (The Blank Wall, 1947), adattato anche più recentemente nel film I segreti del lago (McGehee - Siegel 2001), è la storia di una tipica famiglia della provincia statunitense, gli Harper, che vive in una grande villa nell'isola artificiale di Balboa, in California, a 50 km da Los Angeles.
Assente il pater familias, lontano per lavoro, restano in casa la moglie, Lucia Harper (Joan Bennet) - nome in italiano anche in originale -, il padre Tom (Henry O'Neill) i due figli, Beatrice "Bea" (Geraldine Brooks) e David (David Bair), la governante Sybil. La tranquilla quotidianità della famiglia, però, ad una settimana dal Natale, con la piccola cittadina in fermento per le feste in arrivo, viene sconquassata dalla relazione di Bea con Ted Darby (Shepperd Strudwick), un losco faccendiere molto più grande di lei, che nel corso della vicenda scopriremo essere un trafficante di opere d'arte. E il film si apre proprio con Lucia, l'unica a sapere di questo rapporto, che incontra Ted in un albergo per scoraggiarlo e per convincerlo a rinunciare alla figlia diciassettenne, un incontro che farà infuriare Bea, la quale solo in un secondo momento si renderà conto delle ragioni della madre. Un grosso litigio tra i due amanti sul molo e una reazione violenta della ragazza porterà alla caduta di Ted, avvenuta quando ormai Bea è già lontana... il mattino dopo sarà Lucia a trovare il corpo dell'uomo e a farlo sparire cercando di tutelare la propria famiglia e la figlia. 
In questa premessa ci sono tutti i caratteri del noir: il delitto passionale, la relazione segreta e fuori dagli schemi sociali, e ovviamente quella realtà fumosa e scura che ha dato il nome al genere. Dall'omicidio in poi, infatti, tutto diventa complicato, anche perché, più della polizia saranno altri malviventi, in possesso delle lettere d'amore tra Bea e Ted, a comprendere cosa sia davvero accaduto e uno di questi, Martin Donnelly (James Mason), si avvicinerà sempre più a Lucia, dapprima ricattandola e poi iniziando a prenderla in simpatia e scatenando l'intervento del suo socio, il molto più losco Nagel (Roy Roberts).
La regia di Ophüls è impeccabile e, nel corso del film, si notano carrelli che accompagnano i protagonisti (es. Lucy in strada o Martin che cammina freneticamente tra i tavoli di un locale); piani sequenza che aumentano la tensione (es. Lucia, preoccupata, cammina per la casa lambiccandosi su come riuscire a risolvere la questione senza far incriminare la figlia e senza far sapere nulla agli altri e soprattutto al marito lontano) e una bellissima soggettiva che ci racconta un importante incidente d'auto.
Inquadrature chiuse su se stesse e la bellissima fotografia, diretta da Burnett Guffey, caratterizzata da squarci di luce tra i neri saturi, rimandano pienamente all'espressionismo tedesco. 
Bella la sceneggiatura, scritta da Mel Dinelli, Robert Kent, Henry Garson e R.W. Soderborg, che si impone all'attenzione in diversi frangenti. Ne è un esempio il dialogo iniziale che mostra lo scontro generazionale tra madre e figlia, che vede Bea tacciare Lucy di una mentalità antiquata (come qualunque adolescente di ogni tempo) e Lucia usare ogni mezzo pur di allontanare Bea da Ted ("odio quell'uomo", scriverà disperata al marito). Lo script, qua è là, non è possibile non notarlo, mostra il tempo passato da quando venne scritto, evidenziando la difficile condizione della moglie sola a gestire le vicende della famiglia, che sembra quasi giustificare gli avvenimenti e le enormi complicazioni successive. Il rapporto tra lei e il marito è epistolare e telefonico, e il bisogno di un uomo a casa per sopperire a quella mancanza traspare in maniera evidente in alcune righe: "se David fosse più grande, se papà fosse più giovane...". E a confermarlo lo slogan con cui il film veniva pubblicizzato negli USA: "it could happen to so many married woman!", che oggi sarebbe davvero inaccettabile.
Allo stesso modo il fatale legame, seppur ovviamente platonico (siamo sempre in anni di Codice Hays), tra Lucia e Martin, permette un approfondimento sul personaggio, che la sceneggiatura trasforma in un buono costretto ad essere cattivo con un veloce tratteggio psicologico. Sapremo, infatti, che la madre avrebbe sognato di vederlo diventare un prete, ma che Martin, primogenito di cinque fratelli, ancora oggi si porta dietro i sensi di colpa nei confronti della madre per essere stato il figlio peggiore. Il sostrato religioso del soggetto è molto forte e arriverà a cristizzare la figura di Martin, vero e proprio martire e agnello sacrificale della storia, che però, invece che a Pasqua, si chiuderà col Natale.

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