La pellicola del regista finlandese Juho Kousmanen, tratta dall'omonimo romanzo di Rosa Liksom (2011), ha vinto il premio speciale della giuria a Cannes per la sua capacità di raccontare l'evoluzione di un rapporto tra due sconosciuti. E in effetti, il film regala quel particolare fascino del cinema nordico in cui, come ha recentemente dimostrato anche il bel A white white day, l'empatia tra i personaggi sembra una lontana chimera e i loro sentimenti non vengono mostrati né comunicati se non con degli sguardi o dei piccoli e rari gesti che, quando ci sono, hanno il peso di una deflagrazione (trailer).
Scompartimento n. 6, cui il sottotitolo italiano non aggiunge nulla, se non un fastidioso senso di ineluttabilità che fortunatamente nel film non c'è, è quello che potremmo definire un road movie su rotaie, che si svolge quasi completamente su un treno. Laura (Seidi Haarla) è una giovane archeologa che vuole andare a vedere i petroglifi, incisioni rupestri databili oltre il 10.000 a.C., vicino al lago Kanozero nella regione di Murmansk in Russia. Dato che la compagna, Irina, decide di non seguirla, lei non rinuncia al viaggio e parte da sola. Sul treno conoscerà Ljoha (Jurij Borisov), un giovane russo che sta compiendo lo stesso percorso per andare a lavorare come muratore in una cava. Le clamorose distanze tra i due verranno pian piano colmate dal tempo trascorso insieme e si creerà un legame di grande affetto, anche se inizialmente Laura è pronta persino a corrompere il controllore pur di avere un altro posto.
Non parlano la stessa lingua e al goffo approccio di Ljoha, che chiede come si dice "ti amo" in finlandese, Laura risponde con l'equivalente di "vaffanculo", uno scherzo che sarà motivo di sorrisi quando il loro rapporto cambierà. Laura lo riprende con una videocamera, quasi a volerlo immortalare come un animale degno di un documentario e non sembra casuale che, quando, in una pausa del viaggio, Ljoha porterà Laura a cena da una babushka, una donna anziana che per lui è più di una madre, questa dirà "siamo animali intelligenti... ogni donna ha dentro di sé un animale e io ho imparato a sentire il mio anni fa". Che però sia il treno la dimensione della storia è sottolineato dal ragazzo che, rientrando nello scompartimento, esclama "finalmente a casa!"
In una storia così particolare, c'è anche tempo per la gelosia (pur se i sentimenti ovviamente non vengono mai espressi a parole), cosicché, quando Laura inizia a flirtare con un altro ragazzo sul treno, Ljoha per tutta risposta si isola e, durante una sosta, va a colpire palle di neve sulla banchina suscitando l'ilarità della ragazza che inizia a percepire cosa sta accadendo tra di loro.
La vicenda è ambientata negli anni '90 e a dimostrarlo, oltre alla completa assenza di cellulari, le cabine telefoniche, un walkman Sony e le musicassette.
Il paesaggio innevato e ghiacciato sul finale dà uno sbocco esterno alla sostanziale claustrofobia del soggetto, che trova il modo di aggiungere un po' di cinefilia, citando Titanic (Cameron 1997) - "siamo come loro" dice Ljoha suscitando ancora l'ilarità di Laura, data la fine dei due protagonisti di quel film - e, forse, anche Se mi lasci ti cancello (Gondry 2004), mostrando i protagonisti distesi a terra sulla neve.
Un romanticismo fatto di dolci silenzi, di bigliettini e di disegni, strani avvicinamenti progressivi tra due persone che più distanti non si potrebbe immaginare. Si riflette, si sorride, ci si sente in balia del caso, di cui lo scompartimento rappresenta una chiara metafora.
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