martedì 7 luglio 2020

Saluto a Ennio Morricone (10/11/1928-6/7/2020)

Quegli occhi, quello sguardo, quel sorriso beffardo in quella foto da bambino, nella stessa terza classe elementare di Sergio Leone, che è poco più in là. È quella l'espressione che Ennio Morricone ha conservato per tutta la vita e quella che lo rendeva per molti di noi uno di famiglia.
La semplicità di una persona comune, vera, senza alcuna prosopopea, come solo alcuni grandissimi sanno essere, ma con una tenacia e una fiducia nei propri mezzi davvero incredibili.
Uno dei più grandi musicisti di cinema di sempre (chi ne sa, dice che anche a prescindere dal cinema fosse un grandissimo musicista), impossibile pensare a lui senza far scorrere le immagini... perché sì, la sua musica evoca subito immagini per tutti gli appassionati del grande schermo.
Leone e Morricone in terza elementare
E, per ricordarlo, basta pensare alla telefonata di Stanley Kubrick a Sergio Leone, per chiedere come avesse fatto ad accordare così bene la musica con il meraviglioso dolly di C'era una volta il West, nella sequenza dell'arrivo nella piccola città di Sweetwater di Jill-Claudia Cardinale, con la mdp che sale mentre anche la musica avanza in un bellissimo crescendo (vedi). La risposta del regista romano fu semplice, poiché non si trattava di un lavoro in post-produzione ma, come sempre nei suoi film, la musica di Morricone era già pronta prima delle riprese e che quindi storia, scena, regia e musica erano così perfettamente fuse perché erano nate insieme. Il brano di quella sequenza, l'America di Jill, è uno dei manifesti morriconiani, capaci di sconquassarti dentro anche lontano dal cinema.
Forse è proprio qui la grandezza della musica di Morricone, poiché molti suoi brani, anche ascoltati nella vita quotidiana, rendono epico tutto ciò che si sta facendo: è così che una semplice passeggiata diventerà immagine in movimento e portare a spasso il cane o rimanere fermi nel traffico improvvisamente ci darà la sensazione di avere un dolly sopra la nostra testa che ci rende piccoli, tanto piccoli... 
La simbiosi Leone-Morricone, cresciuti nello stesso rione romano, Trastevere, a viale Glorioso il primo, a via delle Fratte il secondo, era iniziata con Per un pugno di dollari (1964), quando alla fine del 1963 il regista aveva voluto incontrare il vecchio compagno di classe per affidargli la colonna sonora del suo film. Inizialmente nessuno dei due ricordava della loro vecchia conoscenza, fu Morricone ovviamente a farlo per primo. I due videro insieme in un cinema a Monteverde La sfida del samurai di Kurosawa (1961), di cui il film di Leone costituisce un remake in chiave western. Il mito del west che il regista aveva in mente e l'epica che il musicista aveva nella sua si incontrarono e stimolarono alla perfezione occhi e orecchie degli spettatori!
Un giovane Morricone al Gianicolo
A quel punto della sua vita Morricone aveva 36 anni, una carriera avviata, con già poco più di dieci colonne sonore realizzate, a partire dalla collaborazione con Luciano Salce (Il federale, 1961; La voglia matta La cuccagna, 1962; Le monachine, 1963), con Camillo Mastrocinque (Diciottenni al sole e I motorizzati), con Lina Wertmuller (I basilischi, 1963). Proprio nell'anno della prima pellicola con Leone, peraltro, scrisse anche le musiche per un paio di commedie di Lucio Fulci (I maniaci e I due evasi di Sing Sing), oltre a Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci.
Si diceva, però, dell'incontro con Leone, ad oggi uno dei contatti più proficui della storia del cinema italiano e non solo, forse paragonabile solo a Fellini-Rota e a Hitchcock-Herrmann. La collaborazione iniziò così: tra 1964 e 1966 lavorarono all'intera "Trilogia del dollaro" (Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto e il cattivo), e poi a C'era una volta il West (1968), Giù la testa (1971) e C'era una volta in America (1984; ascolta).
Morricone e Sergio Leone
Sei film, sei capolavori, di cinema e di musica, e ce ne sarebbe stato un settimo se Leone avesse vissuto abbastanza per girare Leningrado, già pronto, ma solo nella sua testa, con un'inquadratura iniziale col sottofondo della musica che Shostakovich aveva composto pensando proprio all'assedio di Leningrado. Chissà come sarebbe stato il resto...
Rispetto all'inizio con Leone, proprio Salce, con cui aveva esordito al cinema, gli disse "sei un autore sacrale e mistico, per questo non puoi lavorare con me: io sono comico". I due smisero di lavorare insieme, ma rimasero ottimi amici.
Figlio d'arte, suo padre Mario era un trombista, ebbe poche possibilità di scelta, e, pur volendo studiare medicina, iniziò studiando la tromba al Conservatorio di Santa Cecilia, per poi affinarsi nella composizione con Goffredo Petrassi. Come egli stesso ha dichiarato, nella bellissima e ampia intervista-libro all'allievo Alessandro De Rosa, "un giorno [mio padre] mi mise la tromba in mano e mi disse: io ho fatto crescere voi che siete la mia famiglia con questo strumento. Tu farai lo stesso con la tua".
Ennio con la sua Maria
E così, lavorò prima come trombista, soprattutto con l'orchestra di Carlo Savina, collaborando anche per trasmissioni radiofoniche della RAI, e quindi entrò alla RCA, dove fu collega di Luis Bacalov e si occupò di arrangiamenti di canzoni popolari diventate celebri, con titoli che vanno da Abbronzatissima di Edoardo Vianello (1963) a Sapore di sale di Gino Paoli (1963), da Il mondo di Jimmy Fontana (1966) a Se telefonando di Mina (1966).
Nel frattempo, nel 1956 si era sposato con Maria Travia, da cui ha avuto quattro figli, Marco, Alessandra, Andrea, Giovanni. Gli ultimi due, rispettivamente musicista e sceneggiatore/regista, non un caso.
Tra le altre grandi passioni, quella della Roma, in senso calcistico, s'intende (leggi), e per gli scacchi, di cui si definiva un "buon giocatore", con tanto di maestro importante, Stefano Tatai, e diverse amichevoli con campioni come Judit Polgar, che prima di ogni gara ascoltava un suo brano, Peter Leko, Miso Cebalo, Anatolij Karpov, fino al pareggio con Boris Spassky (leggi). Gli scacchi, d'altronde, sono un po' matematica, e questa è sorella della musica tra le arti liberali dell'antico quadrivio, neanche a dirlo. Su tutte le sue passioni, però, più in alto c'è sempre stato l'amore per la moglie, Maria, ricordata ad  ogni occasione di trionfo e anche nell'ultimo saluto di ieri, quando ci ha detto che se ne era andato e che non voleva un bagno di folla che, ovviamente, avrebbe meritato.

