I Coen rivisitano magnificamente il cinema western, il più importante dei generi autoctoni statunitensi, e lo raccontano recuperando un espediente del cinema classico, che sfrutta l'idea del libro che si sfoglia pian piano come cornice della narrazione e vincono la miglior sceneggiatura al festival di Cannes.
La ballata di Buster Scruggs e altri racconti della frontiera americana è un film antologico, che raccoglie diverse cose scritte dai due negli anni e mai messe sullo schermo. Per renderla una realtà c'è voluto l'intervento di Netflix, che ne voleva trarre una serie tv, poi qualcosa è cambiato e il compromesso ha permesso davvero un ottimo risultato.
La ballata di Buster Scruggs e altri racconti della frontiera americana è un film antologico, che raccoglie diverse cose scritte dai due negli anni e mai messe sullo schermo. Per renderla una realtà c'è voluto l'intervento di Netflix, che ne voleva trarre una serie tv, poi qualcosa è cambiato e il compromesso ha permesso davvero un ottimo risultato.
Il livello degli episodi è inevitabilmente differente, ma sempre elevato, con buoni interpreti, in alcuni casi star, altre volte ottimi caratteristi, e ce n'è per tutti i gusti: dalla versione comica del western a quella intimista, dalla storia perfettamente teatrale e fondata sulla scrittura a quella a più ampio respiro, che non rinuncia agli ampi paesaggi e ai colori della praterie e delle montagne. Anche i personaggi seguono il western in tutte le sue sfaccettature: dal ricercato, con tanto di manifesto wanted ostentato verso la mdp, al rapinatore; dal cercatore d'oro all'impresario girovago; dai viaggiatori in diligenza a chi invece avanza verso ovest in carovana.
Nel complesso è un film clamorosamente Coen, capace di far ridere, commuovere, far riflettere e appassionare lo spettatore, con intelligenza, cultura, sapienza registica e citazionismo.
Ne La ballata di Buster Scruggs, "l'usignolo di San Saba", come si autodefinisce Buster (Tim Blake Nelson), è un ricercato che, vestito di bianco, cavalca il suo splendido destriero, anch'esso bianco, lungo la Monument Valley. Canta e suona la chitarra (bella la soggettiva 'impossibile' dall'interno della cassa dello strumento, che determina anche una soggettiva sonora, anche se nessuno può davvero ascoltare da lì).
Buster Scruggs è un personaggio che entra di buon diritto nella galleria dei personaggi coeniani: con un nome che omaggia Buster Keaton, ammicca allo spettatore guardando dritto nella mdp e parlandogli direttamente, presentandosi e dichiarando didascalicamente i propri intenti.
I Coen giocano con i topos del genere: saloon, partita di poker, duelli, pianista che s'interrompe quando, guardando dallo specchio, capisce che sta iniziando una sparatoria nel locale; ma poi li stravolgono completamente con il duello stesso in cui Buster sconfigge l'avversario senza usare nemmeno le pistole e cantando e ballando subito dopo, con il coinvolgimento di tutti gli altri avventori del saloon, trasformando la scena in un musical (l'altro grande genere nato negli Stati Uniti), come già avevano fatto John Landis (I tre amigos, 1986). Tutto è parossistico, Buster potrebbe essere un personaggio perfetto anche nell'immaginario di Mel Brooks (Mezziogiorno e mezzo di fuoco, 1974) e il duello seguente lo dimostra: affronta il fratello dell'uomo ucciso (un accenno alla vendetta non può mancare) e lo sconfigge sparandogli ad ogni singolo dito della mano destra per poi finirlo colpendolo con un virtuosismo balistico, mirando di spalle attraverso un piccolo specchio, il cui riflesso con la vittima inquadrata in lontananza è di per sé, naturalmente, anche un virtuosismo cinematografico.
Nel western (e nella vita), però, la gloria è più fugace che mai ("non puoi essere il capobranco per sempre") e anche il migliore dei pistoleri ha vita breve quando incontra uno più veloce di lui. In questo caso, il destino è personificato in un uomo che arriva a cavallo suonando l'armonica, altro immancabile topos (non a caso in Sergio Leone Armonica era il silenzioso personaggio interpretato da Charles Bronson). Quest'uomo è vestito di nero ed è su un cavallo nero... la simbologia dei colori è importante! Ne consegue un altro momento musical finale, con l'animula di Buster che sale verso il cielo con un bel paio di ali, mentre assassino e vittima duettano sulle note di una malinconica e didascalica When a cowboy trades trades his spurs for wings, che chiude il cerchio dopo la scanzonata Cool cool water e la giocosa Surly Joe song.
