domenica 29 aprile 2018

Il giovane Karl Marx (Peck 2017)

La buona fotografia di Kolja Brandt e una discreta prova degli interpreti per un film che non regala un'altrettanto valida regia, piuttosto anonima. Raoul Peck, regista haitiano, vissuto in Congo e formatosi cinematograficamente a Berlino, nella sua carriera ha girato molti documentari e questa pellicola, in effetti, non si discosta molto da quel genere. Di cinema propriamente detto ce n'è ben poco, ma la materia trattata e il periodo storico narrato rendono Il giovane Karl Marx un film da non perdere principalmente per il suo carattere didattico e per la capacità del regista di evitare la retorica (trailer).
1843 Colonia, nella redazione della Gazzetta renana, il giovanissimo collaboratore Karl Marx (August Diehl) critica la condotta a suo avviso troppo moderata del giornale e si fa arrestare per dare un segno opposto.
Nel frattempo, a Manchester, Friedrich Engels senior gestisce le sue filande sfruttando le operaie, ignorando completamente i rischi che corrono lavorando con le macchine e licenziando le ribelli. Il figlio, Friedrich junior (Stefan Konarske), non condivide l'operato del padre, prova simpatia per il carattere di queste donne e qualcosa in più per la loro leader, l'irlandese Mary Burns (Hannah Steele).
August Diehl e il giovane Marx in una litografia di Jean
Nicolas Ponsart (Mosca, Museo Marx Engels, 1834) 
L'anno dopo le vite dei due fondatori del materialismo storico si incrociano a Parigi, dove Karl si è trasferito e vive con la compagna, Jenny von Westphalen (Vicky Krieps), anche lei certa che "non c'è felicità senza rivolta". Qui Marx ha contatti frequenti con celebri anarchici come Pierre-Joseph Proudhon (Olivier Gourmet), che vorrebbe abolire la proprietà privata considerata antisociale, e il russo Michail Bakunin (Ivan Franek).
Proprio la presenza di Proudhon, inoltre, permette a Peck di inserire una citazione pittorica, mostrandolo mentre viene ritratto da Gustave Courbet nella famosa tela oggi conservata al Musée d'Orsay di Parigi. Anche il grande pittore realista fu vicino al comunismo e il suo atelier è uno dei luoghi in cui si ritrovano i protagonisti nella capitale francese.
Tra partite di scacchi e frequentazione quotidiana, Marx e Engels, inevitabilmente diversi date le origini, si scoprono complementari, si avvicinano sempre di più, convinti, per dirla con Karl, che "i filosofi hanno interpretato il mondo" e che "ora bisogna cambiarlo". Dopo l'espulsione di Karl dalla Francia, a Friedrich verrà persino chiesto dal padre di abbandonare certe cattive compagnie. I due, invece, a Londra scrivono la loro prima opera congiunta, La sacra famiglia ovvero Critica della critica critica (1845). Nella capitale inglese si uniscono alla Lega dei giusti, dove alcuni membri li criticano: Wilhelm Weitling (Alexander Scheer) dice loro che "la critica divora tutto ciò che esiste e quando avrà finito divorerà se stessa"; Pruodhon è ancora più netto, "non fate come Lutero, che dopo aver sconfitto il dogma cattolico ha costituito una religione altrettanto intollerante".
Marx e Engels andranno avanti per la loro strada e la loro visione innovatrice porterà a modificare la natura stessa del sodalizio, che prenderà il nome di Società dei comunisti, andando a sostituire il motto "gli uomini sono tutti fratelli", che campeggiava nella sala principale della Lega, decisamente fuori luogo, dato che come precisa Engels "il potere non versa lacrime" e che proletari e borghesi non possono essere considerati uguali ma piuttosto nemici giurati.
La stanchezza di Karl, che a differenza di Friedrich deve mantenere una famiglia dopo la nascita del figlio, non impedirà loro di scrivere nel 1848 la loro opera più famosa, il Manifesto del partito comunista... anticipando di pochi mesi i motivi rivoluzionari noti come primavera dei popoli... "uno spettro si aggira per l'Europa"!

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