L'ultima pellicola di Atom Egoyan non può suscitare indifferenza e non faccia storcere il naso l'idea di un'ennesima storia sulla tragedia dell'olocausto, perché questo è un film che va oltre, intervenendo sulle paure più recondite di ognuno di noi, sui difficili anni della vecchiaia, sul tema della vendetta, in quello che in fondo è un thriller sorprendente e che deve tanto al solito e imprescindibile Alfred Hitchock (e a Bernard Herrmann fa pensare spesso la musica composta da Mychael Danna per l'occasione), da cui si distanzia, però, per la potenza del colpo di scena, un escamotage mai troppo amato dal maestro del brivido.
Zev (Christopher Plummer) è da poco vedovo e ha l'alzhemeir, un dettaglio non da poco dato che, convinto da Max (Martin Landau), un amico conosciuto nell'ospizio costretto su una sedia a rotelle, decide di fuggire e mettersi alla ricerca di Rudi Kurlander, un gerarca nazista che ha sterminato le loro famiglie.
Per superare l'ostacolo della malattia, Max ha pensato a tutto e gli ha scritto una lettera da custodire nella giacca, in cui può leggere che sua moglie Ruth non c'è più e l'obiettivo del suo viaggio.
Zev inizia la sua ricerca per gli Stati Uniti e, nonostante suo figlio Charles cerchi di mettersi sulle sue tracce, riuscirà ad incontrare diversi uomini che rispondono al nome fornitogli da Max (tra questi anche un magnifico Bruno Ganz) e con storie che meritano di essere raccontate... ma solo uno sarà quello giusto e solo lui potrà ricordarne la voce!
Egoyan si sofferma sulle grandi contraddizioni statunitensi e, oltre a condannarne implicitamente l'essere stati per decenni rifugio dei nazisti, è indicativa la scena con cui descrive l'estrema facilità con cui si può acquistare una pistola: Zev si reca in un negozio e il regista indugia sulla situazione, che ricorda né più né meno quella dell'acquisto di qualsiasi altro articolo, con il commerciante che dà consigli pratici all'avventore che non ne sa nulla e non vede neanche bene. Ancora più incredibile però è la sequenza in cui il poliziotto ferma Zev poiché la sua pistola ha fatto suonare un metal detector, con il surreale dialogo che ne consegue, in cui l'uomo in divisa si complimenta con Zev per la scelta di una glock, modello che gli ricorda romanticamente la sua prima pistola...
Altra bellissima sequenza è quella dell'incontro tra Zev Gutman e John (Dean Norris, già nel ruolo di agente nella fortunata serie tv Breaking Bad), il poliziotto che Zev crede il figlio dell'ex blockführer che sta cercando. La tensione è costruita con maestria degna di Hitchcock: Zev entra in casa facendo credere di essere un vecchio amico del padre del John, peraltro morto da poco. L'uomo lo accoglie con grande cortesia e gli mostra i trofei del genitore, tra cui spiccano una bandiera con la svastica, una divisa da ss e una rara edizione del Mein kampf, ma alla scoperta di essere in realtà di fronte ad un ebreo, impazzisce trasformandosi in un Jack Torrance in versione nazista con tanto di pastore tedesco ringhiante.
Davvero geniale il soggetto del film e la perfetta costruzione narrativa, in cui la terribile malattia senile diventa metafora di un'altrettanto terribile dimenticanza della storia, ma ad esso si accompagnano grandi prove degli attori e una buona sceneggiatura, nella quale l'unico neo è nel momento un po' troppo didascalico-spielberghiano della bambina che legge la lettera a Zev ricoverato in ospedale, e che chiede "cos'è un nazista", sentendosi rispondere "è una persona cattiva"...
Tra le battute migliori, invece, va indubbiamente inserita "non si può certo odiare la musica", che pronuncia Zev per spiegare il suo amore per Wagner, apparentemente ingiustificabile, come splendidamente riassunto in una celebre battuta di Woody Allen - "lo sai che non posso ascoltare troppo Wagner... sento già l'impulso ad occupare la Polonia!" (Misterioso omicidio a Manhatthan, 1993 - vedi), e indirettamente testimoniato anche dalla famosa lettera di Baudelaire allo stesso compositore, in cui il poeta scrisse come complimento per la sua musica "ci si sente immediatamente elevati e soggiogati".
...e forse, in fondo, anche lo stesso Egoyan è d'accordo con Baudelaire e Woody Allen...
Zev inizia la sua ricerca per gli Stati Uniti e, nonostante suo figlio Charles cerchi di mettersi sulle sue tracce, riuscirà ad incontrare diversi uomini che rispondono al nome fornitogli da Max (tra questi anche un magnifico Bruno Ganz) e con storie che meritano di essere raccontate... ma solo uno sarà quello giusto e solo lui potrà ricordarne la voce!
Egoyan si sofferma sulle grandi contraddizioni statunitensi e, oltre a condannarne implicitamente l'essere stati per decenni rifugio dei nazisti, è indicativa la scena con cui descrive l'estrema facilità con cui si può acquistare una pistola: Zev si reca in un negozio e il regista indugia sulla situazione, che ricorda né più né meno quella dell'acquisto di qualsiasi altro articolo, con il commerciante che dà consigli pratici all'avventore che non ne sa nulla e non vede neanche bene. Ancora più incredibile però è la sequenza in cui il poliziotto ferma Zev poiché la sua pistola ha fatto suonare un metal detector, con il surreale dialogo che ne consegue, in cui l'uomo in divisa si complimenta con Zev per la scelta di una glock, modello che gli ricorda romanticamente la sua prima pistola...
Altra bellissima sequenza è quella dell'incontro tra Zev Gutman e John (Dean Norris, già nel ruolo di agente nella fortunata serie tv Breaking Bad), il poliziotto che Zev crede il figlio dell'ex blockführer che sta cercando. La tensione è costruita con maestria degna di Hitchcock: Zev entra in casa facendo credere di essere un vecchio amico del padre del John, peraltro morto da poco. L'uomo lo accoglie con grande cortesia e gli mostra i trofei del genitore, tra cui spiccano una bandiera con la svastica, una divisa da ss e una rara edizione del Mein kampf, ma alla scoperta di essere in realtà di fronte ad un ebreo, impazzisce trasformandosi in un Jack Torrance in versione nazista con tanto di pastore tedesco ringhiante.
Davvero geniale il soggetto del film e la perfetta costruzione narrativa, in cui la terribile malattia senile diventa metafora di un'altrettanto terribile dimenticanza della storia, ma ad esso si accompagnano grandi prove degli attori e una buona sceneggiatura, nella quale l'unico neo è nel momento un po' troppo didascalico-spielberghiano della bambina che legge la lettera a Zev ricoverato in ospedale, e che chiede "cos'è un nazista", sentendosi rispondere "è una persona cattiva"...
Tra le battute migliori, invece, va indubbiamente inserita "non si può certo odiare la musica", che pronuncia Zev per spiegare il suo amore per Wagner, apparentemente ingiustificabile, come splendidamente riassunto in una celebre battuta di Woody Allen - "lo sai che non posso ascoltare troppo Wagner... sento già l'impulso ad occupare la Polonia!" (Misterioso omicidio a Manhatthan, 1993 - vedi), e indirettamente testimoniato anche dalla famosa lettera di Baudelaire allo stesso compositore, in cui il poeta scrisse come complimento per la sua musica "ci si sente immediatamente elevati e soggiogati".
...e forse, in fondo, anche lo stesso Egoyan è d'accordo con Baudelaire e Woody Allen...
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