Impossibile ripercorrere qui le oltre 430 colonne sonore composte da Ennio Morricone, ma su alcune non è possibile tacere.
Da quella inquietante per I pugni in tasca (Bellocchio 1965), a quelle più leggere, per Metti una sera a cena (Patroni Griffi 1969) o per Il mio nome è Nessuno (Valerii 1973); e poi i primi film di Carlo Verdone, Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone (1980, 1981), colonne sonore divertenti ma anche malinconiche, per due pellicole in cui fu basilare lo zampino di Sergio Leone produttore. E poi tanti capolavori, come la colonna sonora de La battaglia d'Algeri (Pontecorvo 1966), dalla marcetta del tema centrale a tutti gli altri brani, e quella di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri 1970), o di Sacco e Vanzetti (Montaldo 1971), con la splendida voce di Joan Baez nell'indimenticabile Here's to you; de I cancelli del cielo (Malick 1978), e soprattutto Mission (Joffe 1986), film dal valore controverso, ma su cui è impossibile discutere per i due protagonisti, De Niro-Irons, e per le musiche, tra le più belle di sempre (ascolta).
Morricone e Malick giocano a scacchi
Tra gli altri grandi nomi del cinema straniero, ha lavorato con Luis Buñuel per Léonor; con John Boorman per L'esorcista II - L'eretico (1977); con John Carpenter per La cosa (1982); con Samuel Fuller per Cane bianco (1982) e Les voleurs de la nuit (1984); con Brian de Palma per Gli intoccabili (1987), Vittime di guerra (1989) e Mission to Mars (2000); con William Friedkin per Assassino senza colpa? (1987); con Roman Polanski per Frantic (1988); con Pedro Almodovar per Légami! (1990); con Barry Levinson per Bugsy (1991) e per Rivelazioni (1994); con Oliver Stone per U Turn (1997); con Adrian Lyne per Lolita (1997).
Morricone e Quentin Tarantino
L'ultimo grande film è stato The Hateful Eight con Quentin Tarantino (2015; ascolta),  e Morricone ha sfoderato l'ennesimo capolavoro che lo ha portato a vincere l'Oscar nel 2016, dopo cinque nomination (I giorni del cielo, Mission, Gli intoccabili, Bugsy, Malèna) e una statuetta alla carriera, consegnatagli nel 2007 da Clint Eastwood, conosciuto ai tempi delle pellicole girate con Sergio Leone. Tarantino ha sempre avuto un'ammirazione speciale per Morricone, citato più volte nei suoi film con musiche che strizzavano l'occhio alle sue, e il musicista, oltre ad aver rifiutato di collaborare per Bastardi senza gloria (2009) per questioni di tempo, lo aveva fatto anche per il bellissimo western claustrofobico, poiché per sua stessa ammissione iniziare a lavorare con un nuovo regista "alla mia età" è difficile... per fortuna Tarantino gli ha fatto cambiare idea.

