venerdì 1 febbraio 2019

La favorita (Lanthimos 2018)

Un Settecento brutto, sporco e cattivo.
Realizzare un film sul XVIII secolo significa confrontarsi o comunque veder paragonare il proprio lavoro ad un capolavoro inarrivabile come Barry Lyndon (Kubrick 1975).  Lanthimos, dopo The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017), gira un altro bel film fuori dagli schemi, in cui nulla accade come ci si aspetterebbe in una corte illuminista e/o illuminata.
Siamo in Inghilterra e sul trono è la regina Anna Stuart (Olivia Colman), la prima sovrana del regno unito di Gran Bretagna, che dal 1707, attraverso l'Union Act, comprendeva Inghilterra, Scozia e Irlanda. Anna, affetta dalla sindrome di Hughes, che non le ha mai permesso di completare le gravidanze, vive in un evidente stato di depressione che rasenta la schizofrenia, come dimostrano i 17 conigli che tiene in gabbia nelle sue stanze, morbosa sostituzione simbolica del numero di bambini perduti.
La sua favorita è Sarah Churchill (Rachel Weisz), una faccendiera calcolatrice, che ha approfittato dello stato della regina per assumere un alto ruolo sociale e, di fatto, sostituendola nelle decisioni più rilevanti, comprese quelle politiche. Diventata duchessa attraverso il matrimonio con il duca di Marlborough, John Churchill, sempre lontano, in guerra, Sarah rende ancora più salda la relazione con Anna, condendola di un legame sessuale interpretato come utile strumento di controllo e di potere sulla regina.
Un giorno, però, arriva a corte la giovane e altrettanto intraprendente cugina di Sarah, Abigail (Emma Stone), che capisce velocemente come vanno le cose...