In Near Algodones, la storia è ambientata nel New Mexico, dove un cowboy (James Franco) rapina una banca totalmente sperduta nel deserto, ma viene catturato subito dopo aver preso il bottino. L'impiegato della filiale (Stephen Root) è un altro magnifico personaggio: escogita un modo per essere invulnerabile ai proiettili, ricoprendo il proprio busto di padelle (è fantastico vederlo avanzare al grido di "padella!" ogni volta che uno dei colpi di Algodones ne colpisce una). Come accade spesso nei western - anche qui si pensi al leoniano Il buono, il brutto e il cattivo con Clint Eastwood che salva Eli Wallach dalla forca - Algodones viene salvato prima dagli indiani comanche che uccidono i suoi carnefici e poi da un cowboy che passa lì per caso con la sua mandria di vacche. Anche questa volta si ritroverà presto su una forca e, anche se per pochissimo, scoprirà l'amore...
Meal ticket è un'amara allegoria sulla fuggevolezza e la casualità del successo. Un impresario girovago (Liam Neeson) viaggia con il suo teatro ambulante e, aperto il sipario, un ragazzo privo di braccia e gambe (Harry Melling) cattura l'attenzione del pubblico con un monologo che passa da Ozymandias, sonetto che Shelley scrisse proprio per un busto senza braccia e gambe, quello della statua di Ramesses II, ancora oggi al British Museum, alla biblica storia di Caino e Abele; dai tormentati sonetti 29 e 30 di William Shakespeare, citato anche nel finale de La tempesta, fino al discorso di Gettysburg di Abraham Lincoln, comico nel suo essere fuori contesto, ma anche sorta di segnacolo cronologico che ci dice che siamo dopo il 1863. Tutto sembra proseguire uguale a se stesso, ma qualcosa cambierà... una gallina in grado di far di conto attirerà, infatti, molti più spettatori. L'impresario sarà affascinato dalla possibilità di diventare ancora più ricco con quello che viene definito un "cappone calcolatore", un "pitagorico razzolante". Durante uno dei viaggi si ferma sopra un fiume e, dopo aver lanciato un masso in acqua, sorride...
In All gold canyon un cercatore d'oro (Tom Waits) trascorre giorni e giorni a fare buche nei pressi di un fiume per trovare l'agognato filone che potrà garantirgli la fortuna. Nel momento esatto in cui lo trova, un uomo gli spara alle spalle lasciandolo a faccia avanti nella buca che egli stesso a scavato, ma è solo l'inizio di una lotta tra i due, in cui ovviamente alla fine prevarrà il protagonista. Chi la dura, la vince...
L'episodio è caratterizzato da colori saturi e luminosi: l'azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, il verde del prato e degli alberi dominano il paesaggio e Tom Waits che si aggira per quegli spazi con un cappello di paglia in testa ricorda il Van Gogh interpretato da Martin Scorsese nel magnifico Sogni di Akira Kurosawa (1990).
In The Gal Who Got Rattled un'intera tavolata dialoga su diversi argomenti durante il pasto quando la giovane, e poco avvenente, Alice Longabaugh (Zoe Kazan, nipote del grande Elia) catalizza l'attenzione rivelando che presto si sposerà con il socio in affari del fratello Gilbert. La ragazza non si separa mai dal suo piccolo Jack Russell Terrier di nome Presidente Pierce, un dettaglio che circoscrive il tempo dell'azione intorno agli anni 1853-57, in cui fu in carica il quattordicesimo presidente degli Stati Uniti. I due fratelli e il cagnolino iniziano il viaggio al seguito di una carovana, ma l'improvvisa morte di Gilbert lascia completamente sola Alice che, per garantirsi un po' di protezione, millanta una certa ricchezza che spinge Billy Knapp (Bill Heck), l'uomo che insieme al più anziano Mr Arthur (Grainger Hines) guida l'intera carovana, a proporle di sposarla.
Ancora una volta torna il tema principe del film ed è Alice che, parlando con Billy, dice che "il mio caro fratello era davvero cocciuto, ma questo non l'ha portato al successo". I due fidanzati giorno dopo giorno si scoprono sempre più adatti l'uno all'altra e, in questo clima di entusiasmo romantico, persino Presidente Pierce, abbandonato giorni prima a causa delle lamentele degli altri membri della carovana, ricompare dal nulla. Eppure, neanche questa volta, ci sarà spazio per un finale positivo, poiché i Coen ideano per questo episodio un epilogo che, pur non vedendo protagonisti entrambi i fidanzati e sostituendo la paura per gli indiani all'amore, riprende la dinamiche del mito di Piramo e Tisbe... d'altronde è stato una fonte anche per il Romeo e Giulietta di Shakespeare.