Nel 2007 agli Oscar con Clint Eastwood
Tante le collaborazioni a più riprese con singoli registi: con Pontecorvo, per esempio, lavorò anche a Queimada (1969), a Ogro (1979); per Silvano Agosti compose le musiche de Il giardino delle delizie (1967), di Quartiere (1987), L'uomo proiettile (1995), La ragion pura (2001); per Dario Argento musicò L'uccello dalle piume di cristallo (1970; ascolta), Il gatto a nove code (1971), 4 mosche di velluto grigio (1971), La sindrome di Stendhal (1996), Il fantasma dell'Opera (1998). Non solo western, decisamente, e proprio nell'horror trovò tanta ispirazione, tanto più che dopo Argento prestò la sua opera a Carpenter e Boorman, come detto, ma anche ad Alberto De Martino, per il suo L'anticristo (1974), in cui collaborò con Bruno Nicolai; o b-movie come Gli occhi freddi della paura (Castellari 1971) e Il diavolo nel cervello (Sollima 1972). Tra i film che non t'aspetti, anche una sortita nel cinema erotico di Tinto Brass, con la bella colonna sonora de La chiave (1983) con Stefania Sandrelli.
Morricone con Dario Argento
E poi, ancora, scrisse (rigorosamente in ordine alfabetico) per Mario Bava, Mauro Bolognini, Liliana Cavani, Luigi Comencini, Sergio Corbucci, Damiano Damiani, Roberto Faenza, Marco Ferreri, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Ermanno Olmi, Folco Quilici, Francesco Rosi, Paolo e Vittorio Taviani, Duccio Tessari, Ricky Tognazzi, Luigi Zampa, Franco Zeffirelli, Valerio Zurlini e tanti altri.
Anche per Bertolucci compose colonne sonore degne di grandi capolavori, su tutti ovviamente quella per Novecento (1976; ascolta), ma realizzò anche quelle del già citato Prima della rivoluzione (1964), Partner (1968), Luna (1979), La tragedia di un uomo ridicolo (1981; ascolta).
Con Pier Paolo Pasolini fece ben otto film: iniziò con Uccellacci Uccellini (1966) e poi proseguì con Le streghe, episodio de La Terra vista dalla Luna (1967), Appunti per un film sull'India Teorema (1968), tutta la Trilogia della vita (Decameron, 1971; I racconti di Canterbury, 1972; Il fiore delle Mille e una notte, 1974) e, infine, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Inevitabile venisse richiesta la sua collaborazione anche per il film di Marco Tullio Giordana, Pasolini, un delitto italiano (1995), girato per ricostruire i fatti dell'orribile assassinio di cui fu vittima il poeta e regista friuliano.
Morricone con Giuliano Montaldo
Eppure i due registi con cui ha lavorato più spesso sono Giuliano Montaldo e Giuseppe Tornatore. Per il primo, oltre al già citato Sacco e Vanzetti (1971), musicò Ad ogni costo (1967), Gli intoccabili (1969), Gott mit uns (1970), Giordano Bruno (1973), L'Agnese va a morire (1976), Il giocattolo (1979), Il giorno prima Gliocchiali d'oro (1987), Tempo di uccidere (1989), I demoni di San Pietroburgo (2007). Per il secondo, invece, ha realizzato, a proposito di capolavori, la colonna sonora di Nuovo cinema Paradiso (1988), ma anche quelle per Stanno tutti bene (1990), Una pura formalità (1994), L'uomo delle stelle (1995), La leggenda del pianista sull'oceano (1998), Malèna (2000), La sconosciuta (2006), Baarìa (2009), La migliore offerta (2013), La corrispondenza (2016).
Morricone con Giuseppe Tornatore
C'è stata anche tanta televisione nella carriera di Morricone e famosi brani li ha composti per sceneggiati come Mosè (1974), Marco Polo (1982), peraltro diretto ancora da Giuliano Montaldo, La piovra 2-7, 10 (1986-2001), Karol, Paolo Borsellino, ecc.
Meritano qualche parola in più le colonne sonore realizzate per Sergio Leone e soprattutto alcuni brani analizzati nel loro contesto, a partire dalla prima collaborazione in Per un pugno di dollari. Il magnifico tema principale, infatti, fu incredibilmente un terreno di scontro tra i due, come Morricone ricorda ancora nell'intervista a De Rosa, poiché Leone avrebbe voluto utilizzare un brano già esistente, quello composto da Dmitri Tiomkin per Un dollaro d'onore (Hawks 1959), intitolato Deguello, già usato in fase di montaggio. Morricone minacciò di andarsene se avesse fatto così e la storia è cambiata, anche perché Leone, conoscendo il carattere dell'amico, arrivò a dire "Ennio, non te chiedo de imita', ma de fa' 'na cosa simile", ammansendo l'orgoglio di Morricone che, partendo da una ninna nanna composta due anni prima e adattandola al contesto, la trasformò nel capolavoro che tutti conosciamo.
