domenica 24 novembre 2019

La belle époque (Bedos 2019)

La bellezza non ha età... o forse sì?
Se a dirlo è Fanny Ardant, l'affermazione appare più che plausibile.
Nicolas Bedos, attore prima che regista, al suo secondo film dietro la mdp, confeziona una commedia romantica e divertente, in parte autobiografica, che fa riflettere con una leggerezza tutta francese e ben recitata, oltre che dalla Ardant, anche dagli ottimi Daniel Auteuil, Guillaume Canet, Pierre Arditi e Doria Tiller, fino a poche settimane fa sua compagna.
Una storia in cui il piano della vita e quello della recitazione si intersecano fino a sovrapporsi (trailer).
Marianne (Fanny Ardant) è una donna al passo coi tempi, che non si arrende all'età e, anzi, è aggiornata più di molti giovani su tutte le novità tecnologiche. Suo marito Victor (Daniel Auteuil), invece, è un ex vignettista, un mestiere che ormai non riesce più a fare a causa dell'imperversare della tecnologia nelle redazioni dei giornali. Lui si oppone a tutto ciò che è modernità e, anche con un certo snobismo, la rifiuta aprioristicamente. Con il figlio, Maxime (Michaël Cohen), che è un autore televisivo, hanno un rapporto totalmente diverso: il padre non ne comprende i meriti e gli alti guadagni, mentre la madre lo adora e collabora con lui, al di là della sua professione principale, quella di psicanalista.
Uno dei migliori amici di Maxime, Antoine (Guillaume Canet), lavora ad una particolare produzione, che mette in scena storie e contesti del passato su commissione. Ed è proprio a loro che si rivolge Victor, dopo essere stato lasciato dalla moglie, per rivivere il momento che ricorda con più nostalgia, la sera del 16 maggio 1974, quella in cui ha conosciuto Marianne, nei cui panni reciterà Margot (Doria Tiller),  la giovane attrice che vive una turbolenta relazione con Antoine, proprio come la Tiller con Bedos.

La trovata, che per alcuni versi ricorda Truman show (Weir 1998), ma con il protagonista pienamente consapevole della realtà riprodotta, o il parco a tema de Il mondo dei robot (Crichton 1973) - e di conseguenza la recente serie tv Westworld -, pur se priva di automi e quindi totalmente virata sulla meta-attorialità, funziona alla grande e permette ad Auteuil di impersonare due figure molto differenti, passando dal malinconico brontolone intollerante ad un giovane attempato ed entusiasta, con tanto di basette e abbigliamento anni '70.
Victor è anche la fonte principale della messa in scena e della sceneggiatura della sua fiction in costume: è lui che fornisce i puntuali storyboard e le battute da recitare, grazie a una memoria che gli permette di ricordare anche i più minimi dettagli.
Naturalmente Bedos approfitta del doppio personaggio di Marianne, donna che davvero vive due volte, e con un montaggio alternato affianca la vera Marianne e la Marianne-Margot che compiono gli stessi gesti e ordinano le stesse uova sode con zucchero, un vezzo goloso che la caratterizza da sempre.
Si ride tanto, anche per il contrasto tra il passato, seppur finto, e il presente di Marianne, che si annoia col suo amante e ancora di più con i suoi amici, in una cena in cui il pezzo forte della conversazione è il consiglio di usare un chicco di caffè nel retto come rimedio per depurare il colon.
Auteuil e Fanny Ardant giganteggiano: il primo è sempre divertente su un set che lo vede molto più a suo agio della vita reale, e soprattutto mentre corregge gli attori e la regia quando sbagliano qualche dettaglio; la seconda è una diva che si prende in giro con un sorriso e una classe infinita sia sull'età - "sono la sua versione vecchia" -, sia sul ruolo di psicanalista del suo personaggio, dando della cretina alla terza se stessa, che sul web, grazie ad un algoritmo, dà risposte a chi le fa domande in una sorta di analisi on line.
Molte le battute che si ricordano di una sceneggiatura davvero ben scritta.
Victor, davanti alle tante foto esposte nel proprio ufficio dal figlio con la madre, prorompe: "sembra una mostra sul complesso di Edipo"; e Marianne, che cerca il consenso da parte di Maxime sul divorzio col padre e glielo impone "perché ho accettato che sposassi una cretina".
C'è anche un omaggio al cinema francese, quando Antoine, entusiasta per l'interazione iniziale tra Victor e Margot, esclama "sta decollando, sembra un film di Lelouch".
E poi, soprattutto Victor, che vede prendere vita ai suoi ricordi e alla richiesta su cosa preferisse di quel tempo, oltre alla gioventù e all'entusiasmo, rimpiange come tutto fosse più semplice, "difendevamo gli immigrati senza preoccuparci dell'economia". La politica è sullo sfondo, ma le messe in scena dei diversi set negli studi televisivi in cui lavora Antoine, che avanza come Dr House, aiutandosi con un bastone, permettono a Victor di incontrare anche un attore nei panni di Hitler, cui rifila un ceffone con gran gusto.
E ancora, tra i tanti scambi tra lui e Margot, che alle lamentele risponde "Hai chiesto tu la grande storia d'amore", e lui "sì, ma senza il dolore che porta con sé", l'eterno terrore di ogni relazione importante.
Le differenti visioni del passato di Victor e Marianne sono altrettanto ben scritte e recitate: del tutto idealizzata quella di Victor, che cammina a mezz'aria, innamorato di Marianne e di Margot al tempo stesso, e convinto che "il sentimento di gioia è dettato dal permesso di fare ciò che è proibito"; quella di Marianne che, prima ammette che "tutte le piccole cose diventano enormi quando ci si conosce da 40 anni", e razionalmente ricorda anche le cose negative del passato, sottolineando che "non eravamo poi così liberi", che gli stupratori rimanevano impuniti oppure quanto fosse difficile abortire, per poi chiudere con il fumo permesso nei locali, "mi sembrava di vivere in un posacenere".
Il cinema come consapevole sospensione dell'incredulità, il sogno di rivivere il passato, l'ideale di un inizio da ripetere, anche se "la vita non può essere fatta di soli inizi", ma il cinema forse sì... Risate e riflessioni garantite, oltre, perché no, a un pizzico di commozione.

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