sabato 8 agosto 2020

Malèna (Tornatore 2000)

Giuseppe Tornatore tra Sicilia, memoria e desiderio...
Il cineasta di Bagheria, con inevitabili riferimenti autobiografici, racconta l'educazione sentimentale di un ragazzo siciliano tra amici, famiglia, religione, cinema e primi turbamenti sessuali.
Malèna è un lungo flashback ambientato nell'immaginario paesino siciliano di Castelcutò negli anni della Seconda guerra mondiale, con la musica di Ennio Morricone e il suo carico di indomabile malinconia, a sottolineare i momenti più evocativi e poetici.
La storia inizia il 10 giugno 1940, a dircelo sono i preparativi per il discorso di Benito Mussolini, che quel giorno dichiara guerra a Francia e Inghilterra, segnando così l'entrata dell'Italia nel conflitto mondiale.
La mdp scende dall'alto in strada. Da una camionetta un militare chiama tutti gli abitanti a raccolta per il pomeriggio, quando nella piazza principale tutti gli abitanti si riuniranno per ascoltare le parole del duce diffuse dagli altoparlanti.
Renato (Giuseppe Sulfaro) e i suoi amici, però, non sono affatto interessati a quello. Sono sei adolescenti in piena pubertà che hanno un sogno femminile condiviso: Malèna Scordia (Monica Bellucci), bellissima ragazza sposata con un ragazzo partito in guerra, le cui passeggiate da casa al centro del paese sono un evento per tutti loro. 
Renato, peraltro, proprio quel giorno ottiene la sua bicicletta nuova, che gli permetterà di scorrazzare per tutto il paese e di seguire gli spostamenti di Malèna, che diventerà presto la sua ossessione.
Tornatore rende ogni momenti di questa infatuazione, clamorosamente intenso e barocco, nel senso positivo del termine, e gioca, da par suo, con le fantasie di Renato che traduce in immagini.
Il dodicenne, infatti, dal momento in cui gli amici gli mostreranno quella donna, non riuscirà a pensare ad altro: la immagina chiedergli di comprare le sigarette nella maniera più sensuale possibile, in un'apparizione in vestaglia con il tessuto increspato degno di una figura botticelliana; si vede mentre raccoglie le gocce d'acqua sotto i capelli bagnati di lei, stesi all'indietro ad asciugare al sole; gli appare come Madonna in processione e, soprattutto, la ammira nuda davanti a sé ogni volta che, nel chiuso della propria camera, cerca un'immediata ispirazione autoerotica. In diversi casi, Tornatore sfoga la sua cinefilia con ironia e approfitta dell'immaginazione del ragazzo per riprodurre sequenze in bianco e nero da film d'epoca: Malèna diventa così pupa del gangster Renato in un noir americano; Jane che abbraccia e bacia Tarzan; Cleopatra in abiti succinti in un peplum, con cui farà il paio Renato gladiatore nell'arena, quando sarà la volta di difendere l'onore di Malèna dalle malelingue. Il regista sarà addirittura filologico nel riprodurre la sequenza di Ombre rosse di John Ford con i due protagonisti della sua storia, però, che amoreggiano durante l'epico attacco alla diligenza.
Oltre questi inserti, il regista alterna anche scene di genere, utilizzando lo stile comico da slapstick quando mostra la vita di Renato in famiglia, con l'adolescente sistematicamente scoperto durante le sue performance autoerotiche che spesso finiscono con gli schiaffoni del padre che mulina le mani colpendo un po' tutti quelli che gli capitano a tiro; ma anche a scuola, dove il padre di Malèna è il professore pressoché sordo, che si presta a una serie di gag in cui, ignaro, si ritrova ad autorizzare pratiche sessuali con la figlia agli studenti che sembrano chiedere semplicemente il permesso di andare in bagno.
La comicità torna più volte nel corso del film e tra queste va ricordata quella in cui Renato cade mentre spia Malèna e poi, claudicante e con il braccio ingessato, si vendica andando in chiesa e spezzando il braccio della statua del santo che non lo ha protetto a sufficienza.
Un altro omaggio cinefilo è ravvisabile nella sequenza in cui Renato, ormai considerato non più un bambino, va in una casa chiusa e, circondato di donne, la sua fantasia si trasforma in un momento onirico felliniano degno di Roma (1972; vedi) o de La città delle donne (1980; vedi).
La più evocativa citazione cinematografica, però, è tratta da C'era una volta in America, poiché Renato spia Malèna da un buco nel muro proprio come Noodles faceva con Deborah nel capolavoro leoniano, che è già di per sé simbolo cinematografico per eccellenza, come visione monoculare dalla mdp.
Che poi si tratti di un riferimento voluto a Leone appare confermato dall'immagine in silhouette della donna, che rimanda alle ombre cinesi del film del 1984, anch'esse evocative, poiché storia del cinema prima del cinema.
