venerdì 31 dicembre 2021

Don't look up (McKay 2021)

Adam McKay e il catastrofismo ai tempi della pandemia. Il regista di Filadelfia, premio Oscar per la sceneggiatura de La grande scommessa (2015), cavalca alcuni dei temi più caldi del momento a livello planetario e, con un overcasting sfrenato (le interpretazioni degli attori sono la cosa migliore della pellicola), dà vita a un film che, senza dimenticare il passato comico del suo autore, prova a far riflettere su quanto stiamo vivendo.
Media, complottismo, social, politica, interessi economici vengono messi in un grande frullatore da cui però, pur sostenendo idee ampiamente condivisibili, ne esce un insieme piuttosto banale, che non si distanzia troppo dal sistema che critica. Il tutto per un modico budget di 100 milioni di dollari (trailer).

Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) è una dottoranda in astronomia che, durante le ricerche, scopre una cometa che in base ai suoi calcoli, confermati dal professore Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), impatterà sulla Terra nel giro di sei mesi. Le devastanti conseguenze, che potrebbero cancellare la vita sul pianeta, preoccupano enormemente i due scienziati che si mettono in moto per comunicare i fatti alle autorità e per provare a salvare l'umanità. Dovranno, però, scontrarsi con la dura realtà, in cui anche un evento del genere è subordinato ad altri interessi, politici ed economici in primis, ma costellati di numerose problematiche: una comunicazione che tende a minimizzare per non perdere audience, i social media pieni di tuttologi pronti a negare l'evidenza persino contro gli scienziati.
Il presidente degli Stati Uniti, Janie Orlean (Meryl Streep), pur se la sceneggiatura non lo precisa, è palesemente una repubblicana stile Trump, ossessionata dall'immagine e dal consenso; ha messo suo figlio, Jason Orlean (Jonah Hill), privo di competenze, alla guida del gabinetto presidenziale. Date le premesse, non sorprende che, quando i due scienziati si presentano alla Casa Bianca, accompagnati da Clayton Oglethorpe (Rob Morgan), capo dell'ente di difesa planetaria della NASA, tutto si trasforma in una pantomima, con i politici che rimandano l'incontro per questioni politiche "più importanti", fino poi ad irridere la teoria catastrofica esposta.
Non andrà diversamente in televisione, dove i presentatori Brie Evantee (Cate Blanchett) e Jack Bremmer (Tyler Perry) metteranno fuorigioco Kate per la troppa irruenza ("basta un poco di Xanax e la pillola va giù") e adotteranno Randall, più pacato e il cui fascino può bucare lo schermo. Le vite dei due scienziati cambieranno completamente: la ribelle, ridicolizzata dai social con meme e non solo, si ritroverà a fare la cassiera; l'uomo più digeribile dal sistema, solleticato dalla celebrità mediatica ("non fa che correre verso il piacere e fuggire dal dolore"), entrerà in un mondo più grande di lui, di cui non conosce le regole, cosicché verrà strumentalizzato e divorato.
Secondo il tipico schema hollywoodiano, dopo la crisi, i protagonisti riavranno un ruolo comune e saranno fianco a fianco in una battaglia mediatica e politica che opporrà sostenitori del "Don't look up", i qualunquisti e demagoghi, che invitano a non guardare in cielo, dove la cometa è già visibile, ai sostenitori del "Look up", cui appartengono scienziati e persone di buon senso (le due correnti di pensiero in italiano diventano degli esilaranti "sopraguardisti" e "sottoguardisti"). Tutto è profondamente manicheo, e tra il bianco e il nero non esistono grigi, in un messaggio che arriva forte e chiaro, ma che ha il sapore di filosofia spicciola destinata ad un pubblico di dummies.
I toni della commedia, peraltro, di fronte al catastrofismo narrato dalla pellicola, danno in fondo lo stesso risultato di ciò che il film critica, quasi a dimostrare che negli Stati Uniti non possa esistere cinema impegnato senza il ricorso a toni divertenti e rasserenanti, cosicché McKay si ritrova ad essere come Brie e Jack che fanno battutine mentre gli scienziati spiegano i rischi che il pianeta corre.
Un discorso a parte merita il personaggio di Peter Isherwell (Mark Rylance), viscido imprenditore a capo della Bash, multinazionale di cellulari e intelligenza artificiale, cui si affiderà la presidenza quando prenderà in considerazione il problema, anche se solo per fini politici. 
Isherwell è convinto che la cometa vada sfruttata come fonte di ricchezza e guadagno, una lettura che viene demagogicamente pubblicizzata come possibilità di creare posti di lavoro, cancellare la fame nel mondo e le disparità sociali, ma che molto più realisticamente arricchirà i pochissimi multimiliardari della Terra, già pronti a fuggire su una navicella spaziale che possa metterli in salvo, ibernarli e garantirgli di vivere in futuro su un altro pianeta.
Come se non bastasse, McKay aggiunge alla storia anche una spruzzata di benpensantismo, che coinvolge Randall, i suoi tradimenti e il perdono per il rientro nell'alveo familiare, ma anche un po' di religione, affidata al personaggio di Yule (Thimotée Chalamet), giovane scapestrato che si innamora di Kate, ma con un immancabile background cristiano evangelico.
C'è spazio anche per Ariana Grande, nei panni Riley Bina, una cantante e influencer che, insieme al compagno (Kid Cudi), canta di aprire gli occhi e dar retta agli scienziati qualificati con Just Look Up.
Se deciderete di guardarlo, non perdete i titoli di coda, che riservano un paio di brevi sequel della storia, divertenti e liberatori (?), il primo dei quali vede protagonista un Bronteroc (sic). Se deciderete di non guardarlo, non avrete perso nulla se non il fenomeno mediatico del momento. Di cinema, quello vero, non ce n'è praticamente traccia.

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