martedì 7 settembre 2021

Saluto a Jean Paul Belmondo (9/4/1933 - 6/9/2021)

Fino all'ultimo respiro... chiunque ami il cinema l'ho amato così, fino alla fine e sin dall'inizio, quando fu proprio A bout de souffle a consacrarlo come icona della Nouvelle Vague, al fianco di Jean Seberg, per il folgorante esordio di Jean Luc Godard (1960).
Allora aveva all'attivo una decina di film, tra cui un cortometraggio con lo stesso Godard (Charlotte et son Jules, 1958) e un paio di film con grandi nomi come Marcel Carné (Peccatori in blue-jeans, 1958) e Claude Chabrol (A doppia mandata, 1959), e dopo soli quattro anni di carriera raggiunse la vetta del cinema francese.
Da allora il suo volto non è più sceso dall'Olimpo degli attori, dove fu spesso messo in competizione con Alain Delon, laddove se questo era il sex symbol apollineo per antonomasia, Belmondo era indubbiamente quello dionisiaco, col suo naso schiacciato (per il pugilato che aveva praticato da ragazzo) e quel viso asimmetrico lontanissimo dalla perfezione di quello del collega.
Era nato 88 anni fa a Neuilly-sur-Seine in una famiglia di artisti, da Paul, scultore figlio di un piemontese e una siciliana nell'Algeria francese, e dalla pittrice Sarah Rainaud-Richard. Diplomatosi al Conservatoire national supérieur d'art dramatique, aveva iniziato a teatro e poi, dal 1956 appunto, con il cinema.
Il suo decennio è stato indubbiamente quello degli anni '60, in cui oltre che con Godard, per cui fu anche ne La donna è donna (1961) e ne Il bandito delle 11 (1965), recitò per i più grandi registi francesi, da Claude Sautet (Asfalto che scotta, 1960) a Jean Pierre Melville (Léon Morin, prete, 1961; Lo spione, 1962; Lo sciacallo, 1963), da René Clement (Parigi brucia?, 1966) a Louis Malle (Il ladro di Parigi, 1967), da Claude Lelouch (Un tipo che mi piace, 1968) a François Truffaut (La mia droga si chiama Julie, 1969). Nei primi anni '60 lavorò anche per diversi registi italiani, come Vittorio De Sica (La ciociara, 1960), Alberto Lattuada (Lettere di una novizia, 1960), Mauro Bolognini (La viaccia, 1961), Renato Castellani (Mare matto, 1963) e Sergio Corbucci (Il giorno più corto, 1963).
Il decennio successivo si aprì per lui con Borsalino (Deray 1970), in cui recitò finalmente al fianco di Alain Delon, in un film passato alla storia per aver messo insieme i due attori, ma proseguì soprattutto con Stavisky il grande truffatore per Alains Resnais (1974), oltre ad una serie di pellicole dirette da Philippe de Broca, Henri Verneuil e Philippe Labro, in cui interpretò quasi sempre il personaggio sbruffone, scanzonato, inaffidabile, ma irresistibile che ha fatto di lui una maschera del cinema francese.
La sua carriera continuò senza conoscere soste o quasi fino alla fine degli anni '80, anche se i picchi dei decenni precedenti non vennero più raggiunti. Lavorò molto sotto la direzione di Henri Verneuil, Georges Lautner e ancora di Jacques Deray; per Claude Lelouch fu il protagonista di Una vita non basta (1988) e un indimenticabile Jean Valjean ne I miserabili (1995). Gli anni '90, nonostante il suo astro fosse ormai calante, gli valsero collaborazioni anche con Agnès Varda (Cento e una notte, 1995) e Patrice Leconte (Uno dei due, 1998). Nel 2001 un ictus ne ha praticamente determinato la fine del lungo e trionfale percorso cinematografico. L'ultima apparizione sul grande schermo è stata Un uomo e il suo cane (Huster 2008).
Nel 2011 ha ricevuto la Palma d'Oro alla carriera a Cannes.
La sua vita privata era iniziata con un matrimonio a soli diciannove anni, quando nel 1952 aveva sposato la ballerina Élodie Constantin, da cui ebbe tre figli, Patricia (1958), morta in un incendio nel 1994, Florence (1960) e Paul Alexandre (1963). Nel 1966 arrivò il divorzio da Élodie e l'inizio della storia con Ursula Andress, durata fino al 1972, quando iniziò l'amore per Laura Antonelli e, dal 1980, quello per la brasiliana Carlos Sotto Mayor, finita nel 1987.
Dopo anni di convivenza, nel 2002 il secondo matrimonio, con Natty Tardivel, con la quale rimase fino al 2008 e da cui ebbe Stella (2003). L'ultima compagna è stata la modella belga Barbara Gandolfi (2008-2012).
Jean Paul Belmondo è morto nella sua casa di Parigi, ci lascia oltre 80 film, ma mi piace ricordarlo oltre che al fianco di Jean Seberg in Fino all'ultimo respiro, in volo, appeso ad un elicottero ne Il piccione di piazza San Marco (Guignolo; Lautner 1980), dopo un inseguimento in motoscafo su Canal Grande, in gilet, cravatta e mutandoni a pois rossi, mentre sorvola, in questa incredibile mise dissacrante, in cui c'è tutto il suo carisma, Piazza San Marco, la chiesa della Salute, San Giorgio Maggiore (vedi). Adieu Jean Paul!

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