Da quel foro o nei sogni ad occhi aperti, i dettagli sono fondamentali: la mdp in soggettiva va a scoprire i pizzi e le trasparenze della sottoveste di Malèna, che fatalmente talvolta vede scivolare una spallina, che la Bellucci con gesti di travolgente femminilità rimette a posto; e lo stesso vale per il pendaglio con il crocifisso tra i seni, o il reggicalze che Malèna allaccia e che poi spinge il tessuto sotto la gonna turbando Renato e chi guarda attraverso i suoi occhi. Più sfacciatamente erotica sarà poi la vista di Malèna che, nuda e accaldata, sfrega un limone sulla pelle per cercare refrigerio, sconvolgendo non poco l'adolescente che arriverà persino a rubare un suo indumento intimo steso al sole.
Tornatore, inoltre, inserisce dettagli rilevanti anche in altre occasioni, come nel caso della grande scultura della testa del duce che, in un momento di rabbia, Renato fa cadere dal piedistallo facendola rotolare per le scale della scuola, significante quanto basta.
Malèna, però, è guardata e spogliata con gli occhi da tutto il paese. Al suo passaggio, non solo i ragazzi, ma adulti, uomini sposati o meno, persino i preti, non possono fare a meno di interrompere ogni attività per quei pochi secondi di massima bellezza. Tornatore li cerca tutti con panoramiche a schiaffo che vanno dalla strada ai tavolini del bar, fino ai balconi dei palazzi attorno alla piazza del paese (nella realtà piazza del duomo a Ortigia, in provincia di Siracusa).
Per tutto il film Tornatore gira con grande abilità e muovendo moltissimo la mdp, con panoramiche, dolly, carrelli e tanto altro, coadiuvato dalla fotografia di Lajos Koltai, in grado di cogliere tutte le gradazioni della calda luce siciliana, e che ottenne la nomination agli Oscar, oltre a vincere il David di Donatello.
La sceneggiatura, forse l'elemento meno incisivo di una pellicola in cui le immagini dominano sulla parola, è costituita soprattutto dalla voce off dell'anziano Renato - mai mostrato nel suo aspetto attuale - che racconta della sua giovinezza, ma non mancano momenti in cui la scrittura serve ad illustrare l'altro lato dell'opinione del paese su Malèna: l'invidia delle donne.
Al suo passaggio, infatti, oltre alle già descritte reazioni estatiche maschili, è tutto un sussurrare di frasi surreali pronunciate da donne non certo avvenenti e incattivite dalla vita, "chissà cosa ci trovano gli uomini", "troppo vistosa, volgare", "mio figlio dice che pare finta", "mio marito non la toccherebbe nemmeno come un dito". 
Conseguenza diretta di questo atteggiamento, le calunnie derivanti dall'invidia che, dopo la guerra che spingerà Malèna ormai vedova a barcamenarsi come può (un'evoluzione evidenziata anche dai capelli tinti prima color mogano e poi biondo platino), si trasformeranno persino in violenza fisica, in una sequenza dal sapore evangelico. Malèna viene colpita e umiliata in piazza come una novella Maddalena - e Malèna non a caso è un'abbreviazione di quel nome - con il pretesto dei suoi legami con i fascisti, ovviamente fino a pochi giorni prima sostenuti anche dalle carnefici sempre più trasfigurate e imbruttite, se possibile, dall'invidia e dalla vendetta nei confronti della bellezza, dall'attenta mdp di Tornatore.
La crescita di Renato, già simbolicamente segnata dalla conquista della poltrona degli adulti dal barbiere, passerà anche dal discernimento tra verità e maldicenza su Malèna e, proprio di fronte alla scena appena descritta, rimarrà immobile pur soffrendo per ciò che vede, segno che diventare adulti in quel contesto significa anche sottostare al volere della massa.
La colonna sonora del film, infine, meriterebbe una recensione a parte e non solo per Morricone. Tra i brani del maestro basta citare la bellissima e malinconicissima musica portante, Malèna, ma anche altri brani dai titoli significativi, come Passeggiata in paese Inchini ipocriti e disperazione, oppure Visioni, i cui fiati fanno tanto pensare ad alcuni pezzi di Mission, o Linciaggio, la cui tensione la renderebbe perfetta anche per l'inizio di un duello western.
Dicevo non solo Morricone, perché c'è cinefilia anche nella colonna sonora. Renato, infatti, dopo averlo ascoltato e averlo visto ballare a Malèna, va a comprare il disco di Ma l'amore no, la canzone che Alida Valli interpretava in Stasera niente di nuovo (Mattoli 1942).
L'educazione sentimentale del ragazzo e la sua crescita passeranno per il disincanto, simboleggiato anche da quel disco gettato in mare dopo la partenza di Malèna per Messina e, neanche a dirlo, vedere la Bellucci vicino al treno rimanda subito ad un'altra bellissima del nostro cinema in una situazione simile, pensando all'arrivo in città di Claudia Cardinale-Jill in C'era una volta il West.
Tornatore, Morricone, Leone e tanto altro cinema condito di suggestioni: con Tornatore è sempre così e non smetteresti mai di affondare in quella malinconia cinefila e nelle sue immagini accoglienti e sensuali, qui davvero in tutti i sensi.

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