In The Mortal Remains, l'azione si svolge all'interno di una diligenza (come non pensare all'inizio di The Hateful Eight?), ennesimo contesto esemplare del vecchio west. Cinque personaggi, quattro uomini e una donna, sono costretti a viaggiare condividendo l'esiguo spazio a disposizione e ammazzano la noia raccontando storie. Un anziano trapper dalla lunga barba (Chelcie Ross), la bigotta signora Betjamen (Tyne Daly) e il cinico francese René (Saul Rubinek) s'imbattono in un complesso dialogo riguardante la categorizzazione dell'umanità in due classi: forti e deboli, giusti e peccatori oppure sempre pronti a cambiare sponda per convenienza. Dall'altra parte, l'irlandese Thigpen (Jonjo O’Neill), abile affabulatore, e l'inglese Clarence (Brendan Gleeson), il suo braccio destro, sono due cacciatori di taglie, e per loro le persone sono più semplicemente vive o morte, come la loro ultima preda, il signor Thorpe, che è sul tetto della diligenza.
L'arrivo a Fort Morgan, dove alloggiano tutti nello stesso albergo, avviene in una notte nebbiosa che conferisce alla storia un'atmosfera horror, confermata da René che, dopo aver aspettato il cocchiere andare via, chiude la porta dell'edificio dietro di sé. Per l'horror, però, non c'è tempo.
I Coen fingono di aver girato una pellicola minore, per la tv... ma la sprezzatura dei due registi viene velocemente contraddetta dall'evidenza della visione. Gran film, che va considerato a pieno titolo nella loro lunga sequela di opere d'alto profilo.
Resta un peccato non averlo potuto vedere sul grande schermo, ma quella è un'altra storia...
Ancora una volta torna il tema principe del film ed è Alice che, parlando con Billy, dice che "il mio caro fratello era davvero cocciuto, ma questo non l'ha portato al successo". I due fidanzati giorno dopo giorno si scoprono sempre più adatti l'uno all'altra e, in questo clima di entusiasmo romantico, persino Presidente Pierce, abbandonato giorni prima a causa delle lamentele degli altri membri della carovana, ricompare dal nulla. Eppure, neanche questa volta, ci sarà spazio per un finale positivo, poiché i Coen ideano per questo episodio un epilogo che, pur non vedendo protagonisti entrambi i fidanzati e sostituendo la paura per gli indiani all'amore, riprende la dinamiche del mito di Piramo e Tisbe... d'altronde è stato una fonte anche per il Romeo e Giulietta di Shakespeare.
In The Mortal Remains, l'azione si svolge all'interno di una diligenza (come non pensare all'inizio di The Hateful Eight?), ennesimo contesto esemplare del vecchio west. Cinque personaggi, quattro uomini e una donna, sono costretti a viaggiare condividendo l'esiguo spazio a disposizione e ammazzano la noia raccontando storie. Un anziano trapper dalla lunga barba (Chelcie Ross), la bigotta signora Betjamen (Tyne Daly) e il cinico francese René (Saul Rubinek) s'imbattono in un complesso dialogo riguardante la categorizzazione dell'umanità in due classi: forti e deboli, giusti e peccatori oppure sempre pronti a cambiare sponda per convenienza. Dall'altra parte, l'irlandese Thigpen (Jonjo O’Neill), abile affabulatore, e l'inglese Clarence (Brendan Gleeson), il suo braccio destro, sono due cacciatori di taglie, e per loro le persone sono più semplicemente vive o morte, come la loro ultima preda, il signor Thorpe, che è sul tetto della diligenza.
L'arrivo a Fort Morgan, dove alloggiano tutti nello stesso albergo, avviene in una notte nebbiosa che conferisce alla storia un'atmosfera horror, confermata da René che, dopo aver aspettato il cocchiere andare via, chiude la porta dell'edificio dietro di sé. Per l'horror, però, non c'è tempo.
I Coen fingono di aver girato una pellicola minore, per la tv... ma la sprezzatura dei due registi viene velocemente contraddetta dall'evidenza della visione. Gran film, che va considerato a pieno titolo nella loro lunga sequela di opere d'alto profilo.
Resta un peccato non averlo potuto vedere sul grande schermo, ma quella è un'altra storia...
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