domenica 17 febbraio 2019

Saluto a Bruno Ganz (22/3/1941-15/2/2019)

A 77 anni ci ha lasciati, dopo aver lottato contro un brutto male diagnosticato meno di un anno fa, Bruno Ganz, uno dei più grandi attori europei dell'ultimo cinquantennio, e quello che è stato definito «il miglior attore di lingua tedesca del secondo Novecento».
Lascia un figlio, Daniel, nato nel 1972 dal suo matrimonio con Sabine, da cui si era poi separato quando si era legato all'attrice Romy Schneider, mentre aveva successivamente avuto una lunga relazione con la fotografa Ruth Walz. La sua vita si dipanava in tre città dove possedeva altrettante case: Zurigo, Venezia, Berlino.
Bruno era nato nella prima di queste da un operaio svizzero e da una donna italiana e, non ancora ventenne, aveva debuttato al cinema in Der Herr mit der schwarzen Melone (Suter 1960), quando lo aveva notato l'attore Gustav Knuth, volto in Italia noto soprattutto per il ruolo del duca Massimiliano in Sissy. Dopo essere passato al teatro, in una compagnia d'ispirazione brechtiana, la Schaubühne, fondata insieme a Peter Stein e alla stessa Edith Clever, tornò al grande schermo nel 1975 e, dopo aver partecipato l'anno seguente al primo dei due film da regista di Jeanne Moreau, Lumière, e soprattutto al meraviglioso film in costume di Eric Rohmer, La marchesa von..., in cui era il conte coprotagonista che si innamorava della marchesa interpretata proprio dalla Clever, nel 1977 ottenne una dei suoi ruoli più importanti di sempre, il corniciaio invischiato nella malavita Jonathan Zimmermann, ne L'amico americano di Wim Wenders, al fianco di Dennis Hopper.
Bruno Ganz e Denni Hopper ne L'amico americano (1977)
Da quel momento in poi ha lavorato per il cinema in maniera pressoché ininterrotta fino alla fine della sua vita, lavorando con grandi registi come Werner Herzog (Nosferatu, il principe della notte,1979), lo stesso Wim Wenders (Il cielo sopra Berlino,1987; Così lontano così vicino, 1993), Theo Angelopoulos (L'eternità e un giorno, 1998; La polvere del tempo, 2008), Francis Ford Coppola (Un'altra giovinezza, 2007), Atom Egoyan (Remember, 2015).
L'amore per il teatro, però, è rimasto saldo, e negli anni è tornato a Brecht, ma ha recitato anche in  Prometeo incatenato di Eschilo (1987) e nel Faust di Goethe diretto da Peter Stein (2000).
Ganz ne La caduta e in Heidi
Complice la conoscenza della lingua, Bruno ha lavorato con diversi registi italiani quali Mario Bolognini (La storia vera della signora dalle camelie, 1981), Nelo Risi (Un amore di donna, 1988); Giuseppe Bertolucci (La domenica specialmente, 1991); Silvio Soldini (Pane e tulipani, 2000), grazie a cui vinse il David di Donatello. 
Negli ultimi anni è stato un convincente e disperato Adolf Hitler ne La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler (Hirschbiegel 2004), che gli valse a candidatura all'Oscar, Tiziano Terzani ne La fine è il mio inizio (Baier 2010), ma anche un perfetto nonno di Heidi (Gsponer 2014), a dimostrazione della sua grande versatilità.
Fra pochi giorni uscirà nelle sale italiane la sua ultima fatica, l'atteso La casa di Jack (2018), in cui è diretto da Lars von Trier al pari di Matt Dillon e Uma Thurman.
Damiel ne Il cielo sopra Berlino (1987)
Purtroppo, invece, non lo vedremo mai nella provocatoria serie tv cancellata da Showtime, The Vatican, in cui Ridley Scott lo aveva scelto come pontefice e di cui aveva girato anche l'episodio pilota nel 2013. Nello stesso anno e con lo stesso regista, l'attore svizzero recitava una splendida battuta nella piccola parte riservatagli in The counselor (2013): il suo mercante di pietre preziose diceva "non cerchiamo il merito, noi siamo dei cinici, cerchiamo solo imperfezioni".
Bruno Ganz se n'è andato e chissà se ad accompagnarlo ci sia stato un angelo malinconico simile al suo Damiel ne Il cielo sopra Berlino e in Così lontano, così vicino, quel che è certo è che ci mancherà quel suo volto rassicurante, dal naso schiacciato e dagli occhi buoni che nel buio della sala entrava sempre in empatia con lo spettatore...

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