Morricone con Bernardo Bertolucci
Tra i tanti gioielli della Trilogia del dollaro, la memoria va subito anche ad Ecstasy of gold, che ascoltiamo durante una delle sequenze più famose de Il buono il brutto e il cattivo, quella del cimitero, con Eli Wallach che corre cercando la tomba con il tesoro e la mdp che gira vorticosamente, una sequenza che, come ricordano in molti, Quentin Tarantino in testa, è stata utilizzata come lezione di cinema in molte scuole statunitensi (vedi). Quella musica, peraltro, ha fatto da scaldafolle in molti concerti dei Metallica, riarrangiata e resa se possibile ancora più trascinante dal gruppo heavy metal di Los Angeles, in una cover che ormai è diventata un classico (ascolta). Aanche i Dire Straits e gli U2 hanno omaggiato Morricone, dedicandogli dei pezzi (rispettivamente Once Upon A Time in The West e Magnificent), senza dimenticare che Morricone collaborò persino con i Pet Shop Boys per la loro It couldn't happen here e che, nel 2007, in occasione dell'Oscar alla carriera, venne realizzato un album, We all Love Ennio Morricone, a cui lavorarono, tra gli altri, anche Bruce Springsteen, Roger Waters, Quincy Jones, Celine Dion, Andrea Bocelli.
E poi ci sarebbe da scrivere un saggio sulla colonna sonora di C'era una volta in America (ascolta), composta da tanti brani indimenticabili per un film che resta ad oggi uno dei più grandi della settima arte. Sicuramente se da essa bisogna estrapolare un sentimento è ancora una volta la malinconia a prevalere, indubbiamente quella su cui le corde di Morricone hanno vibrato di più, a partire dal tema principale.
E come pensare alle prime scene in cui i protagonisti sono adolescenti senza Friends, Childhood memories o la struggente Poverty? O la bellissima melodia di Cockeye's song, per un personaggio che all'interno della pellicola non sembra avere altra funzione se non quella musicale, come conferma una sequenza in cui l'attore suona davvero quel motivo col flauto di Pan, intradiegeticamente in scena (in realtà suonato dal virtuoso rumeno Gheorghe Zamfir)? Ma anche la versione di Amapola, un classico di  Joseph Lacalle (1920) che Morricone ha reso eterna, o la funerea Prohibition Dirge per la scena del funerale del proibizionismo, che si trasforma in una grande festa così come la musica che la accompagna.
Su tutte, però, probabilmente va messo il Deborah's Theme, senza il quale la sequenza in cui Noodles spia Deborah che danza nel retrobottega non potrebbe avere la stessa intensità. Uno dei più bei brani d'amore mai concepiti, incredibilmente nato da uno scarto... quella musica, infatti, era stata composta per Amore senza fine di Zeffirelli, film per cui alla fine Morricone non lavorò e poté quindi riadattarla per il capolavoro di Sergio Leone. Anche qui il ricordo del musicista è divertente, come nel caso del brano portante di Per un pugno di dollari: Zeffirelli voleva al posto del suo brano una canzone cantata da Diana Ross e Morricone reagì bruscamente "mettici quella. Io me ne vado, te saluto"... sicuramente la cosa migliore da fare col senno di poi.
Chiudo questo ricordo, che non vorrei finire mai, con Pier Paolo Pasolini e con quel gioiello dei titoli di testa di Uccellacci Uccellini, musicati e cantati invece che scritti. L'idea era del regista, ma la realizzazione ovviamente fu del compositore, che rese tutto semplice (ascolta).
Eh sì, Ennio Morricone musicò, come sempre...
Per l'estremo saluto non ha voluto disturbare e da amanti della sua musica è un gran peccato, perché tutti avremmo voluto esserci. Sappia, comunque, che ci "disturberà" ogni giorno, perché ogni giorno lo ascolteremo e continuerà a darci brividi, a farci piangere e a rendere la nostra vita epica e malinconica al tempo stesso.
Grazie Ennio, ti ameremo per sempre!

3 commenti:

  1. Era l'italiano forse piu' amato nel mondo.
    Anche Mike Patton gli tributava spesso questo brano in apertura o chiusura dei concerti dei Mr Bungle

    https://www.youtube.com/watch?v=2GkWsc8kq0I

    Grazie di tutto Maestro.

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    1. Grazie Carlo! Non sapevo di Metti una sera a cena nei concerti dei Mr Bungle. Bel contributo.

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