L'arrivo di Abigail è un piccolo capolavoro. La ragazza viaggia in carrozza e riceve le avance esplicite di un uomo; la mdp stacca e mostra alcuni dettagli della vita a corte; quando torna alla carrozza, Abigail viene spinta fuori e cade nel fango, segno che non deve essere stata particolarmente accondiscendente con quell'uomo. Conosciamo così il suo temperamento, che tanto sarà determinante nel resto della storia. Ed è in questo modo, con il vestito infangato, che si presenta dalla cugina per chiedere un lavoro, vedendosi assegnata, novella Cenerentola, al ruolo di umile servitrice.
Già questo basterebbe a comprendere che il Settecento di Lanthimos non è certo quello oleografico a cui siamo stati abituati, ma spetta a una delle altre servitrici pronunciare la frase che toglie ogni dubbio: "da queste parti cacano per strada... le chiamano osservazioni politiche", prima occasione in cui l'ironia della sceneggiatura si palesa con un linguaggio scurrile ma acuto che tornerà molto spesso durante il film.
Da lì in poi il terreno su cui si muove la vicenda appare chiaro e, modello un altro capolavoro cinematografico sul XVIII secolo come I misteri del giardino di Compton House (Greenaway 1982), non sorprenderà più vedere il susseguirsi di accenti grotteschi, tra cui spiccano le immagini dei nobili membri della corte, imparruccati e pesantemente truccati, che scommettono e si infervorano per delle surreali gare di corsa di oche starnazzanti per i saloni della residenza reale, con a capo Orazio, star dei pennuti "atleti".
A questi toni contribuisce in maniera determinante il continuo uso del fish eye che, deformando spazi e volti, accresce il carattere claustrofobico degli ambienti e caricaturale dei personaggi, conferendo alle scene toni degni di William Hogart, pittore che si dedicò a realizzare dipinti che criticavano palesemente quel mondo privilegiato, il cui immaginario fu un immancabile punto di riferimento anche per Stanley Kubrick. Come questo, anche Lanthimos ricorre alla luce delle candele per le scene notturne all'interno del palazzo, espediente realistico che qui amplifica l'idea di una comunità in cui gli intrighi sono all'ordine del giorno, come accadeva ne Le relazioni pericolose (Frears 1988), anch'esso da tener ben presente guardando il film di Lanthimos.
Veleni e trucchi, entrambi da intendere in tutto il loro spettro semantico, sono alla base di questo Settecento mai corretto, ed è proprio di notte e alla luce delle candele che Abigail scopre la relazione tra Anna e Sarah, e viene avvicinata da Robert Harley (Nicholas Hoult), capo dell'opposizione in parlamento, che le chiede di fargli da spia sui dettagli della vita privata della regina e della favorita.
Rari gli esterni, che si vedono perlopiù dalle finestre, se non per alcune eccezioni, come il tiro al piccione, versione antica del piattello, che sembra essere lo sport preferito da Anna e dalle sue favorite a contrasto.
L'ascesa di Abigail nella considerazione della regina è anche una scalata sociale ai danni della cugina, con cui la rivalità è ostentata ad ogni occasione, sin dai primi apprezzamenti per il suo comportamento da parte della regina, che le valgono un durissimo "non mi scavalcare".
La regia cura particolarmente quest'aspetto e, anche attraverso la musica, con un ossessivo ritmo di percussioni e fagotto (?), aumenta il pathos e l'ansia dello spettatore fino alla scoperta da parte di Sarah delle altre due donne a letto, momento in cui la musica si interrompe.
Il Bronzino del film e il Ritratto
di Eleonora di Toledo
agli Uffizi
La regina Anna, malata di gotta, che divora torte e mangia fino ad ingozzarsi al pari del fantastico signor Creosoto di pythoniana memoria (Il senso della vita - Gilliam 1983), è appunto impegnata tra cibo, conigli e giochi sessuali e non con la sua favorita, che si svolgono in una grande stanza il cui arredamento è uno dei capolavori scenografici del film. In pareti stracolme e ricchi di arazzi e dipinti, si intravedono una grande tela con Adamo ed Eva di Spranger?, una dama di Clouet, un ritratto di Bronzino e altre opere che sembrano avvicinarsi ovviamente ai maestri inglesi, ma anche ad Hans Holbein e a quadri devozionali in stile Guido Reni.
Tornando alle influenze del film, Lanthimos sembra aver presente ancora i Monty Python quando mostra Abigail che, in una delle tante schermaglie finalizzate a prevalere sulla cugina, colpisce ripetutamente il proprio volto con un libro, esattamente come nell'esilarante precedente dei frati penitenti autolesionisti di Monty Python e il Sacro Graal (Gilliam-Jones 1975).
La mdp segue i personaggi nei corridoi e nei saloni e non rinuncia mai a dettagli realistico-grotteschi: oltre a quelli già citati, questa costante idea di Settecento laido torna nelle scene all'interno di un bordello o in quella dei nobili che si divertono a colpire un buffone di corte con delle arance.
Gli uomini non escono bene da questo film, totalmente virato al femminile: nessun personaggio, tranne in parte Harley, è all'altezza delle protagoniste femminili. Come visto, gli uomini vengono immortalati mentre si affannano e si azzuffano per giochi infantili e anche il sesso segna una distanza enorme nei rapporti di potere tra uomini e donne a favore di queste ultime, anche se non manca mai l'ironia grottesca che fa da cornice a tutto il racconto, merito della sceneggiatura di Deborah Davis e Tony McNamara, una delle dieci nomination agli Oscar del film. Ne è un chiaro esempio la stessa Abigail, che sposa il giovane Marshall per questioni economico-sociali e, completamente assorbita dal lungo braccio di ferro con Sarah, ignora il marito sin dalla prima notte di nozze, quando come unica concessione accetta di masturbarlo distrattamente mentre lavora ai suoi intrighi.
C'è spazio, infine, anche per Jonathan Swift, citato da Sarah come spauracchio per la regina, poiché a "quel figlio di puttana" potrebbe consegnare le lettere compromettenti che si sono scambiate nel tempo, ed è al suo Gulliver che rimanda inequivocabilmente una delle locandine del film, che immortala le due favorite sul volto della regina come lillipuziane sul gigante.
Yorgos Lanthimos sembra lasciarci con una morale da tenere bene a mente: i favori di un potente sono fugaci, e affidare il proprio futuro ai suoi umori è un gioco d'azzardo che non vale la pena praticare...

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