lunedì 22 febbraio 2016

Ti guardo (Vigas 2015)

L'opera prima del giovane regista venezuelano Lorenzo Vigas ha già sbancato, vincendo il Leone d'oro a Venezia.
Un pugno nello stomaco che dura 90 minuti, in cui brillano due attori straordinari: Alfredo Castro,  da una decina d'anni sulla breccia con una quindicina di film all'attivo, è l'interprete prediletto di Pablo Larrain (Fuga, 2006; Tony Manero, 2008; Post Mortem, 2010; No, i giorni dell'arcobaleno, 2012; Il club, 2015) e Luis Silva, un esordiente preso dalla strada, un attore pasoliniano per un ruolo da 'ragazzi di vita' sudamericano.

Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico, un uomo ricco in una città molto povera come Caracas e utilizza il suo denaro per pagare giovani ragazzi disposti a seguirlo a casa e a spogliarsi davanti a lui mentre si masturba, semplicemente guardandoli da lontano (si uniscono così il titolo originale Desde allá, e quello italiano, Ti guardo). Uno di questi, Elder (Luis Silva), non riesce a sostenere la situazione, lo aggredisce, lo deruba e se ne va. Questo, però. è solo l'inizio della loro storia, poiché i due si rivedranno ed Elder, inizialmente molto silenzioso, pian piano si aprirà e sarà riconoscente ad Armando, quando questo lo soccorrerà nei momenti più difficili.
L'inizio delle confidenze tra i due, non a caso, riguarderà il rapporto con i rispettivi padri: "tuo padre ti picchiava?" "Se avessi figli li picchieresti", chiede Elder ad Armando e, alla sua risposta negativa, aggiunge egli stesso senza dubbi "io sì, così capirebbero subito cosa li aspetta nella vita".
Elder, però, è un enfant sauvage e non riesce ad ignorare le tentazioni di un appartamento alto borghese, cosicché il suo tentativo di scassinare una cassaforte genera la profonda delusione di Armando che arriva ad accoltellarsi una coscia. È proprio questo gesto, con cui l'uomo maturo trova l'unico linguaggio possibile per farsi comprendere da Elder, ad avvicinare i due protagonisti.
Il cerchio si chiude con una bella sequenza sugli scogli, durante la quale i due si confrontano nuovamente sui propri padri: Elder precisa che il suo non è morto, ma "è in galera, ha ucciso un mio amico", mentre Armando alla domanda se il suo sia morto, risponde gelidamente "no, ma mi piacerebbe che lo fosse".

Lorenzo Vigas utilizza spesso gli obiettivi bifocali, indicando allo spettatore cosa guardare all'interno dell'inquadratura e sono proprio la mdp e le prove degli attori a narrare più dei dialoghi, comunque taglienti, della sceneggiatura scritta dallo stesso regista in coppia con Guillermo Arriaga, lo storico collaboratore di Iñárritu, per il quale ha scritto la cosiddetta 'Trilogia sulla morte' (Amores perros, 2000; 21 grammi, 2003; Babel, 2006).
Gli obiettivi bifocali fanno inevitabilmente pensare a tanti film di Brian De Palma, ed è ancora più diretto il riferimento quando vediamo Elder dare inizio ad una rissa colpendo i fratelli della ragazza con le stecche da biliardo in una bisca, proprio come accadeva in Carlito's Way (De Palma 1993).
Il film è un insieme di scene significanti, in cui dialoghi, gesti e sguardi parlano allo spettatore, costantemente impietrito dal disagio dei protagonisti: quello di Armando, costretto dalla propria natura ad adescare giovani poveri che accettano di seguirlo solo per denaro, ma anche quello di Elder, inizialmente indispettito e col tempo addirittura pronto ad accettare di diventare lo zimbello degli amici e della madre, che lo giudicano per la sua ambigua amicizia.
Nessuno si salva nella pellicola di Lorenzo Vigas, tutti sono colpevoli nel contribuire a quel disagio continuo, e in fondo la sensazione è che in una società come quella non ci si possa mai fidare di nessuno abbassando la guardia... 

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